A un secolo dalla nascita, dietro lo stile aristocratico e glamour, tre decadi passate fra sfide durissime in un mondo rivoluzionato. Dalla ¡°Dolce vita¡± agli anni di piombo, la marcia dei quarantamila e l¡¯accordo con la General Motors. Valletta, De Benedetti e Romiti. La Fiat 127, la Panda, la Uno e la Punto. Ferrari, Lancia e Alfa Romeo
"Delle due l'una: il presidente o lo faccio io o lo fa lei". "Ma senz'altro lei, professore". Quasi cinquant'anni dopo: "Oggi ho una sola cosa da dire: vi raccomando la Fiat". Da quel giorno d'inizio 1946 quando, formalmente padrone ma pur sempre un venticinquenne privo d'esperienza manageriale, ascoltando la voce del buon senso accett¨° di lasciare la presidenza nelle mani sicure di Vittorio Valletta (il Professore, appunto), Gianni Agnelli ha dovuto, potuto e saputo trasformare se stesso da erede designato e principe viveur a "monarca costituzionale" capo di un impero economico e finanziario che ciclicamente ha dovuto fronteggiare sfide tremende, a volte superate con brillantezza, altre meno. Ha preso in mano nel 1966 un colosso macinasoldi e subito il mondo si ¨¨ trasformato, sgretolando sotto i colpi di un terremoto sociale ed economico quella che appariva una fortezza inattaccabile. Guerre sindacali e terrorismo, crisi petrolifera e crescente concorrenza internazionale, contrasti ricorrenti con la politica, un lunga guerra di trincea contro le resistenze interne di molti dirigenti ancorati ad un modo superato di fare impresa, i tentativi ricorrenti di condurre in porto alleanze di largo respiro per non soccombere tra i giganti globali. Sempre mantenendo quel celebre stile aristocratico e mondano. Per arrivare a quell'altro giorno di fine 1995 in cui, congedandosi pubblicamente al Lingotto circa due mesi prima delle dimissioni formali, affidava idealmente ai successori l'entit¨¤ che suo nonno aveva creato quasi un secolo prima. Azzardiamoci dunque a riassumere la vicenda della Fiat di Gianni Agnelli, a cento anni dalla nascita dell'Avvocato.
I 100 ANNI DI GIANNI AGNELLI: L'EREDE DESIGNATO
¡ª ?L'albero genealogico della dinastia Agnelli ha ramificazioni molto complesse. Per stare sul semplice, Gianni (all'anagrafe Giovanni) nacque il 12 marzo 1921 a Torino, secondo fra i sette figli di Edoardo. Dopo la morte del padre in quell'incidente aereo nel 1935, il nonno Giovanni ingaggi¨° un'aspra battaglia, anche giudiziaria, con la nuora Virginia Bourbon del Monte di San Faustino per la custodia dei nipoti, ma il tribunale li affider¨¤ alla madre. Gianni, dopo l'educazione iniziale tramite precettore, nel 1938 si diplomer¨¤ al liceo classico D'Azeglio, come premio il nonno lo mand¨° in visita negli Stati Uniti, anche ad osservare le grandi fabbriche di Detroit. Sar¨¤ lui l'erede designato, Giovanni senior cominci¨° ad avviarlo al futuro da presidente. Il giovane prosegu¨¬ gli studi nella facolt¨¤ di giurisprudenza.
SOLDATO IN GUERRA
¡ª ?Scoppia il secondo conflitto mondiale, Gianni Agnelli entra nella scuola ufficiali di Cavalleria (come il nonno), diventa sottotenente, viene mandato in Russia ma non in linea di combattimento. Il padrone della Fiat riesce a farlo rientrare ma poi viene spedito in Tunisia, comandante di plotone in autoblindo; viene ferito e decorato con una croce di guerra, questa volta il vecchio ottiene di farlo tornare in Italia definitivamente. Nel 1942 si laurea a Torino. Nel 1943 viene formalmente inserito nel consiglio di amministrazione della Fiat come vicepresidente. Dopo l'8 settembre, tenta di rifugiarsi in Toscana insieme alla sorella ma nel tragitto resta ferito alla gamba destra in un incidente stradale. Ricoverato a Firenze, si trasferisce a Roma dopo l'arrivo degli Alleati per arruolarsi nel Corpo italiano di liberazione, nella divisione Legnano. Nel novembre 1945 muore la madre in un incidente stradale. Il 16 dicembre, mentre il tribunale sta per proscioglierlo dalle accuse di collaborazionismo con i nazisti, scompare anche il fondatore. Gianni si ritrova improvvisamente capofamiglia e maggiore azionista della Fiat (Giovanni gli aveva lasciato il doppio delle quote rispetto ai fratelli).
