La proposta dell'Unione Europea di fermare le auto con motore termico entro il 2035 rischia di avere conseguenze pesanti sulla filiera dell'automotive. Ma i motori tradizionali sono realmente la causa del surriscaldamento globale? E quali sarebbero le conseguenze della svolta "green" sull'occupazione?
La recente proposta della Commissione Europea di vietare entro il 2035 i motori a combustione interna ha avuto l¡¯effetto di uno zolfanello acceso gettato in una polveriera. Una proposta di scarsi contenuti ma chiara negli obiettivi, certamente di forte impatto mediatico, con il sapore di una provocazione per richiamare l¡¯opinione pubblica distratta e scuotere il settore e aprire un confronto a 360¡ã su una questione attualissima quanto complessa e piena di contraccolpi. Spetter¨¤ poi al Parlamento europeo discutere, modificare e approvare o no tale proposta nell¡¯ambito del Green Deal europeo (obiettivo: Europa primo continente a impatto climatico zero entro il 2050) attraverso un confronto di merito in ogni Nazione della UE fra le forze politiche e sociali.
Questione di "peso"
¡ª ?Bene, specie se si vuol richiamare l¡¯attenzione su un tema centrale e prendere il toro per le corna anche se in questo caso serve realismo, rimanere ancorati con i piedi per terra mettendo sulla bilancia tutti i parametri a cominciare dal ¡°peso¡± dell¡¯Europa nel mondo che, con i suoi 27 paesi, conta 446 milioni di abitanti (gli italiani sono 60 milioni) rispetto a quasi un miliardo e mezzo della Cina, a un miliardo e 400 milioni dell¡¯India, ai 329 milioni degli Usa, ai 146 milioni della Russia, ai 127 milioni del Giappone. Pensare in meno di un quindicennio di dare l¡¯alt ¡°per decreto¡± a tutti i motori termici, che dalla fine del 1800 hanno rivoluzionato il trasporto cambiando come mai prima la vita sulla Terra rischia di essere, oltre che velleitario, ¨¨ inutile rispetto all¡¯obiettivo di ridurre l¡¯anidride carbonica e di fermare il riscaldamento globale del pianeta di cui ¨¨ principalmente responsabile l¡¯attivit¨¤ umana. Nella proposta della Commissione Europea si fa riferimento alle ¡°autovetture¡± (e i camion e tutti gli altri mezzi di trasporto?) non nominando le moto, gli scooter, i ciclomotori. Dimenticanza? O, come pi¨´ probabile, si intendono le moto ¡°insignificanti¡± o semplicemente mezzi di trasporto ¡°sussidiari¡± sapendo che poi seguiranno (dovranno seguire) la stessa fine delle quattro ruote con motore a combustione interna?
La questione moto
¡ª ?La stessa proposta prevede che dal 2035 sar¨¤ vietata in Europa la produzione di motori termici, non la circolazione dei veicoli fabbricati prima. Comunque, la mazzata finale arriverebbe nel 2040 quando sar¨¤ (sarebbe) tutto elettrico con il divieto di vendere veicoli a benzina o diesel, con le moto (non nominate) che seguiranno, come l¡¯intendenza. Come gi¨¤ detto, la questione ¨¨ pi¨´ generale, e nello specifico riguarda l¡¯intera filiera energetica. Per la motocicletta, in particolare per tutte le aziende del settore, si apre una sfida non priva di rischi tenendo conto della particolarit¨¤ del mezzo, del mercato, dell¡¯utente che per lo pi¨´ acquista la moto non solo come mezzo di trasporto ma come strumento e simbolo di passione.
