Il lavoro del meccanico di moto da gara ¨¨ cambiato radicalmente: dal rustico lavoro degli Anni Cinquanta allĄŻiper-tecnologia odierna. Il ricordo dei Ą°giorni del coraggioĄą
Nelle ultime settimane sono stati festeggiati i compleanni di tre fra i pi¨´ grandi meccanici del motociclismo dei Ą°giorni del coraggioĄą: Giancarlo Cecchini (80 anni), Walter Scagliarini (90 anni), Ruggero Mazza (100 anni). Il pesarese Cecchini sin da ragazzo nei reparti corse MotoBI, Benelli, Morbidelli, Sanvenero, Mba e Cagiva ¨¨ tuttora in prima linea come titolare (con il figlio Mirko) del Team Snipers nel Mondiale Moto3. Il bolognese Scagliarini, alla Morini ai tempi della Ą°250 monocilindrica pi¨´ veloce del mondoĄą ¨¨ tuttĄŻora in gran forma e segue le corse col suo cronometro. Idem lĄŻemiliano samaratese di adozione Mazza, prima in Ducati, poi dal 1959 alla Mv Agusta. Tre meccanici definiti motoristi, ma capaci di fare tutto sulla moto, con carriere ricche di soddisfazioni grazie ai sacrifici della gavetta e alla lunga esperienza sul campo, capaci di fare lĄŻocchio alle pulci con il tornio, una chiave inglese, una lima, che ce lĄŻhanno sempre messa tutta con abnegazione e umilt¨¤, mandando gi¨´ rospi, mai mollando, contribuendo a scrivere la storia di questo sport, vincendo e facendo vincere alle loro Case e ai loro piloti tutto quel che era possibile vincere. Capaci di fare miracoli con un cacciavite, Mazza, Scagliarini, Cecchini e i loro colleghi erano anche talent scout, fiutando il corridore juniores di talento, svezzandolo e tirandolo su, fino a portarlo sugli altari. Di pi¨´: erano uomini di grande carisma che tenevano unita e motivata la squadra, addirittura - per i piloti - dei confessori padri putativi.
Meccanici taliani e giapponesi a confronto
ĄŞ ?Erano loro, sul campo, il valore aggiunto per il corridore e per la Casa. Esercitavano quel ruolo che oggi nel box ¨¨ diviso fra pi¨´ professionalit¨¤, non senza dispersioni e conflitti. A uno di questi, guai chiamarlo Ą°tecnicoĄą: definirsi meccanico era ed ¨¨ motivo di orgoglio. Solo i meccanici giapponesi ¨C arrivati con la tuta azzurra con impresso il marchio aziendale sulla schiena a fine Anni Cinquanta nelle grandi corse prima con Honda e poi con Yamaha, Suzuki, Bridgestone ¨C hanno sempre lavorato duro, al pari degli italiani. Ma quelli con gli occhi a mandorla si sono sempre mossi e hanno sempre agito in gruppo, eseguendo, da buoni soldati, gli ordini del capo di turno. Diverso il meccanico italiano, che non aspetta lĄŻimbeccata dallĄŻalto, capace di fare di testa sua buttandosi alla ricerca della soluzione del problema, anche con lĄŻazzardo, nella tradizione del pi¨´ schietto individualismo italico. Un esempio? Il meccanico italiano, sulla griglia di partenza, accanto alla moto che dopo il giro di ricognizione sĄŻammutolisce, torna allĄŻantico e, con mossa geniale, buca con un punteruolo il serbatoio, ridando voce al motore e riportando il sorriso nel suo pilota. Oggi il computer permette allĄŻingegnere elettronico di scaricare tutti quei dati che una volta arrivavano a singhiozzo attraverso le sensazioni e le parole (spesso solo gesti) dei piloti. Spettava al meccanico tradurre al volo quelle modifiche al motore e al telaio richieste dal corridore, per lo pi¨´ in modo confuso, perch¨Ś lui diceva che la moto si muoveva e il motore non spingeva senza per¨° capire il perch¨Ś. Toccava al meccanico, con intuito e tocco magico, capire e risolvere.