PRESIDENTE? MEGLIO DI NO
¡ª ?A venticinque anni Agnelli non si poteva definire propriamente ragazzo, aveva comunque una guerra alle spalle come la maggior parte dei suoi coetanei. Tuttavia nemmeno poteva dirsi pronto a prendere il comando di un'azienda cos¨¬ grande e complessa, in una situazione disastrata come quella in cui versava l'Italia di allora. "Sarei stato un presidente sotto tutela, per la mia giovane et¨¤ e scarsa esperienza", ha spesso rimarcato in tante interviste. La scelta pi¨´ logica fu dunque lasciare la Fiat nelle forti e sapienti mani di Vittorio Valletta che aveva saputo portarla fuori dalla guerra, passando anche aiuti alla Resistenza e quindi rischiando ogni giorno di venire fucilato dalle SS. Quel diretto colloquio tra il Professore e l'Erede citato all'inizio diede il via al lungo apprendistato di Gianni, mentre l'anziano dirigente combatteva per trainare l'azienda (e l'industria italiana con essa) verso la ricostruzione.
GLI ANNI SPENSIERATI
¡ª ?Venti anni esatti in cui Agnelli ha costruito anche la propria immagine pubblica in senso glamour. D'altra parte, cos'altro poteva fare un giovane pieno di soldi, senza responsabilit¨¤ dirette e nel pieno del vigore? Quindi base in Costa Azzurra e tante avventure. Durante le quali ha trovato anche il modo di fracassarsi, nel 1952, in un altro incidente stradale che gli rovin¨° permanentemente la gamba destra (ma questo non gli imped¨¬ di continuare a praticare i suoi sport preferiti, sci e vela soprattutto). E di sposarsi, ovviamente. Incontr¨° la futura moglie proprio durante quella convalescenza. Marella Caracciolo di Castagneto (sorella dell'editore Carlo), famiglia napoletana di nobili origini, divent¨° donna Marella Agnelli il 18 novembre 1953. Gianni, essendo un Agnelli, era naturalmente spesso in contatto con le famiglie pi¨´ potenti d'Europa e d'America. Si ricorda in particolare l'amicizia con John Kennedy che risale a prima che questi diventasse presidente. E le tante avventure galanti che fecero la gioia delle cronache rosa e non. Soprattutto la relazione con Anita Ekberg, la diva cinematografica della felliniana Dolce vita.
LA PASSIONE DI AGNELLI PER LE FERRARI
¡ª ?Agnelli era gi¨¤ definito popolarmente "l'Avvocato", sebbene vero avvocato non fu mai ("? un nome d'arte", come disse l'arcivescovo di Torino Severino Poletto durante l'omelia funebre, rammentando una conversazione che ebbe con lui). Amava molto la velocit¨¤, guidava a rotta di collo. Naturale che avesse una predilezione per le auto sportive. Quindi prima di comprare "la" Ferrari, egli acquist¨° "le" Ferrari a pi¨´ riprese, inutile spiegare perch¨¦. Celebre l'invenzione lessicale a lui attribuita sulla Ferrari 166 Mille Miglia carrozzata dalla Touring Superleggera. Una spider molto aerodinamica e con l'abitacolo parecchio incassato in basso, cos¨¬ particolare che gli fece esclamare quando la vide per la prima volta al salone di Torino del 1948: "Ma questa non ¨¨ un'auto, ¨¨ una barchetta". Nacquero in quel momento le celebri barchette Ferrari. Ne compr¨° una, naturalmente, recandosi a Maranello in incognito.
