Alfa Romeo
Giulietta Sprint a Monza, la leggenda torna in pista
Lo sviluppo economico del dopoguerra e il conseguente fenomeno della motorizzazione di massa impose alle industrie automobilistiche un cambio di marcia, con il passaggio da un¡¯organizzazione artigianale a quella industriale, necessaria per soddisfare le maggiori richieste del mercato. Per l¡¯Alfa Romeo questo delicato passaggio coincise con la fase di progettazione del modello Giulietta, internamente denominato ¡°Tipo 750¡±, varato dalla casa milanese per potersi affacciare al segmento di mercato delle automobili di grande serie. Infatti fino al modello 1900 le officine del Portello con il sistema artigianale erano in grado di produrre una ventina di automobili al giorno, mentre con la Giulietta si trattava di passare alla cosiddetta ¡°motorizzazione di massa¡±, con una produzione giornaliera di 200 esemplari. Per assolvere un compito cos¨¬ impegnativo fu ingaggiato l¡¯ingegnere austriaco Rudolf Hruska, che aveva gi¨¤ seguito l¡¯industrializzazione della Volkswagen?Maggiolino a fianco di Ferdinand Porsche.
Indice
Alfa Romeo Giulietta Sprint, le origini
¡ª ?Per sostenere i costi di una tale riconversione industriale l¡¯azienda avvi¨° una sottoscrizione pubblica di capitali, attraverso l¡¯emissione di cartelle fondiarie dell¡¯Iri, allettando i risparmiatori all¡¯investimento con una lotteria che prevedeva l¡¯estrazione mensile di una vettura; ovviamente una Giulietta. Mentre Hruska si occupava delle linee di produzione, altri due gruppi di lavoro portarono avanti rispettivamente la progettazione del motore e della parte meccanica e telaistica, mentre il Centro stile tracciava le linee della carrozzeria sia della berlina che della coup¨¦. Il progetto and¨° avanti speditamente e nei primi mesi del 1953 furono realizzati i primi prototipi della Giulietta da provare su strada. I risultati in termini di prestazioni e dinamica della vettura furono subito entusiasmanti, ma una significativa pecca era rappresentata dalla rumorosit¨¤ all¡¯interno dell¡¯abitacolo, che non si riusc¨¬ a risolvere completamente nonostante numerose modifiche.?
Che rumore all'inizio
¡ª ?Questo rappresentava un grosso problema, perch¨¦ oltre a non poter procedere con l¡¯assemblaggio delle vetture, non si potevano neppure definire le specifiche dei contratti con i fornitori esterni. Non solo: rischiava di far saltare anche l¡¯appuntamento con il previsto debutto della nuova vettura al Salone di Torino 1954, con grave danno dell¡¯immagine dell¡¯azienda, al tempo sotto controllo statale. Allora Hruska propose ai dirigenti dell¡¯azienda di presentare prima il modello coup¨¦, per il quale la rumorosit¨¤ nell¡¯abitacolo sarebbe stata maggiormente tollerata dalla clientela di estrazione sportiva, facendo realizzare le vetture presso carrozzieri esterni mentre in azienda si sarebbe guadagnato tempo per risolvere il problema sulla berlina. Il piano non piaceva alla dirigenza, ma visti i tempi stretti l¡¯allora presidente Giuseppe Luraghi avvall¨° questa opzione.
Evoluzione della specie
¡ª ?Progettazione e sviluppo della Coup¨¦ erano stati portati avanti congiuntamente alla berlina e il prototipo della futura Giulietta firmato da Giuseppe Scarnati, poi divenuto celebre come ¡°brutto anatroccolo¡±, aveva gi¨¤ superato le prove su strada. Ma la mancanza della necessaria capacit¨¤ produttiva delle carrozzerie Zagato e Touring spinse il responsabile del progetto, Rudolf Hruska, a rivolgersi a Mario Boano, responsabile della Ghia, e a Nuccio Bertone. Per affinare le linee della nuova vettura furono chiamati anche Giovanni Michelotti, Franco Scaglione e Giorgetto Giugiaro, i quali apportarono numerose modifiche rendendo l¡¯insieme pi¨´ equilibrato pur senza stravolgerne l¡¯impostazione di base. Al Salone di Torino 1954 debuttarono due prototipi leggermente diversi tra loro denominati Giulietta Sprint. Essi avevano addirittura la novit¨¤ assoluta del portellone posteriore, poi accantonato per timori di infiltrazioni. Motore di 1300 cc a carburatore doppio corpo da 65 Cv per una velocit¨¤ massima di 160 km/h. Le sospensioni erano a ruote indipendenti all¡¯anteriore con barra antirollio e ponte rigido al posteriore, mentre i freni erano a tamburo sulle quattro ruote. Il successo del nuovo modello fu immediato, tanto che gi¨¤ nel solo primo giorno di esposizione vennero superati i 500 ordini.
