Aveva venduto tutto quello che aveva e fatto diversi lavori per raccogliere i soldi e correre la Dakar. E nel 2001 finalmente Jutta Kleinschmidt ha vinto la corsa dei suoi sogni, nonostante pregiudizi e boicottaggi. Adesso la sua storia diventer¨¤ un film prodotto da Steven Spielberg
Questa donna non viaggia mai solo con un trolley. Quando la Fia la manda a sovrintendere una gara lei si porta sempre dietro il casco e la tuta ignifuga. Non bisogna mai rivolgersi a Jutta Kleinschmidt come a una ex pilota perch¨¦ lei di correre ha ancora una grandissima voglia. Unica donna ad aver vinto una Dakar, nella classifica assoluta auto nel 2001, Jutta Kleinschmidt di appendere il casco al chiodo non ha proprio intenzione. Quando Jean Todt l¡¯ha chiamata in Fia e le ha affidato un compito importante come il ruolo di Presidente della Commissione All Terrain ¨C nel 2019 ¡ª sapeva benissimo quel che faceva. L¡¯unica riuscita a far chiudere un accordo leggendario fra Aso ¨C societ¨¤ organizzatrice della Dakar ¡ª da sempre indipendente e la Fia con l¡¯entrata ufficiale della competizione a gennaio 2022 nel calendario Fia di specialit¨¤.
ingegner dakar
¡ª ?Appena arrivata a Jeddah, a fine dicembre 2020, per la Dakar 2021, la Prodrive le ha fatto provare la sua nuova vettura, perch¨¦ non bisogna dimenticare che la Kleinschmidt ¨¨ un ingegnere, che per decenni ha lavorato e sviluppato motori e vetture in Bmw. Yamaha Motor Europe nel 2019 le ha proposto un Ssv per un paio di gare e la Extreme E l¡¯ha nominata jolly femminile nel suo campionato tant¡¯¨¨ vero che in Senegal ha sostituito Claudia Hurtgen colpita da una infezione intestinale, al volante della Abt Cupra. ? per questo che nella sua valigia ci sono sempre casco e tuta, perch¨¦, come dice lei ridendo ¡°non si sa mai, magari qualche team all¡¯ultimo momento ha bisogno di un pilota¡±.
alle origini di jutta
¡ª ?Jutta ha cominciato la sua carriera in moto impegnando tutto quello che aveva per partecipare alla sua prima Dakar. Nel 1987 decise di seguire la gara da turista, con la sua moto: ¡°Fu difficile esattamente come fare la gara perch¨¦ non esistevano strade asfaltate e anche le assistenze viaggiavano sulla pista. La Dakar mi aveva gi¨¤ conquistato: la guardavo in televisione ¨C ricorda la pilota che oggi ha 58 anni ¡ª e dicevo, devo andare, devo farla, ma partecipare mi sembrava impossibile, troppo distante dalle mie possibilit¨¤. Cos¨¬ presi la mia moto e andai a Parigi, con la sola intenzione di seguire la gara. Fu una vera avventura, non c¡¯erano ancora i telefonini, e neanche i gps e l¡¯unica cosa che avevo con me era la famosa carta Michelin dell¡¯Africa del Nord. Quando raggiungemmo il Lago Rosa a Dakar e io vidi arrivare le moto in gara decisi che sarei partita, in un modo o nell¡¯altro¡±.
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la prima dakar
¡ª ?Tornata a casa si mise subito al lavoro per recuperare il budget necessario: ¡°Avevo una moto, una Bmw, e la sapevo guidare e in pi¨´ lavoravo gi¨¤ come ingegnere quindi avevo un buono stipendio, ma non bastava. Aggiunsi allora alle mie abitudini altri lavoretti, barista alla sera, e poi organizzai viaggi portando le persone a fare dei tour, e ancora serate, cene, fino a riuscire a raccogliere quanto mi serviva per partire¡±. E nel 1988 si iscrisse alla Parigi-Algeri-Dakar, che quell¡¯anno attraversava Francia, Algeria, Niger, Mali, Mauritania e Senegal con un percorso di 12.874 chilometri, e al via 603 concorrenti di cui 183 in moto. Al rientro la pilota aveva fatto bancarotta e per tre anni neanche prese in considerazione l¡¯idea di ripartire : doveva prima mettere di nuovo insieme la cifra necessaria e ci riusc¨¬, pronta a ripartire per la Dakar del 1992.
