MAI NATA
Laverda Sfc 1000, il sogno incompiuto di Ivano Beggio
Ai pi¨´ giovani il nome Laverda dir¨¤ poco, ma per chi ¨¨ stato ragazzo negli Anni 70 quello fondato a Breganze nel 1949 ¨¨ un marchio semplicemente mitico. E lo era anche per Ivano Beggio, patron di casa Aprilia, che nel 2000 decise di acquistarlo per promuoverne il rilancio dopo le alterne fortune del decennio precedente. Nacque cos¨¬ la Sfc 1000, un progetto tanto affascinante quanto discusso destinato a rimanere una delle grandi opere incompiute dell¡¯industria motociclistica nostrana.
TRICILINDRICA?
¡ª ?Beggio, che in giovent¨´ aveva posseduto una sportivissima settemmezzo arancione, intendeva ripartire da una superbike dura e pura, erede spirituale di quelle motociclette che molti anni prima avevano traghettato il motociclismo tricolore - assieme alle coeve Ducati e Moto Guzzi - nell¡¯era delle ¡°maxi¡±. Inizialmente a Noale si sond¨° la possibilit¨¤ di utilizzare motori Triumph per rivivere i fasti delle tricilindriche Jota, sfruttando l¡¯amicizia personale tra l¡¯imprenditore veneto e Carlo Talamo. L¡¯improvvisa morte dell¡¯importatore italiano fece per¨° naufragare l¡¯accordo con la casa di Hinckley, inducendo Beggio a puntare su quello che lui stesso qualche anno dopo avrebbe definito piano B: il V-twin della RSV 1000.
DNA APRILIA
¡ª ?Nel 1998 Aprilia aveva lanciato sul mercato la sua prima Superbike, la RSV Mille. Rinominata in seguito RSV 1000 per renderla pi¨´ appetibile sul mercato internazionale, la nuova moto portava al debutto il V60, un avanzatissimo propulsore progettato dall¡¯austriaca Rotax che posizionava l¡¯hypersport veneta ai vertici della categoria. Perch¨¦ Beggio considerava come un ripiego un simile capolavoro della tecnica? Semplice: perch¨¦ quella del bicilindrico a V non era un¡¯architettura ¡°tipica¡± per Laverda, un marchio identificato essenzialmente con i twin paralleli e i tre-in-linea. I puristi del brand vicentino avrebbero storto il naso di fronte ad un V2, e di questo Beggio era consapevole.
EREDE DI UN MITO
¡ª ?Nel frattempo, inoltre, la situazione finanziaria di casa Aprilia andava peggiorando, contingenza che rese sostanzialmente impraticabile qualsiasi altra soluzione (men che meno la progettazione di un propulsore ex novo). Non senza qualche perplessit¨¤ si decise quindi di procedere sulla strada pressoch¨¦ obbligata del V60, che venne incastonato in un inedito telaio misto composto da due parti, un traliccio in tubi d¡¯acciaio imbullonato su piastre in alluminio. La moto, battezzata Sfc 1000, si ispirava nello spirito e nel nome alle mitiche Sfc 750 (Super Freno Competizione), fiore all¡¯occhiello della produzione Laverda negli anni d¡¯oro del motociclismo tricolore.
LA SFC 1000
¡ª ?La Sfc 1000 venne presentata in anteprima mondiale al Motorshow di Bologna del 2002, in una veste prototipale che sfoggiava un¡¯evocativa semicarena - proprio come sulle Sfc degli Anni 70 - e un look racing privo di fari, specchietti e indicatori di direzione. Un anno pi¨´ tardi, al Salone di Milano 2003, Aprilia tolse i veli al modello definitivo, mostrato questa volta in configurazione stradale e dotato di carena integrale. La moto appariva pronta al lancio su mercato: si prevedeva di costruire una serie limitata di 549 esemplari come per la mitica Sfc 750, una prima esclusiva tranche a cui sarebbe seguito nel 2004 un modello di grande produzione equipaggiato con componentistica meno raffinata. Ma con un prezzo decisamente pi¨´ competitivo, che avrebbe permesso di rilanciare il brand non solo sul piano dell¡¯immagine ma anche su quello delle vendite.
IL DESIGN
¡ª ?La moto si presentava come una superbike assolutamente moderna, caratterizzata da qualche richiamo stilistico dal sapore retr¨°. Come ad esempio il codino ¡°spezzato¡± e il fanale posteriore di forma circolare, o ancora i due proiettori anteriori facilmente interpretabili come una citazione agli anni gloriosi dell¡¯Endurance. Molto caratteristici, poi, erano i due voluminosi terminali in titanio posizionati ai lati della coda, contraddistinti da un design convergente e saldature a vista dal sapore squisitamente racing. Sembra che la carenatura integrale, rigorosamente in livrea arancione, sarebbe stata una prerogativa della prima serie a tiratura limitata, mentre la versione pi¨´ ¡°economica¡± avrebbe indossato soltanto la semicarena.
TECNICA RAFFINATA
¡ª ?A livello tecnico la superbike veneta non aveva nulla da invidiare alle rivali italiane e giapponesi. Anzi: al propulsore da 998 cc capace di erogare 141 cavalli era abbinata una ciclistica di prima scelta, come sui modelli top di gamma dei competitor pi¨´ blasonati. La forcella Ohlins a steli rovesciati da 43 mm faceva il paio con un mono-ammortizzatore della stessa marca collocato in posizione laterale, un layout ripreso negli anni a venire da Aprilia su numerosi suoi modelli successivi. Innumerevoli le possibilit¨¤ di regolazione, a testimoniare il carattere corsaiolo di questa motocicletta che si configurava come un vero e proprio tripudio titanio, carbonio e altri materiali pregiati. L¡¯impianto frenante, infine, era fornito da Brembo e si componeva di pinze ad attacco radiale e dischi anteriori da 320 mm, mentre i cerchi in alluminio forgiato a cinque razze sdoppiate erano marchiati Marchesini. Una moto per palati finissimi, per cui era previsto un prezzo non inferiore ai 25 mila euro.
DIVISIVA
¡ª ?Com¡¯era stato previsto dagli stessi vertici Aprilia la Laverda Sfc 1000 divise gli appassionati fin dalla sua prima apparizione. In molti erano semplicemente felici di assistere alla rinascita di un marchio tanto mitico, ma non erano in pochi i critici che ci vedevano una semplice operazione di rebranding. I fan pi¨´ incalliti della casa di Breganze non riuscivano a considerare una ¡°vera¡± Laverda la Sfc 1000, tacciata di essere una Rsv 1000 rimarchiata incapace di rendere giustizia alla peculiare storia tecnica del costruttore vicentino.
MAI NATA
¡ª ?Non fu il Dna Aprilia, per¨°, a causare il fallimento del progetto. La crisi di Noale all¡¯inizio degli anni duemila culmin¨° con l¡¯acquisto di Aprilia da parte di Piaggio, che 2004 prese anche il timone di Moto Guzzi. Il colosso di Pontedera, trovatosi a controllare tre dei pi¨´ illustri marchi motociclistici di casa nostra, decise di sacrificare Laverda a favore dell¡¯Aquila e del Leone, mettendo definitivamente fine al sogno di rivedere in concessionario i bolidi arancioni. Logiche aziendali e valutazioni sull¡¯opportunit¨¤ degli investimenti in un momento non facile per l¡¯industria tricolore delle due ruote portarono alla chiusura di Laverda nel 2006, e con essa all¡¯archiviazione definitiva del programma Sfc 1000. Un¡¯occasione mancata?
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