Il setting della moto? A sensazioni
ĄŞ ?Mazza, Scagliarini, Cecchini: tre interpreti - ognuno a suo modo - dellĄŻarte di diventare meccanici di moto da corsa, capaci di trasformare la loro passione in un mestiere, un inscindibile mix di manualit¨¤, ingegno, creativit¨¤, buon senso. Chi li ha conosciuti e visti allĄŻopera in tuta blu a smontare e rimontare con apparente estraneit¨¤ un motore da Gran Premio, magari di notte nel chiuso di un box male illuminato poche ore prima della gara, sa che questi - e altri come loro - non possono definirsi, semplicisticamente, tecnici: casomai scienziati che sperimentano o chirurghi che operano, intenti a ridar voce e a ridar vita a un sogno che ogni volta si ripete. Cos¨Ź era ieri nelle corse di un motociclismo fondato sulla triade: moto, pilota, meccanico. E oggi? ? cambiato tutto, non solo per lĄŻelettronica invadente e con la telemetria che ha ridotto al lumicino il dialogo, anche ruvido e spesso gridato col motore acceso, fra corridore e meccanico, sminuiti entrambi nelle loro capacit¨¤ tecniche, in grado di fare la differenza. LĄŻassetto? Le gomme Dunlop erano per tutti uguali, asciutto o bagnato; forcelle e ammortizzatori tarate dopo la prova da fermo col meccanico sopra la moto; e lĄŻallineamento fatto a occhio con una cordicella tirata sulle due ruote. La carburazione? Smontando, osservando, assaporando una candela bollente fra le mani o mettendo la mano dietro allo scarico rombante. I rapporti? Gli stessi, con un dente in meno, che tirava il campione che cĄŻera prima.
Le figure nei paddock
ĄŞ ?? cambiato tutto: con lĄŻavvento, prima timido poi deciso e infine prepotente, del motociclismo ipertecnologico e show-business: una rivoluzione double-face, che ha tolto al meccanico, oltre la tuta blu, il potere che ¨¨ dato a chi risolve il problema, privandolo dellĄŻaureola del guru. Circuiti pi¨´ sicuri, circus dorato. La giostra ¨¨ illuminata e gira forte perch¨Ś con la TV si crea immagine che crea contatti che creano soldi grazie agli sponsor. Bene cos¨Ź. Anche il corridore diventa un ingranaggio del sistema, una pedina, se pur di lusso, figurarsi il meccanico, che viene pagato (fino a 10 volte di pi¨´ degli Anni Cinquanta/Settanta!) per il Ą°monta-smontaĄą senza pi¨´ neppure sapere comĄŻ¨¨ fatto il suo motore, perch¨Ś sigillato. Resta comunque lĄŻunicit¨¤ di quel mondo di passioni, di emozioni, di sfide dove fai due parole con lĄŻombrellina e incontri il vip cui Ą°chiedi tu lĄŻautografo a luiĄą ma dove, l¨Ź dove si lavora, non cĄŻ¨¨ pi¨´ il contatto diretto con quel popolo delle corse col vestito della domenica, con la bottiglia di Sangiovese e una piadina in mano, col cuore in festa. Quando i Mazza, gli Scagliarini, i Cecchini lavoravano sui bolidi dei loro campioni, avevano sopra, spesso a contatto diretto, i padroni: il Conte Agusta, il Commendator Morini, i Benelli. Guai far cascare una chiave a terra! Guai una parola fuori posto. E quei Ą°padroniĄą, quando cĄŻera da premiare il meccanico, lo facevano con un cenno del capo, anche mettendo mano al portafoglio, ma al secondo errore scattava, senza appello, il benservito. Oggi, dovĄŻ¨¨ il padrone, o se pi¨´ aggrada, il titolare, nei box? CĄŻ¨¨ un vertice a cascata di mille professionalit¨¤, che decide prima-durante-dopo e sĄŻallarga sfarinando il proprio potere fino alla base dei tecnici e dei meccanici, ultime ruote del carro dorato.
LEGGI ANCHE
Il mondo delle corse
ĄŞ ?Oggi, ancor pi¨´ di ieri, non ¨¨ facile entrare nel mondo delle corse, da meccanico. Una volta cĄŻera la gavetta girando la forgia nellĄŻofficina del fabbro sotto casa e poi mettendo mano sul Rumi o sul Leoncino racing con la targa dellĄŻamico corridore per caso e cĄŻera la costanza saldata alla genialit¨¤ che faceva la differenza garantendo, dopo una spietata selezione, lĄŻingresso nei reparti corse delle grandi Case. Allora cĄŻera il meccanico tuttofare. Oggi cĄŻ¨¨ il computer tuttofare, lĄŻiper-specializzazione: meccanica sofisticatissima, elettronica, aerodinamica, strumentazioni tecnologiche e cos¨Ź via. Prima cĄŻera una trasmissione della passione e della conoscenza dallĄŻalto in basso e viceversa che consentiva ai migliori di lavorare sulle moto da corsa da sogno. Ieri le competenze le facevano le esperienze: dove eri stato, con chi, quali risultati. Dovevi sapere fare tutto, anche da mangiare fra un turno di prove e lĄŻaltro e portare il furgone dalla fabbrica al circuito, in giro per lĄŻItalia e per il mondo. Il pedigree contava, ma quello giusto. Oggi ¨C eccezioni a parte ¨C le competenze derivano dagli studi specialistici e dai master internazionali. E se hai la fortuna di entrare nel giro grande, sei sotto al capo meccanico e ai tanti ingegneri dei vari comparti su cui ¨¨ divisa la moto e tutto lĄŻambaradan racing che porta al miglior risultato possibile. Le corse sono le corse. Oggi nel box cĄŻ¨¨ la stessa tensione di ieri. E come ieri, poche chiacchiere ¨C non vola una mosca ¨C e non cade mai una chiave a terra! Sono gli sguardi che nel silenzio comunicano il che fare. Serviva e serve la capacit¨¤ di non farsi travolgere dagli eventi, di leggere la situazione traducendola con immediate modifiche sulla moto. Ieri dominavano i calcoli per tradurre i tempi sul giro che ognuno aveva preso col cronometro-cipolla personale, oggi dominano i computer, la telemetria, le diavolerie dellĄŻelettronica.