citt¨¤ del capo
¡ª ?¡°Quando annunciarono che la Dakar sarebbe andata a Citt¨¤ del Capo quell¡¯anno per me fu uno choc. Mi ero preparata per andare in Senegal ma questa era veramente una follia: 23 giorni di gara, tutta l¡¯Africa da attraversare, oltre 13mila chilometri da fare. Per¨° non mi persi d¡¯animo e cominciai a lavorare sulla mia moto e a prepararla, da sola, nel mio appartamento di Monaco di Baviera, al terzo piano, e facevo su e gi¨´ con la moto con l¡¯ascensore¡±. Arriv¨° al traguardo e nel 1993 corse con un team italiano, capitanato da Tony Mori ¨C oggi promoter dell¡¯Enduro in Italia ¨C insieme anche a Massimo Montebelli, tutti in sella a una Yamaha. ¡°Fino ad allora avevo corso con una Bmw ¨C ricorda la tedesca ¨C che era una bellissima moto ma la mia era quasi standard, pesante, una specie di trattore, correre con quel mezzo significava lottare per la sopravvivenza. La Yamaha preparata in Italia era fantastica, pi¨´ maneggevole, ed ero molto felice di utilizzarla. Ma nelle prime tappe della Dakar 1993 ci trovammo in Algeria in un trasferimento sulle dune, terribili, e io caddi e prima di poter risollevare la moto un camion in gara ci pass¨° sopra e me la distrusse. Fui costretta a ritirarmi purtroppo, ma tornai negli anni a seguire perch¨¦ finalmente cominciai a trovare gli sponsor necessari per pagarmi questa avventura e presi una decisione: lasciai il lavoro per inseguire i miei sogni e cominciai la carriera di pilota¡±.
professionista
¡ª ?Inizi¨° una nuova sfida, ancora in moto ma poi cominci¨° a pensare che sarebbe stato bello correre con una vettura e ne parl¨° con gli sponsor: ¡°L¡¯idea piacque e trovai il budget per correre con il team di Jean Louis Schlesser e scelsi il buggy, 2 ruote motrici, con un solo posto, il che va benissimo per una motociclista, ma diventa un problema quando ti insabbi, cosa che all¡¯inizio succede spesso perch¨¦ non hai l¡¯esperienza necessaria¡±. Sorride ancora ripensando alle sue stagioni nel 1993 e 1994 e poi alla prima Dakar su 4 ruote, nel 1995, con una Mitsubishi di serie, la ex classe T1, con la Geco Raid di Sven Quandt ¨C oggi patron X Raid e Q Motorsport ¡ª per riprendere poi nuovamente con il team di Schlesser. Quando il suo sponsor principale per¨° pass¨° alla Formula 1 lui si ritrov¨° a piedi e and¨° alla Mitsubishi Germania che era un semplice importatore per chiederle un sostegno: ¡°Promisi loro ogni cosa, tutto quello che mi chiedevano otteneva una risposta affermativa perch¨¦ volevo assolutamente continuare a correre, e ottenni la vettura, un Pajero, non ufficiale ovviamente, con il quale vinsi la Dakar, poi, nel 2001¡±.
la vittoria alla dakar 2001
¡ª ?L¡¯anno pi¨´ importante della sua vita: ¡°Ah, su questo non c¡¯¨¨ dubbio ¨C dice la Kleinschmidt ¨C quando partimmo, io e Andreas Schulz, non avremmo mai pensato di vincere: avevo una vettura clienti, non una Factory ma dentro di me pensavo che avrei potuto ambire al podio, arrivare fra i primi tre. E quella era la nostra posizione nei giorni finali della gara, quando accadde il fattaccio leggendario fra Hiroshi Masuoka e Jean Louis Schlesser¡±. In seguito a una penalit¨¤ per comportamento antisportivo al francese e a una rottura della sospensione per il giapponese, la Kleinschmidt si ritrov¨° prima assoluta, a una sola speciale dalla fine, quella storica sul Lago Rosa con meno di quattro minuti di vantaggio su Masuoka. Cosa che non piacque neanche un po¡¯ al team manager di allora della Mitsubishi Sonauto che and¨° dalla tedesca e le disse che avrebbe dovuto smontare il sistema gonfia-sgonfia, che la Casa ufficiale le aveva prestato, dal suo Pajero perch¨¦ apparteneva alla Sonauto ed era segreto quindi non poteva tornare in Germania sulla vettura della Kleinschmidt. Lei si oppose, disse che potevano smontarlo la sera dopo, a fine gara, ma lui fu irremovibile: ¡°domani i miei meccanici dovranno fare festa e riposarsi¡± le rispose, e le tolse tutta l¡¯apparecchiatura lasciandola alla vigilia dell¡¯ultima speciale, sabbiosa e con dune, sul Lago Rosa senza possibilit¨¤ di controllare dall¡¯abitacolo la pressione degli pneumatici. ¡°Non potevo crederci, era ovvio che loro speravano che io mi insabbiassi e che Masuoka vincesse recuperando il distacco. Ero cos¨¬ arrabbiata che non dormii per tutta la notte, avevo paura di insabbiarmi e di perdere la mia opportunit¨¤ di vincere la Dakar. Fu un¡¯angoscia fino al momento della partenza della speciale, in linea, e guidai come mai nella mia vita. Partii all¡¯attacco, concentrata, non volevo commettere errori e vinsi. Il mio libro comincia proprio da questo episodio, il pi¨´ intenso di sempre nella mia vita¡±.
