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Manudona: un soprannome che riassume al meglio l’importanza sportiva e culturale della carriera di Manu Ginobili. Perch¨¦ per un argentino sentire il proprio nome accostato a quello di Maradona, uno che ha addirittura una chiesa che lo idolatra, ¨¨ davvero il massimo immaginabile. Ad unire Manu e Diego c’¨¨ innanzitutto la magia che entrambi avevano nel mancino (il piede per uno, la mano per l’altro), assieme alla fantasia, il talento innato, regalato da madre natura al momento delle rispettive nascite. E poi c’¨¨ l’Italia, tappa fondamentale per entrambi. Napoli per Diego, Reggio Calabria e Bologna per Manu, citt¨¤ nelle quali ¨¨ cresciuto e si ¨¨ consacrato come giocatore e campione (il triplete campionato, coppa Italia ed Eurolega con la Virtus nel 2001 ¨¨ leggenda), prima di partire per la Nba nel 2002. Ma c’¨¨ qualcosa che separa i due fenomeni: perch¨¦ se il rivoluzionario Diego ha sempre diviso, giocatore e uomo da amare o odiare senza mezze misure, il genio Diego ha unito, ovunque ¨¨ andato. Dalla sua Argentina, portata sul podio pi¨´ alto delle Olimpiadi del 2004, fino al nostro paese e agli Stati Uniti. In Nba Manu si ¨¨ guadagnato il rispetto in campo a colpi di eurostep, triple e assist da visionario, e fuori, dopo 16 stagioni in maglia Spurs (e 4 titoli vinti) da bandiera, sempre con il bene della squadra in testa e con l’ego dimenticato in cantina. La sua canotta numero 20 che pende dal soffitto dell’AT&T Center ¨¨ la penultima tappa di una carriera pi¨´ unica che rara. L’ultima stazione si chiama Hall of Fame, l’Olimpo degli immortali. Dove Manudona sar¨¤ presto di casa…