Il dottor Gabriele Rosa, il tecnico pi¨´ vincente di sempre quando si parla di atletica, ha raccontato la nascita e lo sviluppo del progetto maratona in Kenya
Alle origini della maratona in Kenya c¡¯¨¨ l¡¯avventura di un italiano negli anni Novanta. Il dottor Gabriele Rosa, il tecnico pi¨´ vincente di sempre quando si parla di atletica, ¨¨ stato uno dei primi a credere nelle potenzialit¨¤ della corsa come strumento di sviluppo. Con lui, tanti atleti hanno scoperto un modo nuovo per costruire un¡¯impresa sportiva: la pianificazione scientifica degli allenamenti attraverso i training camp. "Era un progetto a cui stavo ragionando decenni fa, prese forma quasi per caso".
la storia
¡ª ?Antefatto: "Moises Tanui venne per un infortunio al Marathon, il mio centro, e mi chiese di allenarlo. Si ferm¨° a Brescia con Yobes Ondieki, per fare un paio di mesi di preparazione. A un certo punto mi propose di andare in Kenya per lavorare con lui e dargli assistenza tecnica". Risposta? "Allettante. Dissi di s¨¬, a una condizione. Lanciare nel loro Paese il progetto maratona, promuoverla come veicolo di crescita personale e sportiva". Con una duplice motivazione: "Al tempo c¡¯erano pochi maratoneti veri e il Kenya aveva potenziale. Tanti atleti facevano cross e corsa, ma non tutti potevano andare all¡¯estero per il numero limitato di partecipanti alle gare. C¡¯era dunque una possibilit¨¤ ridotta di diventare atleti internazionali, mentre si affermava la maratona. Un fenomeno sociale¡".
i training camp
¡ª ?Alle radici del progetto maratona diffuso dal dottor Rosa in Kenya c¡¯¨¨ la volont¨¤ di sfruttare il potenziale umano e sportivo del Paese: "Chiesi a Tanui come si allenasse. Mi disse: ¡®Dottore, vado tutti i giorni a piedi da casa mia a Eldoret, 17 km avanti e indietro. ? l¡¯unica strada che faccio per prepararmi¡¯. In quel momento, iniziai a far capire l¡¯importanza della pianificazione". Con un¡¯idea diventata una svolta nel modo di concepire la corsa: "Gli presentai un'idea. Provare a riunire un po¡¯ di atleti per fare allenamento, in un posto con le caratteristiche adatte per tenerli insieme. Scegliemmo un¡¯area nella foresta di Kaptagat, riunendo con Tanui una decina di corridori". Il primo training camp della Rosa Associati venne fuori cos¨¬, grazie al progetto "Discovery Kenya".
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punti di svolta
¡ª ?"Funzion¨° e in quel periodo iniziammo ad affermarci nelle maratone, a cominciare da Boston". Grazie alla propulsione dei training camp: "Hanno una logica semplice, obbligano gli atleti a fare una vita da professionisti e a condividere le stesse esperienze. Allenarsi alle 6 del mattino, fare colazione, riposarsi, mangiare e allenarsi di nuovo. Insomma, una routine controllata sotto ogni aspetto". Unita allo scambio di talenti: "Ogni elemento riesce a dare qualcosa di utile all¡¯altro in fase di allenamento. Chi ¨¨ per esempio predisposto per le lunghe distanze, fa da pacemaker nei lunghi, mentre i pi¨´ veloci aiutano nel dare i ritmi durante le prove intervallate". Stimoli diversi e utili per tutti: "Vedendo gli ottimi risultati e le prime vittorie, costruimmo una nostra struttura in quella foresta". Una scelta vincente per il dottor Rosa, ribattezzato in Kenya "Il padre della maratona" grazie a un progetto tecnico ma soprattutto umano: "La corsa ¨¨ un¡¯opportunit¨¤ e nel tempo tante grandi compagnie ci hanno seguito, organizzando cose simili anche in altri Paesi, come Etiopia e Uganda. Oggi abbiamo dato vita a 13 training camp, copriamo quasi tutto il territorio del Paese e in questi vivono circa 200 atleti. La cosa pi¨´ bella ¨¨ vedere come, in 30 anni, la gente del posto si sia affezionata. Ora sono migliaia a interessarsi a questa disciplina".
vantaggi
¡ª ?I training camp sono diventati con gli anni un elemento importante pure per atleti europei: "Anche Farah si ¨¨ allenato in Kenya e non ¨¨ stato l¡¯unico, da l¨¬ sono venuti fuori campioni come Paul Tergat o la stessa Brigid Kosgei. Molti stranieri scelgono questa preparazione per per la logica del gruppo. Nonostante la maratona sia una gara individuale, fa della moltitudine il suo motore e lavorare insieme ¨¨ un gran vantaggio perch¨¦ tutti, anche i pi¨´ giovani e promettenti, devono adeguarsi ai ritmi dei pi¨´ bravi". L¡¯altro fattore importante ¨¨ l¡¯alta quota. "Sono posizionati a vari livelli, fino ai 3000 metri. Si tratta dei pi¨´ impegnativi anche per i percorsi e aiutano a potenziare il motore, anche se stando troppo tempo in altura si pu¨° compromettere la forza muscolare. A quel punto, gli atleti possono essere spostati e continuare a lavorare con profitto, magari scendendo di qualche centinaio di metri".
successi
¡ª ?Di solito, gli atleti che arrivano dall¡¯estero lavorano anche per un mese in un training camp e hanno poi bisogno di circa tre settimane per smaltire i carichi. "Discorso diverso per gli africani, che sono pronti a gareggiare gi¨¤ dopo 4-5 giorni". Il potenziamento ¨¨ una sorta di catena. "Si pu¨° spiegare con un esempio a me molto caro, quello del maratoneta svizzero Viktor R?thlin. Inizi¨° dicendo di voler dedicare un anno alla maratona, prima di decidere cosa fare della sua carriera sportiva. Nei primi allenamenti era sempre ultimo, poi ha cominciato a stare in mezzo al gruppo. Nel 2007 ¨¨ arrivato terzo ai Mondiali di Osaka e nel 2010 ha vinto l¡¯oro agli Europei di Barcellona". Solo alcuni dei tanti successi raggiunti dagli atleti seguiti dal dottor Rosa, per i quali si contano fin qui 21 ori mondiali, 19 medaglie olimpiche (4 ori, 8 argenti, 7 bronzi), 30 ori ai Mondiali Juniores e 15 medaglie d¡¯oro ai Campionati del Mondo Under 18. Una storia di vittorie, destinata a continuare.
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