Da dove viene l'inquinamento: i numeri
¡ª ?In quale contesto mondiale arriva la proposta Ue? Ci sono varie stime su quanto i diversi settori delle attivit¨¤ umane contribuiscono alle emissioni globali di gas serra. Secondo l¡¯Ipcc, il principale organismo internazionale per la valutazione dei cambiamenti climatici, il 25% deriva dalla produzione di elettricit¨¤ e calore, dalla combustione di carbone, gas naturali o petrolio; il 24% dall¡¯agricoltura, dall¡¯allevamento e dalla deforestazione; il 21% dall¡¯industria; il 6% dal consumo dei combustibili fossili per uso residenziale e commerciale; il 10% da altre attivit¨¤. E i trasporti? Incidono complessivamente per il 14% mentre negli Usa incidono oltre il doppio (29%), di cui il 59% riguarda auto, furgoni, piccoli camion, il 23% camion di medie e grandi dimensioni, il 9% dagli aerei, il 3% da barche e navi, il 2% dai treni, il 4% da altri mezzi di trasporto fra cui moto e scooter che, dunque (non solo in America) hanno in questo caso un incidenza minima nel contesto generale.
Una decisione affrettata
¡ª ?La prima domanda ¨¨ questa: come mettere mano a una questione di portata globale se ancora a livello internazionale non c¡¯¨¨ chiarezza neppure sui numeri, su quanto incidono paese per paese sulla formazione dell¡¯anidride carbonica e sull¡¯effetto serra i vari settori dell¡¯attivit¨¤ umana? Sull¡¯obiettivo di ridurre la CO2 in tempi rapidi non si pu¨° che essere tutti d¡¯accordo. Ma con la logica dell¡¯ideologia e della demagogia, con la cultura dei divieti e delle restrizioni, con la politica delle promesse, non si fanno passi avanti. Mentre la Commissione Ue vuol mettere sbrigativamente al bando i motori a combustione interna con danni enormi per l¡¯articolato settore dell¡¯automobile, del trasporto e della motocicletta. Al contempo, de facto, con la ripresa economica post pandemia ci sar¨¤ nel mondo un nuovo record di emissioni di C02 sin dal 2023 anche perch¨¦ solo il 2% dei finanziamenti per la ripresa post Covid 19 viene speso a livello internazionale per l¡¯energia pulita. La CO2 ¨¨ una questione che riguarda tutto il pianeta (dal 2000 anno di ingresso della Cina nel Wto, le emissioni pro-capite sono aumentate da 4,1 a 4,9 tonnellate: mentre in Europa e Usa calavano di un quarto, da 8,5 a 6,5 e da 21 a 15,5, in Cina esplodevano del 170%, da 3 a 8 tonnellate!) e se anche la proposta della Commissione Europea di chiudere entro 15 anni l¡¯epopea del motore termico fosse fattibile sarebbe una vittoria di Pirro.
La necessit¨¤ di un movimento globale
¡ª ?Certo che bisogna procedere decisi, ma con realismo, per ridurre le emissioni di CO2 partendo dal fatto che le emissioni delle auto in Europa sono oggi l¡¯1% delle emissioni globali: che sarebbe quindi come cercare di svuotare il mare con un bicchiere. L¡¯intero settore dei trasporti ¨C nella sua articolazione ¨C ¨¨ comunque responsabile di oltre il 25% delle emissioni totali di CO2 in Europa, di cui oltre il 70% viene prodotto dal solo trasporto stradale. Il nodo centrale ¨¨ il riscaldamento globale del pianeta che non pu¨° essere affrontato arroccandosi ideologicamente con mosse localistiche o settoriali. Da Bruxelles si vuole tirare diritto, senza allungare i tempi e senza mediazioni: ¡°Emissioni zero significa emissioni zero, se si inventer¨¤ un motore a combustione interna a emissioni zero, bene, ma fin ora non ¨¨ stato inventato¡±. Per raggiungere tale obiettivo la Commissione Europea punta a raddoppiare la percentuale di energia prodotta da fonti rinnovabili da qui al 2030: obiettivi specifici verranno proposti per l¡¯uso delle energie rinnovabili nei trasporti, nel riscaldamento, nel condizionamento dell¡¯aria, nell¡¯edilizia e nell¡¯industria.