GIANNI AGNELLI PRESIDENTE DELLA FIAT
¡ª ?Valletta aveva portato la Fiat tra le prime cinque aziende automobilistiche del mondo. Solo i tre giganti di Detroit e la Volkswagen erano pi¨´ grandi. L'azienda torinese aveva motorizzato l'Italia con la 600 e la 500, produceva da sola una fetta considerevole del Pil nazionale. Accumulava profitti enormi, al punto da prestare denaro alle banche stesse. Agnelli lo aveva lasciato fare, restando distante dalle vicende aziendali, a volte forse anche troppo; per¨° a met¨¤ anni Sessanta era stanco di attendere, nonostante il Professore tergiversasse quasi oltre i limiti umani. Perfino i propri. Ad 83 anni, affaticato da alcuni seri problemi cardiocircolatori, Valletta dovette ammettere che era giunto il momento di farsi da parte. Il 30 aprile 1966 l'assemblea degli azionisti della Fiat formalizz¨° le sue dimissioni e la nomina a presidente di Gianni Agnelli; amministratore delegato rimaneva Gaudenzio Bono, da decenni fedele braccio destro di Valletta. "Da oggi il dottor Agnelli non ¨¨ pi¨´ soltanto il nipote di suo nonno", l'investitura finale del Professore.
UN IMPERO DA TRASFORMARE
¡ª ?A fine 1967 la Fiat deteneva una quota di mercato del 21% in Europa occidentale e del 6% a livello mondiale. I suoi stabilimenti avevano sfornato 1.440.000 vetture, tanto denaro da far esplodere le casseforti. Ma Agnelli non poteva vivere sugli allori. A Torino ci si stava preparando per la Fiat 128 che sarebbe uscita due anni pi¨´ tardi. Gianni e il fratello Umberto, entrato nel management come vicepresidente, potevano concentrarsi nell'opera di rinnovamento che avevano in mente. I tempi stavano cambiando. Praticamente l'intera dirigenza era stata formata da Valletta e ne seguiva la filosofia, improntata ad un rigido accentramento di funzioni e responsabilit¨¤ e rapporti autoritari. Anche l'approccio con i sindacati doveva mutare. Agnelli preferiva relazioni morbide, basate sul dialogo. Il vecchio presidente invece aveva condotto una guerra durissima, in particolare contro i comunisti. Ma queste innovazioni richiedevano tempo, perch¨¦ il nuovo stile incontrava resistenze molto forti da parte della "vecchia guardia".
L'AUTUNNO CALDO
¡ª ?Intanto una polveriera stava per esplodere. Torino era diventata troppo affollata per le infrastrutture di cui disponeva. Mancavano soprattutto le case. Dei 210.000 dipendenti totali della Fiat, ben 118.000 erano occupati nel capoluogo piemontese. E le condizioni di lavoro nelle catene di montaggio a Mirafiori, erano infernali. Cominciarono le ribellioni. Il 2 settembre 1969 ci fu uno sciopero improvviso da parte di 800 operai. Il primo di una lunga serie, anche scavalcando le stesse organizzazioni sindacali. Presto si degener¨° nell'antagonismo radicale, arrivarono intimidazioni, violenze e sabotaggi. La stagione oscura del terrorismo era cominciata.
LANCIA E FERRARI. NUOVE STRATEGIE
¡ª ?Sebbene aleggiasse la tempesta, la potenza finanziaria della Fiat era ancora immensa, cos¨¬ Agnelli colse due opportunit¨¤ importanti per entrare in un mercato dove storicamente l'azienda era assente: le auto di prestigio. Nel 1969 acquisisce da Carlo Pesenti la Lancia e dal Commendatore la maggioranza della Ferrari. Nel 1971 Umberto Agnelli rimpiazz¨° Bono come amministratore delegato. Egli spinger¨¤ con decisione la trasformazione organizzativa, creando divisioni separate per le varie attivit¨¤ e introducendo i principi manageriali del decentramento e della responsabilizzazione. Aumentarono inoltre considerevolmente gli investimenti al sud. Cassino, Termoli, Bari e altri impianti, per 19.000 posti di lavoro diretti e altrettanti per l'indotto. Ma Torino stava diventando sempre pi¨´ rapidamente un campo di battaglia, scioperi e sabotaggi stavano ritardando sempre pi¨´ il lancio della Fiat 127, utilitaria modernissima su cui si giocava gran parte del futuro. La vettura fu presentata in primavera. Per¨° la situazione stava degenerando.
