Kubica: "Wec nuova sfida. Che F1 con Hamilton e Vettel: ho vinto solo un GP, ma sono felice"

Il pilota polacco racconta come sta vivendo l'esperienza nelle gare di durata: "Amo tutto ciò che è mosso da un motore. Rispetto alla F1 si spinge a tutta". Poi sulla vittoria in Canada 15 anni fa: "Alesi mi fece una raccomandazione, ma..."

Robert Kubica non può fare a meno dei motori, siano essi F1, Rally o Wec. Una passione evidente nella storia del polacco, condizionata dall'incidente del 2011 in una gara rallistica ad Andora, in Liguria. Rischiò la vita e vide sfumare il sogno di poter mostrare il suo grande talento nel Circus, andando oltre la vittoria in Canada nel 2008 con la Bmw. Eppure Kubica non si è mai arreso, continuando tra Wrc ed Endurance, dove ora gareggia all'interno della categoria Lmp2 dell'Endurance. Una nuova sfida nata dopo la seconda parentesi nel Circus. Proprio Wec e F1 sono due degli argomenti toccati durante la chiacchierata nel motorhome del team Wrt.

Robert, come procede l'avventura nel Wec?

"Bene, ho intrapreso questa strada nel 2021, quando ho debuttato nelle gare Endurance del campionato europeo di Lmp2. Dall’anno scorso gareggio nel Mondiale Wec col team Wrt. La Lmp2 non è la massima categoria, ma penso sia la più competitiva, specialmente a Le Mans. Gareggio in due campionati, europeo e mondiale. Oreca è da diversi anni che è protagonista in questo contesto. ? una bella sfida".

Lei in carriera ha guidato ogni vettura. Quali sono le grosse differenze rispetto alle auto di F1 e Rally che le è capitato di utilizzare negli anni scorsi?

"Per me portare al limite qualsiasi mezzo a quattro ruote, dai 20 ai 1000 Cv, è una sfida impegnativa. Qualsiasi pilota vorrebbe più potenza, meno peso e più grip. E invece è esattamente il contrario di ciò che avviene nella nostra categoria negli ultimi tre anni in modo da creare gap rispetto alla categoria principale hypercar. Di conseguenza la macchina è molto sincera e semplice da un lato, consentendo di avere un buon feeling in situazioni diverse tra loro. Dall’altra parte le prestazioni sono più ravvicinate e le gare diventano una sorta di Sprint. In F1, a volte, per vincere bisogna andare più piano per gestire le gomme. Questo non accade nel Wec perché il nostro pacchetto permette di spingere per molto più tempo".

Cosa le ha dato dal punto di vista umano il team Wrt in questa esperienza?

"Sia il team che io, nel 2021, eravamo debuttanti. Ci siamo trovati bene fin da subito. Io portavo l’esperienza in altre categorie, mentre Wrt aveva militato nell’Endurance, anche se nel GT che è un campionato diverso. Abbiamo unito questi due approcci. ? sempre particolare passare da gare brevi e individuali a competizioni di durata con compagni. Bisogna trovare il compromesso, dividendo i ruoli. In F1 il compagno di squadra è il primo avversario, bisogna pensare solo a se stessi. Nell’Endurance è diverso e credo che il team Wrt mi abbia aiutato".

Qual è il suo sogno nel cassetto guardando il Mondiale Endurance?

"Ho imparato dalla vita che è giusto avere obiettivi, ma mantenendo i piedi per terra. Chiaramente, avendo una certa età, mi conosco bene. So quello che vorrei, ma non è sempre uguale a ciò che potrò fare. La chiave è trovare un ambiente sano. Resto un grande appassionato di Motorsport e mi piace lavorare ad alto livello. Nelle gare non c’è mai la garanzia del risultato, ma si diventa padroni del proprio destino attraverso il metodo lavorativo. Trovare un ambiente che ragiona alla stessa maniera è un grande successo".

Passiamo alla F1. Quindici anni fa, in Canada, lei colse la prima vittoria. Quali sono i ricordi di quella domenica?

"Non parlerei tanto di ricordi, quanto di dispiacere che sia stata l’unica vittoria. C’è un aneddoto particolare che mi torna in mente: il mio ex manager Daniele Morelli era molto amico di Jean Alesi. Dopo quella gara, proprio Jean era passato a salutarmi e mi aveva detto: ‘Mi raccomando, non fare come me’. Io sinceramente non avevo capito cosa intendesse. Poi mi hanno spiegato che anche lui aveva vinto la sua prima e unica gara in Canada. Allora avevo sperato che non accadesse e invece… In ogni caso mi ritengo fortunato per la mia carriera".

Lei ha fatto parte di una generazione di campioni. Basti pensare che da ragazzo correva con Lewis Hamilton e Nico Rosberg. Si immaginava che avrebbero ottenuto quei risultati?

"Si vedeva già sui kart che c’era una buona generazione. Proprio i kart, del resto, erano già un’ottima scuola, mentre i piloti odierni hanno più possibilità di imparare grazie a strumenti come il simulatore. Sono stato uno dei primi a pensare che Hamilton avrebbe reso la vita dura ad Alonso, quando debuttò in F1. Lo dicevo perché siamo stati compagni di squadra a Macao, in F3, per un weekend. Eravamo molto vicini ed era una bella sfida. Poi bisogna capitare al posto giusto e al momento giusto. Se devo essere sincero, pensando a come vedevo Sebastian?Vettel in Bmw (terzo pilota del team tedesco dal 2006 al 2007 ndr.), non avrei mai immaginato che potesse vincere quattro Mondiali. Poi è cresciuto facendo un grande lavoro. Il talento è solo uno dei tanti aspetti da considerare. Un esempio è la storia di Nico Rosberg: aveva il potenziale, ma nell’anno del titolo in F1 ha lavorato su tante altre cose. Quindi il talento da solo non basta".

E, dall'esterno, come giudica la F1 attuale?

"Arrivare in F1 è difficile, quasi impossibile. Restarci è ancora più complicato. Faccio l’esempio di Nick De Vries, che non è stato fortunato e si è trovato in una situazione particolare. Ho visto il debutto di Zhou e penso gli sia andata bene perché la macchina non era velocissima, ma piuttosto semplice da guidare. Mi limito a questo perché è troppo facile esternare giudizi. Secondo me ci sono tante gare nella gara. Le prime due file fanno storia a sé, mentre, chi parte dietro, invece, è come se facesse uno sport diverso. Così, quando un pilota di vertice finisce a metà gruppo, incontra molte difficoltà proprio perché non è abituato. Per questo è molto complicato giudicare la F1".