Tormento. “S¨¬, ¨¨ la parola giusta”. Siamo nell’ufficio del presidente del Coni che affronta per l’ennesima volta il caso Alex Schwazer. D’altronde si era capito bene anche nelle scene della docu-serie di Netflix, durante i suoi interventi, quasi che il Giovanni Malag¨° dirigente si fosse dato appuntamento con il Giovanni Malag¨° uomo o semplice appassionato in un solo sguardo.
Uno sguardo fatto di perplessit¨¤, di punti interrogativi e di dubbi che i quasi sette anni che ci separano da quella famosa condanna del Tas di Rio non sono riusciti a cancellare.
L'INTERVISTA
Malag¨°: "Su Schwazer c’¨¨ accanimento. Perch¨¦ negargli un sogno meraviglioso?"
Il presidente del Coni interviene sulla squalifica del marciatore e l’obiettivo di Parigi 2024: “Capisco Alex che vuole rimanere aggrappato allo sport. ? una storia unica”
Presidente, da dove cominciamo?
“Io non sono nessuno per giudicare, in questo ruolo non mi ci sono mai messo nella mia vita, neanche con le mie figlie. Per¨° sempre, nella mia esistenza, ho pensato di avere il diritto di esprimere un’opinione. Questo ¨¨ un tratto del mio carattere, della mia personalit¨¤.
Insomma, so essere molto diplomatico ma anche estremamente diretto”.
E questa sua duplicit¨¤ che cosa le fa dire?
“Partiamo da una considerazione. La maggioranza delle persone fanno fatica a dire di Schwazer: ¨¨ sicuramente innocente o ¨¨ sicuramente colpevole. Questo la stragrandissima maggioranza”.
Dove nasce il suo tormento?
“La premessa ¨¨ che c’¨¨ una sentenza di colpevolezza. Dopodich¨¦ ci sono alcuni aspetti oggettivi che onestamente fanno molto riflettere. Il primo ¨¨ la stranezza, la atipicit¨¤, la curiosa coincidenza, del fatto che subito dopo una certa presa di posizione di Alex (la testimonianza processuale a Bolzano, ndr) si ¨¨ deciso di fare un’azione che sarebbe avvenuta ben due settimane dopo”.
Il controllo antidoping del primo gennaio?
“Esatto. Generalmente se si vuole fare un controllo a sorpresa non ¨¨ che si programmi con tutto questo anticipo, viene meno il concetto della sorpresa. Probabilmente ci sar¨¤ una spiegazione, ma ¨¨ comunque un motivo di riflessione.
Ma ce ne sono altri”.
Quali?
“Uno sta in una domanda che mi faccio: perch¨¦ non si prevede una terza provetta a garanzia dell’atleta che si custodisce in un luogo dove non c’¨¨ neanche il minimo rischio di un conflitto di interesse? Depositandola presso un laboratorio che non fa parte del nostro mondo ma che presenta le massime tutele per chi controlla e per chi ¨¨ controllato”.
Poi c’¨¨ la dinamica processuale che ha fatto molto discutere.
“Nessuna polemica, tormento s¨¬ ma nessuna polemica. Non ho nessun livore, nessun pregiudizio, non esprimo delle opinioni per partito preso. Ma per quale motivo ti riduci a giudicarlo a poche ore da quella che era la sua competizione, e lo porti come se fosse un reietto a Rio de Janeiro? Tu trova il modo di farlo almeno la settimana prima, cos¨¬ eviti questa umiliazione e questa mortificazione, non solo all’atleta ma alla dignit¨¤ della persona. Questi elementi mi fanno pensare che a prescindere dalla sua colpevolezza, lui sia entrato nel raggio di azione di qualcuno. Non spetta a me stabilire chi sia questo qualcuno”.
Possiamo definirlo accanimento?
“Questo sicuro. Io nel merito non mi sento di dire nulla sulle sentenze, per¨° ripeto, ho una mia opinione e penso di poterla esprimere”.
C’¨¨ anche questo aspetto della scadenza della squalifica, Schwazer ha 39 anni.
“Ho letto che si allena 6 giorni su 7”.