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LA FIAT CIRCONDATA: TERRORISMO, CRISI E POLITICA
¡ª ?Nel 1971 l'Italia incontr¨° la peggiore recessione dal dopoguerra, gli utili Fiat stavano andando a picco, cominciavano a suonare i campanelli d'allarme. Le basi operaie erano sempre pi¨´ infiltrate dai terroristi. Scioperi selvaggi, assenteismo endemico e sabotaggi: Mirafiori era diventata ingovernabile. Nel 1972 il calo della produzione provoc¨° un danno per 150 miliardi. A fine 1973 un colpo quasi letale arriv¨° dallo shock petrolifero che fece decollare l'inflazione. Arrivarono l'austerit¨¤, il blocco dei prezzi, i divieti di circolazione. A marzo 1974 il nuovo contratto aument¨° il costo di lavoro di 100 miliardi. In un momento in cui la gente aveva praticamente smesso di comprare auto. Gi¨¤ in cielo roteavano gli avvoltoi, molti davano per imminente una nazionalizzazione della Fiat. Gianni Agnelli tenne duro: "Irrinunciabile la scelta di essere un'azienda privata". Ma la situazione restava critica: la domanda era crollata del 40%, ben 300.000 auto ferme nei piazzali, per un valore di circa 450 miliardi. Il gruppo stava per soccombere. Il re di Mediobanca, Enrico Cuccia, sugger¨¬ l'ingaggio di un manager molto valido e dal carattere forte: Cesare Romiti, romano, proveniente dall'Italstat dopo aver diretto l'Alitalia, divent¨° nel 1974 il direttore finanziario della Fiat e convinse le banche ad aprire nuove linee di credito.
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LA METEORA DE BENEDETTI
¡ª ?Ma non bastava. Nel marzo 1976 Carlo De Benedetti diventava il secondo azionista della Fiat col 5% delle quote, affiancando Romiti e Umberto come amministratore delegato. L'ingegnere voleva ribaltare l'azienda, puntando sul rilancio deciso dell'auto. In un'estate caldissima affid¨° a Giorgetto Giugiaro la progettazione della prossima utilitaria che avrebbe sostituito la 126, cio¨¨ la futura Panda. Poco dopo Umberto venne indirizzato dal fratello verso il Parlamento, facendolo candidare al Senato con la DC, nel tentativo di attenuare i contrasti col partito che deteneva le leve del comando sull'economia. Si dimise quindi dalle cariche aziendali. De Benedetti spinse a pi¨´ non posso, probabilmente mirava a prendere il comando delle operazioni; voleva ridimensionare pesantemente la dirigenza. Lo scontro, soprattutto con Romiti, fu fortissimo. Troppo. Gianni Agnelli, constatata l'impossibilit¨¤ di conciliare le due anime, decise che l'avventura di De Benedetti in Fiat doveva terminare. Dimissioni il 25 agosto.
LA LIBIA NEL CAPITALE
¡ª ?I conti del gruppo peggiorano a vista d'occhio. Servono soldi, tanti e subito. Gianni Agnelli annuncia il 1¡ã dicembre 1976 una mossa eclatante: la Libia di Gheddafi entra nel capitale della Fiat tramite la banca Lafico, il 9,7% delle azioni in cambio di 450 milioni di dollari in contanti. "Il nostro dovere ¨¨ prendere il denaro l¨¤ dove c'¨¨", rimarc¨° l'Avvocato. Il mondo politico non la prese bene, in particolare gli americani. La Libia comunque avrebbe mantenuto il rapporto d'affari con la Fiat fino al 1985 quando, al culmine della guerriglia tra Gheddafi e gli Usa, quella partecipazione divent¨° troppo bollente e Agnelli decise di concluderla.