jutta in volkswagen
¡ª ?E al ritorno a casa, in Germania, la sua vita cambi¨°: ¡°Avevo fatto qualcosa di enorme. Per un mese viaggiai fra presentazioni, serate, conferenze, tutti volevano conoscermi, parlare con me, farsi raccontare la storia della mia vittoria alla Dakar e anche la Germania cominci¨° a interessarsi, finalmente, ai rally raid. Il progetto Volkswagen alla Dakar nacque proprio da questa vittoria e dal mio secondo posto del 2002¡±. Con una semplice telefonata: ¡°Loro mi chiamarono e mi dissero ¡®non abbiamo un team, non abbiamo una macchina, ma vogliamo cominciare un progetto per la Dakar insieme a te¡¯ e in un anno costruimmo un buggy, americano, usando un designer italiano, con il motore diesel cinque cilindri del Touareg con il quale terminai ottava assoluta insieme a Fabrizia Pons nel 2003. L¡¯esperienza ci serv¨¬ per formare la squadra che non aveva alcuna esperienza nel fuoristrada e da qui cominciammo a parlare del Touareg che avrebbe poi corso la sua prima Dakar nel 2004¡±. Dopo di allora Jean Todt, presidente della Federazione internazionale la chiam¨° al telefono: ¡°Risposi che avevo un sacco di idee in testa per migliorare la situazione e feci subito una relazione. Lui la lesse, nel 2018, e mi disse che gli erano piaciute le mie idee. Mi propose di diventare presidente della Commissione tout terrain e io restai allibita. Non mi aspettavo questa proposta, pensavo di entrare da una porta laterale, non dalla principale e non di scavalcare tutti gli uomini che ambivano a quella posizione e ritrovarmi presidente, da subito. Accettai e sfruttai il potenziale di questa offerta con la chiara intenzione di cambiare le cose e non fu facile: la commissione ¨¨ formata da tutti uomini e una sola donna, oltre me, ma ora le cose stanno andando bene, sono contenta del nostro lavoro, e lo ¨¨ anche la Fia¡±.
una vita da film
¡ª ?E a far conoscere di pi¨´ questo mondo ¨C da sempre l¡¯obiettivo di questa biondissima pilota tedesca ¨C ora contribuir¨¤ anche il film dedicato alla Regina del deserto, e della Dakar, che si sta realizzando negli Stati Uniti e che lei ha seguito da vicino dalla sua casa in Florida durante il lockdown. A produrlo la Amblin Partners di Steven Spielberg che ha acquistato i diritti del suo libro ¡°My victory at Dakar¡± mentre a dirigerlo ci sar¨¤ David Leitch ¨C regista di John Wick ¨C e la sceneggiatura, seguita da vicino dalla pilota tedesca che ¨¨ anche la coproduttrice, sar¨¤ affidata a Greta Heinemann. Gli attori, e soprattutto l¡¯interprete femminile, non ¨¨ stata ancora scelta, ma le scene d¡¯azione saranno affidate alla stessa Jutta Kleinschmidt: ¡°Ogni volta che ci sar¨¤ da guidare, moto o auto che sia, ci sar¨° io perch¨¦ ho l¡¯esperienza per farlo e non voglio che lo faccia nessun altro¡± e Mitsubishi ha gi¨¤ accettato di darle la stessa vettura con cui, nel 2001, vinse la Dakar mentre le moto appartengono alla collezione privata di Jutta Kleinschmidt. Perch¨¦ tutte le moto con cui la tedesca ha corso negli anni sono ancora, tutte, a casa sua.
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