Il progetto di ¡°cambiare¡± vita e prendere in gestione un rifugio di montagna si lega a doppio filo a esperienza, studio, sacrificio e disponibilit¨¤ a prestare soccorso a quote alte. Ecco alcune indicazioni concrete del Club Alpino Italiano sezione di Milano
Scegliere di gestire un rifugio di montagna pu¨° essere un sogno per molti appassionati di terre ¡°alte¡±. Una scelta di vita che, insieme all¡¯opportunit¨¤ di trascorrere gran parte dell¡¯anno a diretto contatto con la natura e i frequentatori di cime e sentieri, coincide con la (doverosa) necessit¨¤ di prendersi cura dell¡¯ambiente e, quando necessario, di prestare soccorso in caso di incidenti o imprevisti che possano capitare in quota. Gestire un rifugio, quindi, non ¨¨ una via semplice per cambiare vita, ma un passo da ponderare con attenzione.
Quali requisiti servono per occuparsi della gestione di un rifugio di montagna? Quali oneri ricadono sul rifugista? Come ci si prepara per affrontarli? Per rispondere a queste domande risultano preziosi i consigli di chi, quotidianamente, d¨¤ del ¡°tu¡± alla montagna. ( Qui il corso on-line gratuito per gestire un rifugio in Lombardia ).
LE TIPOLOGIE DI RIFUGIO
¡ª ?Un primo punto da considerare ¨¨ la bipartizione tra rifugi alpinistici (a quote molto elevate) e rifugi escursionistici, che richiedono competenze differenti.
¡°Partiamo da un primo punto d¡¯osservazione, non tutti i rifugi sono uguali - spiega Lorenzo Maritan, coordinatore della Commissione rifugi del Cai - Club Alpino Italiano sezione di Milano -. I veri rifugi alpinistici, sopra i 2.500 metri di altitudine, in prossimit¨¤ delle vette, richiedono al gestore delle competenze alpinistiche oltre che la buona conoscenza del territorio: qui, infatti, il gestore deve sapersi muovere quando deve prestare soccorso. Altro discorso sono i rifugi escursionistici, quelli tra i 1.500 e i 2.300/2.500 metri di quota, che si prestano a una gestione pi¨´ ¡®bucolica¡¯ diciamo¡±. In questo secondo tipo di rifugi, strutture costruite a quote pi¨´ basse, ¡°serve comunque tanto impegno, dedizione e passione, ma non ¨¨ necessaria quella grande padronanza delle tecniche alpinistiche che caratterizza il primo tipo¡± dettaglia Maritan. ( Qui i consigli per conoscere le Alpi Apuane ).
GESTIRE UN RIFUGIO: COSA SAPERE
¡ª ?Il Cai di Milano, che gestisce direttamente 15 rifugi (13 in Lombardia, 1 in Valle d¡¯Aosta e 1 in Alto Adige), oltre a 1 bivacco fisso (sulla parete est del Monte Rosa, il bivacco ¡°Damiano Marinelli¡±) sta chiudendo il bando per la gestione del Rifugio Gerli e Porro in Valmalenco (Lombardia). Il caso specifico ¨¨ emblematico degli aspetti da considerare dinanzi alla scelta di gestire un rifugio alpino. A una prima manifestazione d¡¯interesse avevano risposto 20 persone; dopo una prima valutazione e alcune riunioni on-line, solo 6 candidati hanno confermato il proprio interesse, rispondendo nel concreto al bando di gestione. Perch¨¦? ¡°Una volta preso atto del lavoro legato a un rifugio si capisce appieno come non tutto sia una ¡®passeggiata¡¯ di salute¡± spiega Maritan. ( Qui l¡¯impresa sportiva in Norvegia del climber Stefano Ghisolfi).
IL CODICE ETICO
¡ª ?Nel caso specifico del Cai di Milano, l¡¯associazione quando mette a bando la gestione di un rifugio chiede tre requisiti: la conoscenza dello spirito etico con cui lavora il Cai; la conoscenza del territorio; la presentazione di un progetto di sviluppo e gestione del rifugio sia dal punto di vista pratico, sia dell¡¯accoglienza degli ospiti, dei men¨´, degli interventi per migliorare la struttura, dei rapporti con il territorio e delle operazioni di promozione e comunicazione. Dove per etica (punto numero 1) significa anche rispetto dell¡¯ambiente, per esempio nell¡¯utilizzo di fonti energetiche che a quote alte in genere sono un mix tra combustibili fossili (per i generatori di elettricit¨¤) e pannelli fotovoltaici. In sintesi: la gestione del rifugio deve essere economicamente proficua per il gestore, e il pi¨´ possibile eco-compatibile.
UN LAVORO DA VERI PROFESSIONISTI
¡ª ?¡°I rifugi sono strutture delicate - dettaglia il socio del Cai di Milano -. Ogni anno bisogno fare degli interventi, a volte piccoli, altri di portata notevole. E poi il rifugio va controllato, anche quando ¨¨ chiuso o quando c¡¯¨¨ molta neve. Senza contare che ¨¨ un dovere del rifugista prestare soccorso alle persone se necessario¡±.
Un mix di elementi e di attivit¨¤, dunque, che richiede molta preparazione oltre che impegno. I progetti scelti dal Cai portano a un primo periodo di gestione del rifugio (1 anno), al quale pu¨° seguire un contratto di 3 anni pi¨´ 3. ¡°Se alla fine dei sei anni tutto funziona - prosegue Maritan - la gestione pu¨° essere confermata anche per 10 anni consecutivi¡± specialmente quando vi sono degli investimenti onerosi da effettuare sul rifugio stesso, che quindi vanno ammortizzati.
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