Marcello Gandini e le sue auto: dalla Lamborghini Miura alla Lancia Stratos

Dopo circa un decennio di sfide e rincorse tra americani e sovietici, nel 1969, l’umanità ha conquistato la Luna. Gli Anni 60 sono stati il decennio dello spazio, della scoperta tecnologica. Perfino a casa nostra in campo aeronautico avevamo raggiunto risultati incredibili, proprio in quel 1969 la Fiat produceva e faceva volare l’F104s che poteva volare abbondantemente oltre mach 2. Questa corsa allo spazio e al volo supersonico ha fatto sognare gli esseri umani e ovviamente anche i creativi si solo lasciati suggestionare, perfino nel naming. Stratos è proprio un nome nato da questa suggestione. Il 1969 è anche l’anno della storica acquisizione di Lancia da parte del gruppo Fiat, un'acquisizione che vide immediatamente i suoi frutti in una serie di investimenti e ammodernamenti aziendali. Nel 1970 la Lancia fa commissionare alla Bertone una dream car che possa svecchiare l’immagine del marchio e che possa anticipare le linee di una nuova spotiva. ? così che nasce la Strato’s HF Zero, l’ennesimo incredibile concept disegnato da Marcello Gandini. Se nel 1968 si poteva pensare alla Carabo come estrema, la Zero riuscì se possibile ad andare oltre. Il muso era ancora più affilato e il profilo ancora più a cuneo, tanto basso e inclinato da rendere impossibile l’esistenza di un vero parabrezza né di una porta laterale. ? per questa ragione che nella vettura si accede da davanti attraverso l’apertura di un grande vetro trasparente simile a quello di un caccia militare o meglio ancora di un disco volante. Tuttavia, visto che gli occupanti sono seduti praticamente all’altezza dell’asfalto, per permettere un minimo di visibilità laterale la carrozzeria è dotata di inserti trasparenti anche questi più simili a degli oblò. La fiancata è fortemente scolpita, il passaruota posteriore è ancora più estremizzato rispetto alla Carabo e stavolta è talmente spinto da nascondere parzialmente la parte anteriore della ruota. Il cofano motore a freccia, che funge anche da presa d’aria, farebbe pensare a un motore molto potente ma in realtà il concept, anche se totalmente marciante, è equipaggiato “solo” di un umile V4 da 1,6 litri di origine Fulvia recuperato da un demolitore e banalmente ruotato di 180° per permettergli di agire sull’asse posteriore senza grosse modifiche. Esistono dei video e delle foto che la ritraggono a zonzo nel traffico di tutti i giorni, il contrasto tra lei e le altre auto è a dir poco impressionante. Anche la Strato’s HF Zero va ad aggiungersi all’elenco dei grandi concept proposti da Gandini con l’unica differenza rispetto ad altri che la sua invenzione ha dato stimolo alle iniziative audaci degli uomini del?Reparto Corse Lancia.?

In occasione di un esilarante test drive ormai diventato celebre durante il quale Cesare Fiorio guidando la Zero è passato sotto la sbarra chiusa dello stabilimento (ma soprattutto sotto gli occhi esterrefatti della guardia) la Strato’s HF Zero si è trasformata da dream car in un progetto rally. La Fulvia era ormai superata dalle velocissime berlinette Alpine A110 e serviva qualcosa di nuovo per “ristabilire l’ordine” nel mondiale rally. Quando era ormai chiaro che la HF Zero non avrebbe potuto diventare una vettura stradale da omologare per l’uso agonistico per ovvie ragioni di sicurezza, da lì partì il progetto Stratos HF e visto che il progetto del concept lo aveva seguito Bertone anche per la nuova vettura venne coinvolto Marcello Gandini. Egli iniziò a disegnare la vettura senza nemmeno sapere che motore impiegare. Era stato informato che Fiorio avrebbe voluto convincere Enzo Ferrari a vendergli il V6 Dino ma quando Gandini iniziò preparare la vettura il motore non c’era ancora. La fortuna volle che per tutt’altro progetto Gandini avesse nel suo studio proprio una maquette del V6 e che per questo, alla fine, quando il Commendator Ferrari diede il via libera, la macchina era già sulla buona strada. Se si potrebbe essere indotti a pensare che la nuova vettura fosse più convenzionale della Zero, questo è vero solo fino a un certo punto. Il concept presentato al Salone di Torino nel 1971 appariva come un vero e proprio Ufo, assolutamente scollegato dalla produzione Lancia dell’epoca e totalmente orientato alle performance in ambito rallystico. Caratterizzata da un passo estremamente corto e con il motore centrale trasversale, avrebbe fatto lavorare parecchio il responsabile della Squadra Corse Gianni Tonti e il suo team per trovare l’equilibrio giusto tra robustezza meccanica, handling e prestazioni. Esteticamente conserva il profilo a cuneo e anche il concetto di abitacolo in stile aeronautico, le superfici vetrate infatti avvolgono visivamente l’abitacolo, il parabrezza è curvo e anche in questo caso, l’andamento dei finestrini in continuità con il parabrezza è diventato una firma. Rimane, come sulla Carabo e la Miura la copertura del lunotto posteriore disposta in sezioni trasversali nere. Rispetto al concept la versione definitiva omologata stradale è sicuramente addomesticata rispetto ai due concept ma se confrontata con una vettura qualsiasi dell’epoca il confronto appare impossibile. L’iter di traformazione da showcar in arma da competizione è stato definitivo. La Stratos HF si rivelerà una vettura Gruppo 4 straordinaria capace di uccidere i campionati. Risulta effettivamente imbattuta dato che dopo i campionati del mondo vinti nel '74, '75 e '76 fu ritirata ufficialmente dalla Fiat che voleva portare alla vittoria una sua vettura, la 131, ma nonostante questo, rimasta a competere con i privati, senza l’appoggio della casa, causò diversi grattacapi agli avversari. Impossibile non ricordarla nella sue bellissime livree come quella Alitalia del drago Sandro Munari.