L'informatica Monica Colangelo: "Parità di genere? Le nuove generazioni ragionano in modo diverso"

? la prima italiana ed europea tra gli Amazon Web Services Ambassador. Ci spiega il suo lavoro e come le sembra il futuro delle donne nel mondo della tecnologia

Un altro 8 marzo. E la consueta domanda: arriveremo a non dover più celebrare la “Festa della donna”? Arriveremo a non stupirci di una donna al comando, nelle istituzioni, nelle imprese, nel mondo del lavoro? “? l’augurio che ci facciamo. I cambiamenti sono generazionali e quindi molto lenti, le cose non mutano da un anno all’altro. Ma nei colleghi più giovani, anche nei maschi, vedo atteggiamenti diversi rispetto al passato, anche perché sono figli di madri lavoratrici”. A dirlo è Monica Colangelo, 43 anni, lucana, figura apicale dell’informatica, a livello mondiale. Tanto da essere la prima italiana ed europea tra gli Amazon Web Services Ambassador (circa 270 in tutto, quasi tutti uomini) e principal cloud architect in Ntt Data. “Parità di genere? Le nuove generazioni ragionano in modo diverso rispetto ai lavoratori più attempati. Sicuramente il cambiamento è in corso, ma non è rapido come ci piacerebbe. Ciascuno di noi deve fare la propria parte. Per questo mi fa piacere raccontarmi. Se servisse a stimolare qualcuno, sarebbe già una vittoria…” sottolinea Colangelo.

Il suo è un incarico di prestigio, a livello mondiale, nell’informatica. Ce lo spieghi nel modo più semplice possibile…
“In Ntt Data il mio ruolo è di principal cloud architect. Ho il compito di progettare, gestire, implementare infrastrutture specificamente in cloud, per organizzazioni e clienti. L’obiettivo è quello di avere degli ambienti cloud molto affidabili, scalabili. Soprattutto sicuri, visto che la sicurezza informatica in questo momento storico è un tema molto delicato. Anche per questo il nostro lavoro richiede un aggiornamento continuo, servono progetti che possano resistere ai nuovi attacchi informatici”.

Che percorso di studi ha fatto?
“Mi sono laureata in Informatica nella mia regione, all’Università della Basilicata. Poi ho fatto un master alla Sapienza di Roma, in Sicurezza dei sistemi e delle reti. Sono almeno quindici anni che lavoro nel settore dell’informatica, occupando diversi ruoli, in passato più junior per ovvi motivi. Poi il mio profilo professionale è cresciuto proprio grazie all’esperienza accumulata, allo studio e al costante aggiornamento, che non può mai mancare”.

Lei è la prima donna italiana ed europea a ricoprire il ruolo di Aws Ambassador.
“Aws è il leader mondiale come cloud provider. Noi ambassador siamo considerati un’estensione del team di Aws, in grado di avere informazioni in anteprima, possiamo in un certo modo indirizzare alcune scelte di business. Ci sono circa 270 persone al mondo che hanno questo ruolo di ambassador, e pochissime donne (meno di 15, ndr). E nel mio caso, sono la prima italiana ed europea”.

Le donne devono lavorare il doppio per emergere. Per lei è stato davvero così?
“Secondo me c’è un grosso scoglio culturale, all’ingresso, nel mio campo. Non dico nulla di nuovo, si sa che sono poche le donne che avviano un percorso scientifico o tecnologico. Chiaramente è un lavoro molto impegnativo. Oggi si vede un’attenzione sicuramente diversa, ma quando ho iniziato – un po’ di anni fa – c’era sicuramente un clima meno amichevole. Le generazioni precedenti vedevano le donne come l’aiutante, come qualcuno che potesse seguire, ma non condurre. Adesso si vedono dei passi in avanti, per fortuna, ma c’è ancora molto da fare. Mi piacerebbe, anche in virtù del ruolo che ricopro, poter mostrare alle nuove generazioni, alle ragazze in particolare, che lavorare nell’informatica è interessante, molto stimolante, anche divertente. E non c’è nulla di strano nel farlo. Spero che una donna di rilievo in questo ambito possa smuoverle, stimolarle”.

La società italiana è maschilista? E il mondo del lavoro, lo è?
“Ripeto: la mia percezione è che negli ultimi anni qualcosa stia cominciando a cambiare. Se ne parla, se ne discute, già è un segnale, una cosa positiva. Sul gender gap il discorso è generale, non legato solo alla diversa retribuzione, ma proprio sulle responsabilità, sui ruoli. Sembra ancora difficile trovare donne in ruoli decisionali. Già all’ingresso siamo poche, poi il numero si assottiglia, salendo di livello. Se veniamo considerate gregarie, allora emergere diventa ancora più difficile. Nel mio percorso di studi in Informatica all’università le ragazze erano sicuramente meno della metà, ma poi nel lavoro se ne vedono molte, molte meno…”.

C’è qualcosa a cui ha dovuto rinunciare, nel privato, per il suo lavoro?
“Nella vita si fanno delle scelte. Sicuramente, oltre al lavoro quotidiano, parte del tempo libero viene impegnato per l’aggiornamento, che dev’essere costante. Mi serve leggere molto, informarmi, perché ci si confronta con clienti di un certo tipo, serve un livello di preparazione molto alto. Questo può sembrare sottrarre tempo alla famiglia, che nella prima fase di crescita di mio figlio mi ha fatto vivere un certo senso di colpa. Ma è un sacrificio che si fa per un buon motivo, perché ne vale la pena. Quindi va bene così”.