Il 22 luglio 1909 nasceva Dorino Serafini, campione del motociclismo e dell¡¯automobilismo dei giorni del coraggio. L¡¯asso pesarese ¨¨ morto il 5 luglio 2000
Scampato pi¨´ volte alla sciabola della signora in nero, sia nelle corse di moto che di auto, Dorino Serafini amava ricordare che lui doveva tutto al motociclismo e all¡¯automobilismo perch¨¦ per 22 anni era stato: ¡°felice di aver corso dietro a un sogno¡±.
Sono passati 111 anni da quando Dorino Serafini nasceva nella frazione pesarese di San Pietro in Calibano e 20 anni da quel 5 luglio 2000 quando l¡¯ex campione, 91enne, se ne andava da questa vita a modo suo, con discrezione, senza far rumore, cos¨¬ come aveva promesso: ¡°Il rombo dei motori da corsa me lo porto con me, lass¨´. Mi terr¨¤ compagnia¡±.
Serafini ¨C con Nuvolari, Varzi, Tenni, Tonino Benelli, Woods, Meyer e i grandi centauri che segnarono l¡¯epopea dei giorni del coraggio ¨C fra le due guerre mondiali era stato fra i protagonisti di sfide memorabili in un motociclismo che accendeva passioni e mieteva vittime in pista creando eroi e, dopo il 1945 (quando Serafini in auto si misur¨° con Fangio, Marzotto, Villoresi, Alberto Ascari, Taruffi, i Marzotto, Chiron, Trintignant, ancora Nuvolari ecc.) riaccendeva lumi e speranze in una Italia e in una Europa devastate. ¡°In corsa ¨C ragionava a bassa voce Serafini gesticolando come un direttore d¡¯orchestra ¨C non hai lo schioppo ma sei come in trincea, tu e gli altri, molto vicini, a contatto. Uno solo va sul gradino pi¨´ alto del podio. L¡¯applauso ¨¨ per tutti, pi¨´ forte per chi ha combattuto di pi¨´ e meglio¡±.
E Dorino, in oltre vent¡¯anni di carriera sulle due e sulle quattro ruote, ne aveva ricevuti di applausi, ovunque in Italia e nel mondo, per le tante vittorie e anche per le tante vittorie buttate via specie per quel suo modo di correre: tutto cuore, manetta aperta. ¡°Per correre ci vuole passione, poi la passione devi coltivarla¡±. Gi¨¤. L¡¯arte di correre in motocicletta diceva Mike Hailwood a mo¡¯ di sentenza. La grande Guerra del 1914-18 era stata guerra mondiale ma al motociclismo mancava ancora dopo, per oltre 30 anni (il Motomondiale inizia nel 1949), la prospettiva cosmopolita tant¡¯¨¨ che il suo massimo titolo era definito europeo, quello appunto vinto nel 1939 da Serafini nella 500. Una beffa? No, nella logica dove tutto va contestualizzato. S¨¬, se ¨C come anche in questo caso ¨C c¡¯¨¨ stata per lo pi¨´ l¡¯aridit¨¤ delle superfici cronacali degli albi d¡¯oro, quasi confinando quel titolo di campione d¡¯Europa nelle brevi, perdendosi nel tempo la gloria della memoria che spetta a Dorino Serafini e agli assi come lui. L¡¯impresa c¡¯¨¨ stata. ? mancato il racconto. Appellarsi alla mancanza dei mezzi tecnici (tv) ¨¨ un alibi. Trattasi di taglio culturale, ieri come oggi.
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Dorino Serafini, un atleta completo
¡ª ?Comunque, Serafini resta Serafini. Per l¡¯anagrafe era Teodoro, ma per tutti e su tutti i circuiti era Dorino, un metro e 73 cm per 77 kg, un vero atleta, un fuoriclasse dell¡¯epoca dei miti e degli eroi che ¨C va detto e ridetto ¨C solo la Seconda guerra mondiale, con i suoi sette anni di stop forzato, tarp¨° le ali. Immenso nel motociclismo dove gareggi¨° sempre da pilota ufficiale dal 1928 al 1940 (con la Benelli 175 dal ¡¯28 al ¡¯32; con la MM 175 nel ¡¯33 e nel ¡¯34; con la Bianchi 350 dal ¡¯35 al ¡¯37; con la Gilera 500 dal ¡¯38 al ¡¯40 dove ¨C appunto ¨C nel 1939 sulla 500 quattro cilindri col compressore di Arcore sbaragli¨° gli squadroni di Bmw (con il campionissimo Georg Meyer), Norton, Ajs, Velocette, conquistando il titolo di campione d¡¯Europa della massima categoria con i complimenti di Tazio Nuvolari e di Enzo Ferrari e con una memorabile festa a Pesaro, citt¨¤ dove Dorino era nato il 22 luglio 1909.
