Puntata dedicata alla disposizione dei propulsori per scooter: verticali od orizzontali? Il ruolo del carter che regge il gruppo termico
In (quasi) ogni scooter, il propulsore monocilindrico ¨¨ fissato alla parte posteriore del telaio, ¡°il cui disegno aperto, come una ?C? distesa ¨¨ meno rigido e stabile di quello di una moto¡±, ricordate quel che dicevamo nell¡¯articolo riservato al confronto tra le ciclistiche di scooter e moto? Prima di iniziare, definiamo la struttura tipica di un motore da scooter. Si tratta di propulsori tipicamente monocilindrici, anche se esistono notevolissimi esempi di maxi cilindrate a due cilindri. Permetteteci un inciso: cilindro, pistone, testata vengono spesso definite per comodit¨¤ ¡°gruppo termico¡± o ¡°termiche¡±. Gi¨¤ che ci siamo: allo stesso modo valvole, molle, anelli di fermo, piattelli sono detti ¡°equipaggi mobili¡±. D¡¯ora in poi useremo questi termini per snellire la scrittura del testo e rendere meno ripetitive le descrizioni tecniche.
BRACCIO DI FERRO
¡ª ?Torniamo a noi: le termiche dei motori da scooter sono disposte di norma orizzontalmente, in modo da occupare lo spazio generalmente libero sotto la sella all¡¯altezza della pedana poggiapiedi. Per le cilindrate pi¨´ piccole, 50-100 cc la soluzione con cilindro verticale risponde perfettamente ad esigenze sempre legate allo spazio disponibile. Giusto per citare uno dei motori con cilindro verticale pi¨´ diffusi, il Minarelli 50 cc elaborato fino all¡¯inverosimile anche ai giorni nostri, adottato nella versione ad aria o liquido su Mnk o Yamaha Booster, Malaguti serie F, e moltissimi altri modelli. Salendo di cilindrata dimensioni del gruppo termico come quelle dello scooter, il cilindro orizzontale ¨¨ quasi d¡¯obbligo: l¡¯albero motore ¨¨ alloggiato in una fusione di alluminio (spesso una pressofusione) che ospita anche l¡¯alloggiamento per il generatore di corrente, oltre alla frizione centrifuga, al variatore e alle pulegge del cambio a variazione continua di rapporto, che trasmettono la coppia motrice sino alla ruota posteriore, montata a sbalzo nello stesso, lungo un carter che come detto supporta gruppo termico e albero motore. Questo carter ¨¨ sfruttato molto intelligentemente sia come carter della trasmissione e cambio, sia come componente fondamentale della sospensione posteriore, come supporto monobraccio della ruota posteriore montata a sbalzo. Questo carter, infatti, nella porzione anteriore si allunga formando una sorta di ¡°T¡± collegata al telaio da un perno che rende basculante il motore e il braccio della trasmissione, integrando un gran numero di funzioni nello tesso componente. Si tratta di una soluzione cos¨¬ semplice che ¨¨ pi¨´ complicato descriverla a parole che con una fotografia, vi invitiamo quindi a dare un¡¯occhiata all¡¯immagine che la rappresenta! Tutto bene, sembrerebbe, vero? Se ci seguite da qualche puntata avrete per¨° capito che quando un componente meccanico svolge pi¨´ di una funzione, ¡°gatta ci cova¡±: il rischio che si sia scesi a compromessi ¨¨ alto. Infatti seguiteci nel prossimo paragrafo e scoprirete che le ¡°gatte intente a covare¡± in questo caso sono parecchie.
TUTTO E BENE, DI RADO AVVIENE
¡ª ?Il titoletto ¨¨ una parafrasi del ¡°presto e bene¡± ma ha una validit¨¤ assoluta in questo caso. Gi¨¤, perch¨¦ finch¨¦ le cilindrate sono piccole, i propulsori poco potenti e il peso totale dello scooter contenuto, la soluzione tecnica con motore basculante, fissato posteriormente al telaio e con il carter della trasmissione che funge da monobraccio per la sospensione posteriore (tirate il fiato...), ¨¨ una genialata di quelle che lasciano poco spazio a critiche. Per¨° questo vale fino ai 100 cc di un 2T o ai 150 cc di un 4T, motorizzazioni una volta ritenute ¡°abbondanti¡± per uno scooter. S¨¬, perch¨¦ salendo con potenza e pesi, iniziano i guai e vi assicuriamo che ci vollero anni per risolverli. In primis, il motore ¨¨ fissato al telaio in questo modo: una grossa sezione di alluminio si allunga dal carter motore per formare un grosso ¡°tubo¡± che si inserisce tra gli attacchi, solidi e in acciaio, del telaio. Un perno in acciaio attraversa gli attacchi del telaio e delle boccole con ¡°parastrappi¡± in gomma dalla durezza calcolata che evitano il passaggio delle vibrazioni pi¨´ fastidiose e meccanicamente dannose. Pensate alle vibrazioni che si generano nella zona dell¡¯albero motore si trasmettono amplificano correndo lungo il braccio-sospensione, fino alla ruota posteriore. In pi¨´ essendo il fissaggio di tipo semi rigido, lascia il motore libero di muoversi secondo diverse direzioni o gradi di libert¨¤. Saltando a pie¡¯ pari cinque tomi di trattazione ingegneristica, il motore non mantiene rigidamente in posizione la ruota posteriore: ora, chiudete gli occhi e pensate ai carichi applicati alla gomma