Al di l¨¤ di qualcosa che sembra al limite dell’impossibile, averlo squalificato fino al 7 luglio, sette giorni dopo la scadenza per conseguire il minimo per i Giochi di Parigi, ¨¨ una scelta particolare perch¨¦ lo spostamento dei tempi non dipese dall’atleta.
“Ci avevo pensato in effetti. ? un quarto elemento di riflessione. Visto che non gli hai dato nessun credito, mettilo in condizione di avere ancora una possibilit¨¤ che non gli precluda una cosa che sarebbe folle ma anche meravigliosa”.
Lei ha parlato di...
“Aspettate un attimo”.
Prego.
“Vi devo dire una cosa. Io di Sandro Donati mi fido ciecamente. ? vero che nella mia vita ho messo le mani per alcune persone per le quali me le sarei bruciate. Mi fido di Schwazer? Dico di no, lui ha peccato facendo una cosa che nello sport per me ¨¨ inaccettabile. Ma mi fido al 100% di Donati che aveva accettato quella sfida con tutti i presupposti di credibilit¨¤ e di pulizia. ? vero che succede qualche volta nella vita qualcosa di insospettabile, imprevisto, illogico, per¨° mi devi spiegare un solo motivo per fare quella roba l’ultimo giorno dell’anno, sapendo che c’¨¨ stato un controllo prima e uno dopo, che la prima gara ¨¨ distante mesi. Per¨° non tutti ragioniamo allo stesso modo”.
Questa storia riporta a galla l’eterno dilemma dei controllori controllati. All’inizio del suo mandato lei ha vissuto questo dibattito, anche aspro, non a caso scegliendo di distanziarsi totalmente da Nado Italia, la struttura che governa l’antidoping da noi.
“Penso di poter dire che l’Italia ¨¨ portata in palmo di mano con il suo sistema”.
A livello internazionale, per¨° c’e qualcosa che non convince. Corte Europea a parte, la parola tombale su una vicenda la danno i giudici di un solo Paese: la Svizzera, con il suo Tribunale federale, unico organismo a cui ci si pu¨° appellare dopo il Tas. Ma per arrivare a questi giudici devi avere soldi a sufficienza, un atleta di minore popolarit¨¤ non lo trova un avvocato per un ricorso di poche migliaia di euro.
“Due ordini di riflessione. Il Paese: non mi viene in mente un contesto di luogo meno criticabile della Svizzera. Diverso ¨¨ il problema delle modalit¨¤ dei ricorsi: ci sono atleti che ci scrivono: siamo stati condannati, siamo disperati, parlano di costi, tempi, incertezze. La giustizia sportiva ¨¨ sempre in continua evoluzione. Per¨° quale alternativa, cosa si propone al posto del Tas? Prima nemmeno c’era il Tas, era ancora peggio. Mi sembra che la credibilit¨¤ di questo organismo sia molto alta, poi ogni tanto escono delle sentenze che lasciano perplessi”.
E che sono smentiti da altri giudici: Semenya a Strasburgo.
“Certo. Ma poi vedremo quale sar¨¤ la declinazione pratica di quella sentenza”.
Questa storia ¨¨ probabilmente chiusa sul piano dei possibili riflessi sportivi, ma Schwazer ha confessato l’idea di un momento di ritorno, un fuoco dentro a cui non riesce a dire di no. Come vede questo bisogno?
“Che lui sia particolare, diverso dagli altri, ¨¨ indubbio. Questa serenit¨¤ d’animo data dalla crescita della sua famiglia ¨¨ anche molto bella. Il bisogno? Quasi una sentimentale “patologia” nel rimanere aggrappato in questo modo, succede nello sport, normalmente per¨° non capita ai campioni olimpici…Pi¨´ una questione da psicologi che da dirigenti sportivi, ma ¨¨ una cosa che non fa male a nessuno e anzi fa bene, anche a lui stesso”.
Dentro questa storia c’¨¨ ossessione, sentimento, romanzo.
“C’¨¨ tutto: apoteosi, truffa, resurrezione, dramma, thriller. Una storia incredibile. Probabilmente unica al mondo”.
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