Scommessa vinta
¡ª ?Ma i problemi non erano finiti: Boano abbandon¨° la Ghia, che si ritir¨° dal progetto. Questo fu salvato da Bertone, che per fare fronte alle commesse dovette subappaltare il lavoro di realizzazione delle parti di carrozzeria a piccole aziende del torinese che avevano all¡¯interno abili battilastra. Una sorta di scommessa vinta dal carrozziere torinese, tanto che alla fine del ciclo di vita della Giulietta Sprint, nel 1965, le carrozzerie battute e saldate a mano furono ben 6.000. Infatti non ¨¨ raro trovare piccole differenze, proprie delle realizzazioni artigiane, nelle vetture che fanno parte della prima serie di Giulietta Sprint. Nel 1956 arriv¨° la versione ¡°Veloce¡±, che oltre a vari alleggerimenti, come i pannelli scorrevoli in plexiglass invece dei finestrini in vetro e relativi alzacristalli, ma soprattutto cofano, portiere e cerchi in alluminio, era equipaggiata con un motore dotato di due carburatori doppio corpo Weber Dcoe da 40 mm che, unitamente all¡¯aumento del rapporto di compressione a 9:1, portavano un incremento della potenza a 90 Cv e la velocit¨¤ massima a 180 km/h. Caratteristiche che garantivano grande divertimento nella guida su strada e ne fecero una sportiva di successo nelle competizioni, presentando come biglietto da visita i primi tre posti di categoria alla Mille Miglia di quell¡¯anno, ai danni delle Porsche 356. Ma questo fu solo un inizio che porter¨¤ a successive evoluzioni sportive, tra cui la Svz (Sprint Veloce Zagato), SS (Sprint Speciale), SZ (Sprint Zagato), fino ad arrivare alla SZ Coda Tronca, realizzata in pochi esemplari.
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La prova in pista
¡ª ?Abbiamo avuto il privilegio di provare l¡¯Alfa Romeo Giulietta 1300 Sprint Veloce in pista, in alcune edizioni della Coppa Intereuropa a Monza, e su strada, in una edizione della Targa Florio Storica con la formula rally. Nell¡¯abitacolo della ¡°Giuliettina¡±, piuttosto contenuto e con il padiglione basso che rende subito l¡¯idea della coup¨¦ anni Sessanta, mi trovo a casa e provo la sensazione di essere tutt¡¯uno con la macchina. Mi bastano un paio di giri per ritrovare il feeling con la guida. D¡¯altronde, devo ammetterlo, la Sprint Veloce ¨¨ una delle mie preferite di quest¡¯epoca e pur avendola utilizzata in pi¨´ occasioni non finisce mai di stupirmi. Anche per le linee esterne, che le conferiscono l¡¯irresistibile fascino di una elegante signorina con il fisico atletico.
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Questione di feeling
¡ª ?Il bialbero milanese (preparato per le corse come illustriamo a parte) si conferma brillante, a patto di tenerlo ¡°allegro¡± e non farlo scendere sotto i 4.000 giri/min, mentre dai 5.000 in poi garantisce una bella spinta che sale con costanza fino alla soglia ¡°utile¡± dei 7.000 giri/min oltre la quale, anche per una sorta di ¡°rispetto¡±, non conviene andare. Il cambio si manovra bene, con l¡¯accortezza di non essere troppo bruschi e fare la doppietta in scalata ¡°accompagnando¡± la leva del cambio senza essere precipitosi, soprattutto scendendo dalla terza alla seconda marcia. Peccato non abbia cinque rapporti, che permetterebbero un utilizzo ancora migliore del motore in alcuni punti del tracciato monzese. Anche l¡¯assetto si fa apprezzare, con l¡¯anteriore che garantisce ingressi in curva precisi mentre ¨¨ necessario trovare il giusto ¡°equilibrio¡± con il posteriore, che va fatto scivolare in misura adeguata per evitare impuntamenti che farebbero sollevare la ruota posteriore interna con conseguente perdita di trazione (e tempo), data la mancanza dell¡¯autobloccante. Senza eccedere, per¨°, per non ritrovarsi costretti ad abbondanti correzioni del sovrasterzo che allo stesso modo farebbero perdere tempo e, magari, prendere qualche spavento. Date anche le ¡°gommine¡± Dunlop Racing strette (185x15¡±) e di derivazione stradale.
In corsa alla Targa Florio
¡ª ?Negli anni ho avuto l¡¯occasione di provare la Giulietta Sprint Veloce anche su strada. E non una qualunque, ma su quella del ¡°Piccolo circuito delle Madonie¡±, quello classico della Targa Florio per capirci, che in barba al nome si sviluppa su ben 72 km per un totale di 782 curve, come si racconta ne abbia contate il grande Piero Taruffi da buon ingegnere. Peraltro in una edizione della Targa Florio storica disputata con la formula rally: il percorso diviso in quattro prove speciali cronometrate con strade chiuse al traffico, dove andare a tutta! E pure con un curioso aneddoto degno dei tempi eroici delle corse: nella seconda PS del primo dei tre giri in programma si ¨¨ rotto il rinvio dell¡¯acceleratore, perci¨° per raggiungere l¡¯assistenza posta obbligatoriamente alla fine del giro presso i classici box di Floriopoli, abbiamo dovuto rimediare con il classico filo di ferro, procurato al volo da uno spettatore da una rete ai bordi della strada, azionato manualmente dal navigatore, il coraggioso (incosciente?) Luigi Somaschini, peraltro proprietario della vettura. Con annessi spaventi e ¡°cottura¡± freni per i frequenti bloccaggi dell¡¯acceleratore in posizione tutto aperto...
Divertimento senza fine
¡ª ?Ma negli altri due giri la ¡°Giuliettina¡± si ¨¨ fatta abbondantemente perdonare, cavandosela discretamente nei tratti in salita nonostante la potenza non esuberante (120 Cv), sempre a patto di tenere ¡°sveglio¡± il motore sopra la soglia dei 4.000 giri/min, e scatenandosi nei tratti in discesa, dove con la dovuta cautela per limitare il surriscaldamento dei freni a tamburo, ci ha fatto divertire grazie ad uno sterzo preciso e un assetto, leggermente ammorbidito, capace di copiare bene il fondo assorbendo in modo egregio le tante sconnessioni tipiche delle strade madonite. Al termine dei tre giri si ¨¨ fatta un po¡¯ sentire la stanchezza, data la mancanza della servoassistenza allo sterzo, ma ne ¨¨ valsa abbondantemente la pena perch¨¦ il divertimento ¨¨ stato davvero grande!
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