Dorino Serafini: l¡¯esperienza con le quattro ruote
¡ª ?Fu un gran bel corridore anche nell¡¯automobilismo, dove inizi¨° tardi, nel 1946. E dove, dopo le esperienze positive con Cisitalia, Maserati e Osca, fu ingaggiato dalla Scuderia Ferrari (in squadra con Alberto Ascari e Gigi Villoresi) per il biennio 1950-51. Poche vittorie, molti piazzamenti (memorabili il secondo posto nella Mille Miglia del 1950 e i podi nel Grand Prix in Europa e in Sud America, la gara dedicata ad Evita Peron), tanta sfortuna, a cominciare dal Grand Prix de Comminges del 1947, quando oramai certo della vittoria sulla sua Maserati 4CL fu vittima di un pauroso incidente per la rottura dello sterzo. Mesi d¡¯ospedale e rientro alle corse in F2 a fine 1948, poi nel ¡¯50 in Ferrari, due secondi in F1 in round non ¡°mondiali¡±, a San Remo e a Monza puntando alla riscossa nel ¡¯51. Purtroppo, durante la Mille Miglia del 1951, nei pressi di Martinsicuro in Abruzzo, il cambio della sua Ferrari si blocc¨° a oltre 200 km/h innescando un gravissimo incidente (¡°mi sono rotto tutto¡±, diceva lui rimasto da allora claudicante) e mettendo fine alla carriera iniziata un quarto di secolo prima con le moto.
Dorino Serafini: le corse, i record, gli aneddoti
¡ª ?Torniamo al motociclismo, dove Serafini ¨¨ stato davvero grande fra i grandi di tutti i tempi, tra i dominatori assoluti dal 1930 al 1940. Quarantasei gare titolate vinte sui circuiti pi¨´ famosi del tempo: il Tourist Trophy dell¡¯Isola di Man, il circuito del Lario, il Nurburgring, Monza, Tripoli, dominando le gran fondo, la Milano Taranto, il Giro d¡¯Italia, numerosi titoli italiani, che allora, contavano! Combatt¨¦, pi¨´ volte battendoli, con i piloti diventati leggenda: Tazio Nuvolari, Omobono Tenni, Achille Varzi, Stanley Woods, Meyer, Aldrighetti, Bandini, Sandri, solo per citarne alcuni. Il titolo europeo gli frutt¨°¡ centomila lire, con cui pag¨° una casetta per i genitori, al mare a Pesaro. Dorino ha seguito il motomondiale fino all¡¯ultimo. Diceva, senza peli sulla lingua: ¡°Questo non ¨¨ pi¨´ sport. Girano miliardi. Non so proprio come un pilota possa andare forte con tutti quei soldi in tasca!¡±. Lui forte andava davvero, temerario, meticoloso, tecnico, inventava il sorpasso del trionfo. In pista non temeva nessuno ma butt¨° via la vittoria per soccorrere Tenni piombato in un dirupo. Tante le imprese. Fu il primo a infrangere la barriera delle cento miglia orarie al TT con il giro veloce a 162,380 km/h di media con la Gilera 500 Rondine (¡°Era una poesia, quella moto¡±, ripeteva Dorino), un¡¯opera d¡¯arte di ingegneria meccanica col suo 4 cilindri con distribuzione a doppio albero a camme, con raffinatezze tecniche quali il compressore volumetrico, le bielle e l¡¯albero motore montate su cuscinetti a rulli e i cilindri inclinati in avanti di 30¡ã, una potenza di 90 Cv a 9.000 giri, un bestione di 230 kg da 260 km/h che nel 1939, con una versione speciale a carenatura integrale, ha battuto il record assoluto di velocit¨¤ a oltre 274 km/h. Non solo: fa il record ad oltre 170 km/h di media da Milano a Bologna sulla via Emilia (di notte e senza¡ illuminazione); trionfa al TT inglese dopo un volo a 200 km/h, con immersione in un fosso laterale colmo d¡¯acqua, perdita di sensi, risveglio, filo del gas in mano per la rottura della manopola, di nuovo in pista sanguinante, rincorsa e vittoria. A Monza ¨¨ costretto a farsi superare dalle Guzzi (la sua Benelli ¨¨ priva di¡ ammortizzatori posteriori!), tenta l¡¯impossibile alla Parabolica e piomba sulla ringhiera che taglia per decine di metri come una lametta: tre mesi d¡¯ospedale. Tanti gli aneddoti. Durante la guerra, un commando tedesco fa irruzione a casa sua, ma i militari si mettono tutti sull¡¯attenti: sulla parete c¡¯¨¨ un ritratto di Serafini che saluta a¡ ¡°braccia tese¡± dopo la vittoria del GP di Germania al Nurburgring del 1939.
Benito Mussolini l¡¯aveva pi¨´ volte premiato e, cos¨¬ come Enzo Ferrari, lo voleva spesso a pranzo. La politica non c¡¯entrava. Chi scrive queste note ha avuto il grande piacere di conversare pi¨´ volte con Dorino: un vero ¡°signore¡±, che metteva tutti a proprio agio rispettando chiunque, come in corsa rispettava gli avversari e¡ il suo motore, centauro sempreverde che ultraottantenne girava a Pesaro in motorino e si fermava ad osservare le maximoto dicendo che per lui la moto era la sua ¡°amante¡± e correre era come ¡°fare l¡¯amore¡±. E, dopo due dita di Sangiovese, col mezzo sorriso, si congedava: ¡°Le corse mi hanno lasciato molte fratture, molta gloria, pochissimi soldi. Ma senza le corse non avrei saputo vivere¡±.
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