Allarmismo ingiustificato sul motore endotermico
¡ª ?Nel quadro della transizione ecologica la mobilit¨¤ automobilistica e motociclistica di serie ¨¨ gi¨¤ in gran movimento ma la rivoluzione annunciata e in via di applicazione del motore elettrico non trova, almeno nell¡¯immediato, una applicazione numericamente significativa e geograficamente globale tale da sostituire, sic et simpliciter, gli attuali propulsori endotermici. Ci¨°, soprattutto, per la bassa potenza e la scarsa autonomia del propulsore elettrico e per il problema della formazione e dello smaltimento delle batterie. Tutti d¡¯accordo per ridurre l¡¯inquinamento, ridurre le emissioni, sviluppare la ricerca, produrre motori elettrici (per il trasporto pubblico, per certi tipi di auto, per scooter, ciclomotori, bici ecc.) per un uso selezionato e mirato. C¡¯¨¨ per¨° un allarmismo-catastrofismo che vede il motore a benzina e il diesel come causa di tutti i mali. Ci sono anche voci autorevoli fuori dal coro. Uno studio del Cnr (Consiglio Nazionale delle Ricerche) va infatti controcorrente invitando a un maggior equilibrio sulle reali emissioni dei motori a benzina e diesel rispetto a quelli elettrici. L¡¯Europa spinge per il motore elettrico ma il Cnr dimostra con dati alla mano che ad esempio il diesel (Euro5 ed Euro6) ¨¨ pi¨´ ¡°pulito¡± dell¡¯elettrico. Le auto elettriche hanno un livello di emissioni inferiori alle auto diesel ma solo nell¡¯utilizzo ¡°puro¡±. Allo stato attuale, considerando invece tutto il ciclo, dalla produzione all¡¯utilizzo, l¡¯auto diesel sarebbe l¡¯opzione pi¨´ green. Quindi ¨¨ difficile pensare di cancellare oggi il motore a scoppio per auto e moto di serie, anche in previsione dei nuovi studi e ricerche su motori a combustione con doppio carburante (benzina pi¨´ diesel, miscelati), probabilmente una delle tante strade verso la nuova frontiera.
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Cingolani: "Chiudiamo la Motor Valley"
¡ª ?L¡¯energia elettrica non arriva come manna dal cielo: si produce con differenti sistemi, dall¡¯eolico al nucleare alle centrali idroelettriche, fino al carbone. Negli Usa, in Cina e in altri grandi Paesi si riattiva, con nuove tecnologie, la produzione di energia da centrali alimentate a carbone. Non solo. Ci sono ripercussioni di tipo industriale-economico con l¡¯Italia a pagare il conto pi¨´ salato. Qual ¨¨, in particolare, il futuro per la produzione di supercar di prestigiosi marchi quali Ferrari, Lamborghini, Maserati, Pagani-Zonda che contribuiscono al prestigio (e al business) dell¡¯Italia nel mondo e delle Case italiane produttrici di moto e di componentistica? Dice il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, intervenuto al seminario estivo della Fondazione Symbola. ¡°In questi giorni stiamo parlando con il settore automotive ed emerge chiaramente che c'¨¨ una grandissima opportunit¨¤ nell'elettrificazione. Ma adesso ¨¨ stato comunicato dalla commissione UE che anche le produzioni di nicchia, come Ferrari, Lamborghini, Maserati, McLaren, dovranno adeguarsi nel 2035 al full electric. Questo vuol dire che, a tecnologia costante, con l'assetto costante, la Motor Valley la chiudiamo¡±. E ancora: ¡°Se noi oggi pensassimo di avere una penetrazione istantanea del 50% di auto elettriche non avremmo neanche le materie prime per farle, n¨¦ la grid per gestirle. Su un ciclo produttivo di 14 anni, pensare che le nicchie automobilistiche e supersport si riadattino ¨¨ impensabile¡±.
E per il mondo delle corse?
