Lo zaino vuota il sacco: "Io, Messner, Bonatti... Che storie!"

di Reinhold Messner

Ho avuto tantissimi zaini nella mia carriera di alpinista, prima sulla roccia verticale e poi sulle montagne più alte della Terra. Forse dovrei scrivere di quello che avevo con me sul Nanga Parbat, quando tornai alla montagna dove nel 1970 avevo perso mio fratello Günther per realizzarvi la prima salita solitaria di un Ottomila, esattamente 40 anni fa: era il 9 agosto del 1978. O dovrei ricordare di quello dell’altra mia solitaria, più famosa, sull’Everest, nel 1980. Salii dal versante Nord, con una variante alla via normale. In quei due zaini c’era tutto quello che mi legava alla vita: 20 chili per resistere alcuni giorni, anche dieci, nelle condizioni più estreme e in totale esposizione.
Però lo zaino più importante della mia vita non apparteneva a me. ? una storia curiosa, perché è stata per me positiva, ma mi ha portato poi a un lungo periodo di frizioni con il famoso e da me ammirato proprietario di quello zaino: Walter Bonatti. Alla fine però tutto si è concluso al meglio, per il dispiacere degli invidiosi.
Lo zaino in questione era un Millet, la ditta francese che negli anni 60 era senza dubbio quella che produceva i modelli migliori a livello mondiale. I più richiesti portavano appunto il nome di Walter Bonatti. Nel 1969, dopo la mia salita solitaria in giornata della parete Nord delle Droites, nel gruppo del Monte Bianco, salita che prima richiedeva normalmente due bivacchi, i fratelli Millet chiesero anche a me di divenire testimonial dei loro zaini. Io sapevo che avevano fatto un contratto a Bonatti e risposi che avrei accettato se mi avessero offerto le stesse condizioni. Così fecero. E fu così che io mi resi conto di poter fare alpinismo da professionista.
Non ricordo se sull’Everest usavo ancora i Millet. In ogni caso, negli anni 80 qualcuno lavorò per mettere zizzania fra Bonatti e me, che ero al centro dell’attenzione perché mi avvicinavo a concludere la collana dei 14 Ottomila. Non ci eravamo mai incontrati di persona. Walter, che anni prima mi aveva indicato come suo successore, sostenne che mi ero venduto agli sponsor. Allora io risposi chiaramente, e duramente, che lo aveva fatto anche con lui, appunto con Millet. Col carattere che aveva e che solo molto più tardi avrei conosciuto, Bonatti non me la perdonò. A molti quella nostra lite faceva comodo. Ma alla fine ci siamo incontrati e ci siamo subito capiti.
Per questo uno zaino Millet, modello Walter Bonatti, è oggi esposto nel mio museo di Plan de Corones, dove racconto la storia dell’alpinismo tradizionale.