Adamo e il titolo MX2: "Quanta pressione! Voto? Mi do un 9. Cairoli in Ducati una sorpresa"

Non inganni l'aria timida: quando è in sella alla sua Ktm, Andrea Adamo si trasforma in un pilota tanto veloce quanto concreto. Con queste qualità, l'italiano si è laureato campione del mondo in MX2 al termine di una stagione sorprendente. Era da 16 anni che l'Italia non trionfava nella categoria cadetta del Motocross: l'ultima volta in pista c'era Antonio Cairoli, il team manager con cui Adamo è diventato campione. Due i GP vinti, quattro le manche conquistate nel 2023: numeri ancora migliorabili secondo Andrea, che, come raccontato nell'intervista concessa, guarda già alla prossima stagione con grande fiducia.

Andrea, a distanza di oltre due mesi è rimasto intatto il ricordo del Mondiale o è sfumato leggermente col calo dell’adrenalina?

“No, penso che sia sempre uguale. ? stato un sogno che ho avuto fin da bambino. Quando ci penso, le emozioni e i ricordi sono gli stessi”.

Nella sua tabella di crescita si aspettava di vincere così presto il primo Mondiale?

“Sicuramente è arrivato molto in fretta. Solo un anno fa ero in un team privato. Avevo finito ottavo il Mondiale. Sembra quasi che abbia saltato un paio di step per arrivarci, ma sono contento di aver centrato questo titolo. Spero sia solo il primo di una lunga serie”.

Faceva riferimento passaggio da un team privato a una squadra ufficiale: com’è stato gestito? In quali aspetti è stato aiutato da Ktm?

“Non penso che il mio team abbia bisogno di tante presentazioni. ? uno dei più forti in circolazione. L’anno scorso, quando ho firmato per loro, ero super contento. La squadra mi ha aiutato in tutto, fornendomi un supporto factory che è completamente diverso da una formazione privata. Cambia davvero tanto. Mi hanno aiutato in tutto e per tutto, supportandomi nei tanti momenti positivi e nelle poche situazioni complicate, che in un anno possono capitare. Abbiamo sempre gestito la situazione al meglio”.

Mi ricollego all’ultima parte del discorso: qual è stato il momento più difficile e quale l’apice della stagione?

“Il momento più complicato si è verificato a quattro GP dal termine. Ho avuto due gare in cui ho faticato tanto, facevo diversi errori. Quasi in ogni manche commettevo errori banali che mi costavano tanti punti. L’apice è arrivato dopo Lommel. In Belgio ho avuto una seconda manche negativa. Nel GP seguente, in Finlandia, ho fatto doppietta. Ero reduce da un weekend negativo. Ho ribaltato la situazione tornando a casa con un primo-primo. Quello è stato l’apice e la svolta della mia stagione. Quando sono arrivato in Finlandia, avevo una decina di punti di vantaggio. Dopo il fine settimana finlandese ne avevo guadagnati 50. Il secondo in classifica si era infortunato e io sono riuscito a far bottino pieno. Lì ho iniziato a realizzare che, se tutto fosse filato per il verso giusto, avrei potuto conquistare il titolo”.

Quest’anno sono stati introdotti i punti nella manche di qualifica. Quanto ha inciso nella preparazione di un GP? Che voto si assegna guardando le varie fasi dei weekend?

“La novità della qualifica è stata molto importante. Prima c’era sì una gara, ma più breve di 10 minuti e con la possibilità di guadagnare un cancelletto di partenza migliore. Quest’anno, invece, ci sono in palio punti. Il punteggio è dimezzato rispetto alle manche, ma, complessivamente, tenendo conto che il vincitore ne guadagna 10, sono circa 200 punti conquistabili in un campionato. Sono tanti. Diciamo che, nel complesso del weekend, mi do un 8,5 o 9 perché non sono fortissimo nelle prove libere o nel giro secco, ma sono bravo quando si parla di gara. Lì riesco sempre a metterci una pezza. Spesso vado molto forte, salendo sul podio. ? sicuramente un aspetto positivo”.

Voto molto alto e non facilmente migliorabile. Cosa manca per l’eccellenza?

“Per arrivare al 10 ci sono piccoli dettagli come essere più veloce nel giro secco. Può darmi una mano. Nella manche di qualifica avrei un cancelletto migliore. L’altro aspetto sono le partenze”.

Lei è sempre stato molto legato ad Antonio Cairoli, suo ex team manager ora passato in Ducati. Come valuta questo addio?

“Quando ho iniziato a sentire le prime voci di mercato, ero un po’ incredulo. Poi ne ho parlato con Antonio chiedendogli: ‘Che succede? Sento queste cose, ma mi sembra strano crederci’. Lui non mi ha confermato, ma mi ha fatto capire che ci potesse essere del vero. Mi è dispiaciuto perché nell’ultimo anno ho creato un rapporto davvero bello con lui. Penso sia qualcosa che va oltre il lavoro. Non credo però che comprometta l’andamento del 2024. Ho lavorato per tanto tempo anche con Joel Smets in Belgio. Antonio era un valore aggiunto di cui ora non possiamo più godere. Ma il team è forte”.

Quali sono gli insegnamenti principali appresi lavorando con Cairoli?

“Diciamo che non mi ha insegnato come fare una curva o una cosa in particolare. Non ha insegnato tante cose in moto. Non è stata semplice la mia stagione. C’è stato un momento in cui ero davvero sotto stress perché, quando ho iniziato a capire di poter vincere il Mondiale, mi sono sentito molto teso. A inizio campionato ero molto rilassato. Invece poi ho iniziato a pensare. Antonio mi ha insegnato a restare calmo, a essere tranquillo. Mi ha aiutato più sul lato emotivo che tecnico”.