¡ª ?C¡¯¨¨ poi la questione, non di poco conto per quel che concerne lo show-business e la ricerca tecnologica, delle competizioni automobilistiche di Formula 1 e motociclistiche MotoGP. Il green ¨¨ gi¨¤ nelle corse internazionali con nuove auto e nuove moto dotate di propulsore elettrico (zero emissioni, zero rumore) definite Formula E e Moto E. La Formula E, dopo sette anni sperimentali, ¨¨ diventata Campionato del Mondo mentre la MotoE, nata nel 2019, ha la denominazione di Coppa del Mondo. La Formula E plurimarche si corre principalmente su circuiti all¡¯interno dei centri urbani non avendo quindi un rapporto diretto con la Formula 1. Mentre la Moto E monomarca si disputa (per ora) in qualche circuito permanente europeo, di fatto chiudendo la giornata domenicale incentrata sulla MotoGP. Queste nuove gare di auto e di moto elettriche restano di nicchia e, specie quelle delle moto elettriche, snobbate dal pubblico legato al vecchio amore per le corse dove il cambiare marcia, la staccata, l¡¯urlo dell¡¯accelerazione, il ¡°rombo¡± del quattro cilindri 4 tempi da 300 Cv e 350 km/h ¨¨ parte non sostituibile dell¡¯appeal e dello show. Gli appassionati si riconoscono nel ¡°giudizio-stroncatura¡± di Valentino Rossi: ¡°Non mi piacciono le moto elettriche, cos¨¬ come le auto elettriche. Non credo che il motorsport abbia qualcosa a che vedere con questa tipologia di mezzi¡±. Resta un fatto inequivocabile: oggi le auto e le moto da corsa elettriche producono emissioni in carbonio doppie rispetto agli attuali mezzi da corsa ibridi o tradizionali, soprattutto a causa dell¡¯inquinamento provocato dalle lavorazioni per la fabbricazione delle batterie, per non dire poi del problema dello smaltimento delle stesse, nonch¨¦ dei rischi di incendio ecc. Le corse non sono tutto, ma fanno immagine. Allo stato attuale, per l¡¯elettrico, non sono un bel biglietto da visita.
Preoccupazione per la filiera
¡ª ?In questo contesto, rispetto alle ultime scelte della Commissione UE e pi¨´ in generale al ¡°Green deal¡± dell¡¯UE si stanno levando in Italia sempre pi¨´ voci critiche e anche stroncature, in particolare fra le forze imprenditoriali, sociali e politiche, all¡¯interno dello stesso governo Draghi perch¨¦ cos¨¬, con questo modo e con questi tempi, ci sono ¡°alti rischi per l¡¯occupazione e per le aziende, un duro colpo per tutta l¡¯economia¡± del Made in Italy. Insomma, serve tempo e bisogna sciogliere tutti i nodi che un tale provvedimento comporta, altrimenti il conto da pagare, specie per l¡¯Italia, sar¨¤ molto salato. Si tratta di un comparto, quello dell¡¯auto Made in Italy, da oltre 350 miliardi, di una filiera che vale il 20% del Pil e occupa quasi 1,3 milioni di persone. In particolare, la componentistica, che da sola occupa quasi 300 mila addetti, sarebbe travolta, fino al ko totale di tutte le nostre aziende, dato che i nuovi mezzi elettrici hanno propulsori e sistemi frenanti semplificati, meno complessi. Per l¡¯Italia, uno tsunami, dato che da oltre 20 anni la nostra componentistica fa registrare un saldo attivo della bilancia commerciale di oltre 5 miliardi di euro.
Conseguenze pesantissime
¡ª ?Insomma, cos¨¬ come ¨¨ stata presentata dalla Commissione europea si tratta di una proposta miope, un colpo di mano, sacrificando le aziende pi¨´ competitive e avanzate a livello mondiale sull¡¯altare dell¡¯ideologia green. A pagare il conto, salatissimo, sarebbe tutta l¡¯Italia, con conseguenze imprenditoriali, economiche e sociali devastanti. La realt¨¤ del mercato motociclistico ¨¨, in proporzione, altrettanto importante. Spetta al governo Draghi dire ¡°No¡± a questo modo di procedere chiedendo alla UE proposte realizzabili, realistiche, non punitive per un settore che pu¨° evolversi solo rimanendo competitivo, restando in vita, un settore che rischia di crollare con danni per l¡¯intero Paese.
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