GLI ANNI DI PIOMBO
¡ª ?Il decennio ¨¨ sempre pi¨´ macchiato di sangue, sono i cosiddetti anni di piombo. La Fiat paga il tributo alla violenza terroristica con l'assassinio nel 1978 del capo del servizio di sicurezza industriale a Cassino, Carmine De Rosa, nonch¨¦ del capofficina della Lancia, Pietro Coggiola. Senza dimenticare l'omicidio nel 1977 del vicedirettore della Stampa, Carlo Casalegno. Nel 1979 viene ucciso Carlo Ghiglieno, responsabile della pianificazione strategica di Fiat Auto. Non si contano gli episodi di sabotaggio nelle fabbriche da parte di fiancheggiatori dei terroristi. Nell'autunno 1979 Gianni Agnelli, esasperato, approva la linea dura di Romiti e Vittorio Ghidella (da pochi mesi ad di Fiat auto) e comincia a far licenziare gli operai pi¨´ coinvolti nelle violenze, resistendo ai successivi scioperi.
LA MARCIA DEI QUARANTAMILA, ROMITI LA SPUNTA
¡ª ?Nel 1979 e 1980 Fiat, sindacati e mondo politico portano avanti una guerra di trincea tra minacce di licenziamenti di massa, casse integrazioni, scioperi a oltranza e picchettaggi. Poi accade un fatto inaspettato: i quadri intermedi della Fiat fanno sapere che non ne possono pi¨´ dei blocchi e delle violenze. Vogliono lavorare. Cos¨¬ organizzano un corteo a Torino, una cosa mai vista in questa categoria. Il 14 ottobre 1980 la famosa "marcia dei quarantamila" ottiene l'effetto di sbloccare la situazione. Il 15 ottobre la Procura ordina lo sgombero dei picchetti a Mirafiori, a Roma Cesare Romiti si accorda con i sindacati su due anni di cassa per 23.000 dipendenti che sarebbero stati ricollocati fuori dalla Fiat, con garanzia di rientro per chi non vi fosse riuscito, tra prepensionamenti, incentivi e mobilit¨¤ interna. Nonostante le contestazioni dei militanti di base, il ruolo dei sindacati confederali non ne esce ridimensionato e progressivamente si spegne l'estremismo.
LA RINASCITA CON LA PANDA
¡ª ?Seguiranno gli anni dell'innovazione tecnica e manageriale, guidata da Ghidella. I robot "occupano" le fabbriche, a Termoli venne avviata in una fabbrica ad altissima automazione la produzione del motore robotizzato Fire, studiato con la Peugeot e immesso sul mercato nel 1982. I dirigenti dei vari settori vengono maggiormente responsabilizzati. Finalmente si torna a rinnovare i modelli. La Fiat Panda, uscita nel 1980, ¨¨ il primo importantissimo passo. Essenziale, economica e robustissima, altamente versatile, un capolavoro del design di Giugiaro. Pi¨´ di vent'anni di produzione della prima serie, di cui ancora molti esemplari circolano oggi.
LA UNO "SPAZIALE" DEL NUOVO BOOM
¡ª ?Mai si era vista la presentazione di un'utilitaria a Cape Canaveral. Eppure la base di lancio dello Space Shuttle fu scelta nel gennaio 1983 per lanciare la Fiat Uno, altro colpo da maestro di Giugiaro. L'erede della 127 riport¨° l'azienda torinese ai fasti del passato, facendo tornare profitti sostanziosi. Nel frattempo Gianni Agnelli avvert¨¬ gli azionisti, nell'annuale assemblea di giugno, che lo sviluppo sarebbe dipeso soprattutto dalla nuova sfida dell'elettronica; gli impianti andavano fortemente ammodernati. Nei due anni successivi vennero investiti quasi duemila miliardi di lire allo scopo.
