Sono passati 2 anni da quel giorno e quando nell'edizione di quest'anno venni a sapere che un connazionale avrebbe partecipato alla Yukon Arctic Ultra (considerata la gara pi¨´ dura ed estrema del mondo), iniziai a seguire la sua avventura fin dall'inizio. Tanto pi¨´ che il corridore in questione, Roberto Zanda, proveniente dalla Sardegna e soprannominato il "massiccione" per la sua figura robusta e forte tempra, era un amico.
Incontrai Roberto al bordo del Grand Canyon nell'autunno del 2014, dormendo nella stessa tenta sotto una tempesta di lampi e tuoni la notte prima della partenza di una gara a cui avremmo partecipato entrambi.
Avremmo condiviso la tenda per altri 5 giorni e pi¨´ di 270 km di percorso tra gli altipiani dell'Arizona e l'alto deserto dello Utah. Il cameratismo che si era creato aveva reso l'esperienza profonda, con momenti anche emotivamente speciali.
Roberto ¨¨ uno di quei personaggi che non scendono a compromessi. Un uomo forte, di carattere duro ma di animo buono. Uno spirito avventuriero che dopo anni di militanza nell'Esercito ha deciso di intraprendere la strada meno percorsa, quella di esplorazione e di ricerca, sfidando se stesso in gare estenuanti attraversando con la sola forza delle sue gambe alcuni degli ambienti pi¨´ estremi del pianeta. Una ricerca non solo esteriore ma forse ancor pi¨´ interiore.
La Yukon Arctic Ultra esiste in due distanze: la 100 miglia (160 km) che ho corso io (e vinto n.d.r) nel 2016 e la 300 miglia (480 km) che rappresentava una nuova sfida per Roberto che, dopo aver conquistato i vari deserti "caldi", si accingeva a completarla attraverso il Territorio dello Yukon, tra le nevi e i ghiacci del Canada.
Dopo diversi giorni di fatica e di progressione costante per¨°, il GPS di Roberto si ferma. E rimane l¨¬ per diverso tempo. All'inizio si pensa alla possibilit¨¤ che l'atleta sardo avesse deciso di riposare all'interno della sua tenda, in considerazione del fatto che, in caso di emergenza, ogni corridore fosse munito di sistema SOS per essere recuperati in caso di necessit¨¤.
Ore e ore di attesa passano inesorabili quando si comincia a pensare alla possibilit¨¤ di un recupero di emergenza.
Dopo 17 ore fermo nella neve Roberto viene evacuato in stato ipotermico e confusionale in elicottero e subito portato all'ospedale di Whitehorse dove iniziano le cure alle mani e ai piedi completamente neri colpiti dai congelamenti.(continua nella prossima scheda)
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