Ci piacerebbe tanto che Alex potesse provare a qualificarsi per Parigi 2024. Che potesse tornare a sentirsi atleta, con una canottiera e un paio di scarpe da gara per marciare sotto gli occhi di Sandro Donati
Le ingiustizie, o almeno quelle che ci appaiono tali, non hanno una data di scadenza e bussano ripetutamente alla porta della nostra coscienza. ? la riflessione che abbiamo fatto rivedendo la docu-serie di Netflix "Il caso Alex Schwazer" e dopo aver letto i servizi di Valerio Piccioni, di Franco Arturi e l¡¯intervista al presidente del Coni Giovanni Malag¨°. La vicenda ¨¨ nota a tutti: Schwazer ¨¨ stato trovato positivo per una dose infinitesimale di testosterone sintetico a un controllo a sorpresa del primo gennaio 2016, mentre preparava un clamoroso ritorno ai Giochi di Rio. S¨¬, Alex ¨¨ l¡¯olimpionico della 50 chilometri di marcia di Pechino 2008, l¡¯altoatesino che venne poi fermato prima di Londra 2012 per la positivit¨¤ all¡¯epo, che confess¨° tra le lacrime. ? lo stesso che aveva poi deciso di rientrare soltanto in tandem con Sandro Donati, il pi¨´ determinato e acerrimo sostenitore della lotta al doping. Uno che per la sua intransigenza ha pagato fino a essere emarginato da un mondo fin troppo autoreferenziale. Quel percorso di redenzione era cos¨¬ scomodo, quanto poetico, da risultare indigesto a troppa gente. Inaccettabile per una certa parte delle istituzioni. E infatti quel treno dei desideri ¨¨ stato fatto deragliare a un passo dalla stazione.?
Anomalie e nuove squalifiche
¡ª ?Schwazer and¨° a Rio, a sue spese, per sentirsi dire alla vigilia dei Giochi che non poteva partecipare a quella che sentiva come la 'sua' gara. Non vollero vedere gli errori di percorso e le anomalie di un controllo e di un annuncio della positivit¨¤ senza precedenti. Alex Schwazer venne condannato dal Tas, che accolse tutte le richieste della federatletica internazionale, a 8 anni. Una squalifica che si concluder¨¤ il 7 luglio del 2024, a pochi giorni dai Giochi di Parigi, rendendo comunque impossibile un¡¯eventuale qualificazione olimpica. Ma in questi sette anni qualcosa ¨¨ successo. Tra tante porte sbattute in faccia, tra tanto accanimento (come ha ben sottolineato Malag¨°) c¡¯¨¨ stato quel raggio di luce dell¡¯inchiesta penale di Bolzano. Il giudice Walter Pelino, che avrebbe potuto chiedere il rinvio a giudizio (in Italia il doping ¨¨ reato penale) ha scritto nero su bianco nella sua ordinanza di archiviazione che ¨¨ stato "Accertato con alto grado di credibilit¨¤ razionale che i campioni d¡¯urina prelevati ad Alex Schwazer il primo gennaio 2016 siano stati alterati allo scopo di farli risultare positivi e, dunque, di ottenere la squalifica e il discredito dell¡¯atleta come pure del suo allenatore, Sandro Donati...".
la beffa definitiva
¡ª ?Il Tas e il tribunale federale svizzero non hanno colto la portata dell¡¯indagine italiana e hanno confermato il giudizio del processo sportivo. Ora rimane aperto il fronte della Corte europea dei diritti dell¡¯uomo. Ma il tribunale di Strasburgo ha tempi biblici e quando prender¨¤ la decisione, la squalifica di Alex sar¨¤ scontata fino all¡¯ultimo giorno. Ora non crediamo, sinceramente, che Schwazer possa tornare, a 38 anni, per fare il tempo di qualificazione e possa addirittura rivincere i Giochi (a Parigi, tra l¡¯altro ci sar¨¤ soltanto la 20 km). Ma lui magari s¨¬... E l¡¯intera vicenda ci lascia dentro un sapore amaro, perch¨¦ l¡¯ingiustizia, cos¨¬ la percepiamo, non ha una data di scadenza. E ci piacerebbe tanto, questo s¨¬, che Alex potesse almeno provarci. Che potesse tornare a sentirsi atleta, con una canottiera e un paio di scarpe da gara per marciare sotto gli occhi di Sandro Donati (uno dei pochi che non l¡¯ha mai abbandonato) con cronometro in mano che gli urla qualche consiglio. Solo questo. E non sarebbe poco.?
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