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¡ª ?Dal 1980 al 1985 il gruppo Fiat era passato da una perdita di 422 miliardi di lire ad un utile di 1.682. Quota di mercato di nuovo elevata, costo del lavoro sostenibile. Vento in poppa, si poteva tornare a comprare. Ed ecco che Agnelli sbarr¨° la Ford entrando nella trattativa per la cessione dell'Alfa Romeo da parte dell'Iri; il Biscione era alla canna del gas con debiti per oltre 1.050 miliardi. Non propriamente un affare, ma era importante per Agnelli evitare che la Ford sbarcasse direttamente in Italia. Cos¨¬ l'Alfa venne acquistata dalla Fiat. A fine 1986 il gruppo fatturava 30.000 miliardi di lire con utile operativo di 3.000. Nel 1987 Fiat diventava il secondo gruppo industriale italiano dopo il moloch statale Iri, scavalcando addirittura l'Eni e rappresentando il 4% del Pil nazionale.
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¡ª ?Ogni bel gioco dura poco. Gli ostacoli sono dietro l'angolo: la liberalizzazione del mercato interno nella Cee, la concorrenza asiatica sempre pi¨´ temibile. Nella Fiat si consuma un duello all'ultimo sangue tra Ghidella e Romiti che vede vincitore quest'ultimo. A fine 1990 le vendite cadono del 15%. "La festa ¨¨ finita", sottolinea laconico l'Avvocato. E finisce davvero. Nel 1992 il gruppo registra una perdita operativa di duemila miliardi e debiti quasi a quattromila miliardi. Agnelli invecchia, vuole cedere il comando e passare la mano al fratello. Ma non si pu¨°. ? in ballo un gigantesco aumento di capitale (4.285 miliardi) che vede coinvolte Mediobanca, Generali, Deutsche Bank e Alcatel. Cuccia pretende e ottiene che l'Avvocato mantenga il suo ruolo, Romiti resti in sella e, soprattutto, che i nuovi investitori abbiano il potere di veto sulle strategie. Ma torna il sereno. I miliardi delle banche permettono il lancio ad agosto 1993 della Punto, erede della Uno ed ennesimo colpo da maestro di Giugiaro. Assemblata nella nuova e ultramoderna fabbrica di Melfi (insieme alla Lancia Y, altro modello molto importante), diventer¨¤ subito leader europea del segmento. Verr¨¤ prodotta per 25 anni, fino al 2018. Fiat Auto passa nelle capaci mani di Paolo Cantarella.
GIANNI AGNELLI LASCIA LA PRESIDENZA
¡ª ?L'Avvocato, il quale dal 1991 ¨¨ anche senatore a vita, si avvicina a 75 anni, ora ¨¨ arrivato veramente il momento di andarsene. Tuttavia non prima di aver regolato i conti con Cuccia e Romiti, con i quali i rapporti si sono notevolmente rovinati dopo lo scherzetto dell'aumento di capitale. Ancora il vecchio banchiere impone Romiti alla presidenza. Agnelli deve accettare, nonostante il coinvolgimento del manager romano nello scandalo di Tangentopoli. Ma dice chiaro e tondo che pure lui dovr¨¤ sloggiare a 75 anni. Cio¨¨ due anni dopo. Arriviamo dunque al 28 febbraio 1996. Quasi trent'anni dopo averne preso il comando, Gianni Agnelli si dimette da presidente della Fiat. Romiti sale al vertice, Cantarella diventa amministratore delegato.
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¡ª ?Agnelli continua a vigilare sull'azienda, a braccetto col fratello. Poich¨¦ al volgere del secolo le sfide sono sempre pi¨´ dure e le dimensioni globali non adeguate, lavora insieme a Paolo Fresco (presidente dal 1998 dopo il pensionamento di Romiti) al vecchio progetto di cercare un partner strategico. Cos¨¬ nel 2000, tra numerose perplessit¨¤ nell'ambiente, Agnelli annuncia il famoso accordo con la General Motors: gli americani entrano nel 20% del capitale di Fiat Auto e soprattutto la Fiat avr¨¤ il diritto, dal 2004, di chiedere a GM l'acquisto del rimanente 80%. In un'intervista dell'epoca su Rai 1 con Enzo Biagi, l'Avvocato disse: "Il mio mestiere mi consente in un solo modo di guardare al futuro: con ottimismo". Poi and¨° come and¨°. Gianni Agnelli si ammal¨° di tumore, il 24 gennaio 2003 scomparve l'emblema dell'Italia industriale repubblicana.
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