? importante riconoscere i segnali: l¡¯appello dell¡¯esperta a genitori, insegnanti e allenatori
Molti criminologi hanno rintracciato, nella storia infantile dei serial killer, un insieme di emozioni negative che sono poi sfociate in delitti seriali. Il forte disagio del bambino, in quei casi, si ¨¨ trasformato in un malvagio credito verso la societ¨¤, rispetto??alla violenza fisica e/o? psicologica di cui sono stati vittime. In cima alla lista, secondo gli esperti, c¡¯¨¨ l¡¯umiliazione. Ecco perch¨¦ vale la pena indagare su questi traumi infantili e adolescenziali di sottomissione e vergogna che portano, nella maggior parte dei casi, all¡¯incapacit¨¤ di provare empatia, a episodi di rabbia incontrollata e al desiderio di vendetta.?Lo facciamo con Roberta Cappelluti, psicologa clinica e dello sport, docente del Master su disagio giovanile, devianza sociale e comportamenti a rischio presso Unicusano Roma.?
sentirsi umiliati, essere umiliati
¡ª ?Conosciamo l¡¯umiliazione in due forme distinte ma associate tra loro: sentirsi umiliati o essere umiliati da qualcuno. ¡°In entrambi i casi, sicuramente, non c¡¯¨¨ nulla di positivo. Il sentirsi umiliati - dichiara l¡¯esperta - nasce da noi, nasce da dentro, e spesso la teniamo per noi senza condividere la sensazione con qualcun altro. Venire umiliati, invece, significa che qualcuno ha compiuto o compie un atto verso di noi e anche altre persone possono vederlo. Per questo, a volte, la sensazione di vergogna risulta essere ampia poich¨¦ l¡¯imbarazzo cresce in misura di quante persone ne vengono a conoscenza. Per arginare questo disagio ¨¨ importante non vergognarsi di essere stati umiliati, ma rammentare che a vergognarsi deve essere colui che compie il fatto¡±.?
il profilo di chi umilia
¡ª ?¡°L¡¯umiliazione - spiega Roberta Cappelluti - nasce dall¡¯ignoranza, intesa nel senso dell¡¯ignorare l¡¯altro, dal non avere l¡¯empatia e la sensibilit¨¤ necessarie per mettersi nei panni altrui. E questa ignoranza si pratica nelle sfere pi¨´ vicine a noi. Sono gli stessi genitori e familiari pi¨´ prossimi ad avercela fatta conoscere¡±. Il bambino umiliato di oggi che adulto diventer¨¤ domani? ¡°Per chi vive, purtroppo, questi episodi - avvisa la docente - due sono le strade pi¨´ plausibili: o far¨¤ lo stesso con gli altri, partendo da piccolini nei contesti scolastici, poi in quelli sociali come sportivi ed un domani lavorativi, oppure si chiuder¨¤ in s¨¦ stesso con la paura di provare di nuovo questa terribile esperienza non riuscendo pi¨´ a garantirsi un contatto sereno con gli altri¡±.?
il danno dell'umiliazione
¡ª ?Tra tutte le emozioni, purtroppo, l¡¯umiliazione ¨¨ la pi¨´ dannosa, sia per la vittima sia per il carnefice. ¡°? stato studiato - precisa Roberta Cappelluti - che il sentimento scatena un¡¯attivit¨¤ celebrale molto pi¨´ veloce e intensa rispetto all¡¯allegria e molto pi¨´ negativa dell¡¯ira, portando quindi l¡¯umiliatore ad azioni incontrollate e talvolta letali (nella condizione pi¨´ estrema a delitti anche seriali). Per quanto riguarda la vittima, le esperienze umilianti hanno un potenziale depressogeno che pu¨° sfociare, quindi, nella depressione e, nella condizione pi¨´ estrema, nell¡¯ideazione suicidaria fino al suicidio vero e proprio¡±.?
come intervenire
¡ª ?L¡¯etica non pu¨° essere praticata da chi non l¡¯ha mai ricevuta a meno che non si intervenga in tempo. Nessuno nasce mostro, nessuno nasce anaffettivo, ma determinati tratti psicologici, una volta radicati definitivamente, possono portare, nel peggiore dei casi, a devianze di ogni tipo. Come intervenire? ¡°Riconoscere da subito i primi segnali - suggerisce la psicologa, membro del Tavolo Tecnico presso il Ministero della Salute - e quindi intervenire in tempo, con l¡¯aiuto di un professionista della salute mentale?¨¨ sicuramente il primo passo da compiere. Per questo ¨¨ opportuno che chiunque scorga elementi che abbiano a che fare con questo tratto richieda un intervento. Genitori stessi, famigliari, insegnanti, allenatori, un amico stretto, chiunque pu¨° fare la sua parte. Soprattutto nei confronti dei pi¨´ piccoli. Prima si agisce e meglio ¨¨, proprio in virt¨´ del fatto che i tratti psicologici una volta formati sono difficili da scardinare¡±.?
la comunicazione tra genitori e figli
¡ª ?Risulta ormai assodato che, una volta compreso l¡¯esito dell¡¯umiliazione, si debbano prediligere interventi educativi costruttivi.?Mortificare, denigrare o svalutare qualcuno non ¨¨ mai una soluzione?¡°figuriamoci se a farlo ¨¨ un genitore nei confronti di suo figlio. Anche il genitore pu¨°, deve, rivolgersi a un professionista della salute mentale al fine di modificare il suo modo di comunicare, a non ferire la dignit¨¤ del proprio figlio o a metterlo in imbarazzo. Allenare l¡¯empatia, vestire i panni dell¡¯altro e capire la sensazione che viene vissuta ¨¨ un primo passo da fare¡±. ? importante chiedersi se, anche in buona fede, ci si sia spinti troppo in l¨¤ per educare un figlio: ¡°Gli attacchi - spiega l¡¯esperta - possono essere sia di tipo esplicito, come l¡¯utilizzo di brutte parole, o implicito, come un trattamento sbrigativo e impersonale con assenza di cura per i sentimenti e le esigenze dell¡¯altro, tanto da farlo sentire come se fosse un peso o una fonte di fastidio. Riconoscere la presenza di questi aspetti nel rapporto genitore-figlio e lavorare al fine di eliminarli, a favore invece della reciprocit¨¤, ¨¨ importantissimo. Si eviteranno forme di mortificazione e sentimenti di svalutazione che andrebbero a radicarsi, crescendo, negli aspetti pi¨´ indelebili e oscuri della personalit¨¤ di un individuo. Nessuno nasce mostro, nessuno nasce anaffettivo¡±.
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