posteriore, durante una accelerazione partendo da uno stop. Il motore spinge con 30 Cv di potenza i 200 kg di scooter, 80 kg di pilota, 50 kg di passeggero. Le forze che si generano attraversano il fissaggio del motore al telaio, il braccio che sostiene la ruota (compresi perni, ingranaggi, pulegge, cinghia, ecc) e arrivano al pneumatico che ¡°risponde¡± con la reazione creata dall¡¯attrito a terra. Lo scooter parte ma il pneumatico si torce sul cerchio, il braccio-trasmissione-sospensione si flette per la sua lunghezza e si torce, come se aveste in mano un oggetto e ruotaste il vostro avambraccio. Il perno si fletter¨¤, cos¨¬ come le boccole in cui ¨¨ alloggiato. Risultato, una volta in movimento, la gomma non lascer¨¤ una impronta lineare a terra ma una ¡°spirale¡±, come se con una spugna in mano foste impegnati a pulire un tavolo, avete presente? Avanzate con la spugna sul tavolo e allo stesso tempo descrivete dei cerchi, il risultato sar¨¤ un spirale disegnata sul piano, corretto? Ahiahi, un bel problema quando si viaggia a 140 all¡¯ora, il battistrada raggiunge temperature altissime e la stabilit¨¤ ¨¨ compromessa. Aggiungete i carichi che si aggiungono piegando e capirete che il secondo braccio che viene sempre aggiunto dall¡¯altro lato rispetto al carter motore-trasmissione ¨¨ una indispensabile ¡°pezza¡± utile per irrigidire la struttura della sospensione posteriore. Il monobraccio puro, cio¨¨ il carter della trasmissione del motore che svolge anche la funzione di braccio singolo della sospensione posteriore, ¨¨ utilizzato su scooter di potenza e peso massimi che possiamo a grandi linee definire in 20-25 Cv e 200 kg riferiti al solo veicolo in odine di marcia. Passando a scooter pi¨´ pesanti e dotati di motori pi¨´ potenti (indicativamente oltre i 300-400 cc) le forze in gioco, generate dalla maggior coppia motrice e dal peso che grava sul retrotreno, aumentano al punto da richiedere un ulteriore braccio, sul lato opposto a quello della trasmissione del motore, in modo da ¡°chiudere¡± la struttura che sorregge la ruota posteriore. Tutto questo per dire che gli scooter pi¨´ grossi necessitano di un forcellone tradizionale, mentre su quelli pi¨´ leggeri e meno potenti ¨¨ sufficiente il carter della trasmissione del motore per garantire la necessaria rigidezza che poi durante la marcia si traduce in maggior stabilit¨¤, precisione di guida, minor usura del pneumatico posteriore.
Questione di ¡°palato¡±
¡ª ?Se pensate che si tratti di una soluzione in fondo piuttosto banale, vi sbagliate di grosso: per arrivare alle attuali performance e alla sicurezza assoluta dei maxi scooter in circolazione, legioni di ingegneri e centurie di collaudatori sono diventati matti per un bel periodo di tempo e non solo quelli delle fila dei costruttori ma anche i tester dal ¡°palato¡± pi¨´ fino, quelli che hanno il compito di confrontare i valori rilevati dai sistemi di acquisizione dati pi¨´ evoluti, con le sensazioni registrate dall¡¯interfaccia collaudatore-moto. Insomma, quel ¡°palato¡± appoggiato e interconnesso con la sella, in grado di fornire le sensazioni, le impressioni che nessuno strumento finora ¨¨ in grado di trasformare in pacchetti di dati da processare in un modello matematico. Forse non vi rendete conto che dall¡¯analisi tecnica di soluzioni scooteristiche, siamo arrivati vicinissimi all¡¯orizzonte degli eventi, quel confine in cui le leggi della fisica esistono, certo, ma si influenzano reciprocamente in modo fumoso, mai netto. Un¡¯auto da F1 pu¨° essere considerata come un corpo rigido o meglio, come un insieme, tendente all¡¯infinito, di sezioni a tre dimensioni le cui rigidezze e il cui comportamento possono essere semplificati al punto da essere calcolati con precisione, per poi essere uniti nuovamente, a comporre l¡¯automobile di partenza di cui si conoscer¨¤ quindi il comportamento di ogni microscopica sezione, dimensionando perfettamente telaio, pistoni, alettoni, in modo che resistano ai carichi di lavoro senza eccedere col peso. La moto no, ha cos¨¬ tanti ¡°gradi di libert¨¤¡±, rollio, beccheggio, imbardata, combinazione di questi tre movimenti, di quelli dl pilota, spinte aerodinamiche su braccia, gambe, casco, del tutto imprevedibili ma che influenzano pesantemente le reazioni della moto. Per non parlare poi degli effetti giroscopici (accelerando o scalando marce, a moto verticale, oppure inclinata di 10¡ã o di 60¡ã, roba da diventar matti) che oltretutto influenzano i movimenti della moto al variare anche di uno solo di essi. Un fantastico rebus che, come un poker matematico, non ha mai una soluzione vincente su tutte. Per non perdere la vostra amicizia, ci fermiamo qui, ma non crediate che sia finita: torneremo con i piedi per terra, anzi sulle pedane nella prossima puntata. Un lampeggio!
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