? cambiato anche il modo di viaggiare
ĄŞ ?Oggi come ieri, per il meccanico, la dedizione alla causa deve essere totale. Non ¨¨ tutto oro quel che luccica. Il meccanico, alla guisa del turista di lusso, segue il ciclo azienda-moto-circuito-hotel-circuito-moto-azienda. Fino agli Anni Settanta anche i meccanici delle grandi Case spesso dormivano nel furgone e mangiavano panini portati da casa. Nel paddock non cĄŻerano toilette n¨Ś docce e dove cĄŻerano (es. ad Hockenheim) erano Ą°comuniĄą, uno stanzone per tutti (uomini) senza paratie. Il meccanico ultimo arrivato, il bocia, teneva lĄŻombrello per riparare dalla pioggia i suoi colleghi pi¨´ anziani impegnati a consumare in piedi il pasto frugale. Oggi i meccanici, giunti in circuito su Van da Mille e una notte devono farsi il box con controlli da sfinimento perch¨Ś dal venerd¨Ź mattina tutto sia perfetto, anche sul piano dellĄŻimmagine. Una volta paddock e box erano eccezioni e i meccanici dovevano per prima cosa cercare allĄŻaperto uno spazio adeguato dove poter lavorare, sotto una tenda se non tirava vento, vicino al circuito. Ancora un esempio che dimostra la differenza del lavoro del meccanico di ieri rispetto a oggi. Prendiamo le trasferte, oggi fatte dai Team o in aereo o con splendidi van iper-attrezzati guidati da autisti professionisti. Negli Anni Cinquanta/Sessanta, una delle trasferte pi¨´ distanti e complesse era quella verso lĄŻIsola di Man, per la disputa del Tourist Trophy. Le squadre-corse delle lombarde Gilera, Guzzi, Mv Agusta (idem le altre Case italiane) partivano in camion dalle rispettive sedi per la stazione centrale di Milano dove moto e materiale venivano registrati come Ą°bagaglio appressoĄą e posizionati nel vagone bagagliaio. Gi¨¤ a Chiasso la bega del carnet con la Dogana ferroviaria che proibiva il passaggio perch¨Ś quel controllo doveva essere fatto dalla Dogana stradale che, avvisata via telefono, giungeva sul posto apponendo i sospirati visti. Nuovi contrasti a Vallorbe per il cambio-treno fra svizzeri e francesi con il trasbordo delle moto che si ripeteva, nel quasi-caos, alla Gare de Lyon a Parigi. Dopo due giorni, a volte tre, ecco Calais, con le mote scaricate dal treno e portate sul traghetto dove succedeva di tutto, comprese le litigate con gli addetti della nave che salivano sulle moto prendendo tappi del serbatoio, manopole ecc. come souvenir. Se non cĄŻera tempaccio, la sera si arrivava alla Victoria Station di Londra, ma in ritardo per il traghetto verso Man. Con le moto in deposito in stazione i meccanici cercavano un hotel per la notte, spesso passata allĄŻaddiaccio. Il pomeriggio successivo, con un furgone di un amico-tifoso che non mancava mai, o a noleggio, moto e materiali venivano trasportati alla Euston Station e poi in treno per Heysham o Liverpool. Quindi di nuovo lĄŻimbarco con le solite questioni per la sistemazione del tutto nella stiva. Dopo una notte spesso tempestosa, il mattino seguente lĄŻarrivo nellĄŻisola con i meccanici stravolti, a portare a piedi i bolidi pronti aĄ rombare. Ą°Piloti, che gente!Ąą, diceva il Drake di Maranello. Vale anche per i meccanici. Di ieri e di oggi.
? RIPRODUZIONE RISERVATA