Nba, Miami e San Antonio sono già padroni di Est e Ovest?

Nel giro di pochi giorni, Miami ha battuto Indiana nella sfida tra le prime due squadre a Est e San Antonio ha superato Oklahoma City nel duello in vetta all'Ovest. Con poco meno di venti partite da giocare, non è detto che siano questi i piazzamenti anche alla fine della regular season: pur dovendosi guardare le spalle dai Clippers, i Thunder hanno due partite di ritardo in classifica dagli Spurs, che però dovranno fare ancora a meno della stella Tony Parker per tre settimane; il secondo posto di Indiana è in discussione ogni giorno, perché la lotta con New York si gioca a distanza sul filo dei centesimi percentuali ed è ancora apertissima. Non sfugga che le ultime sfide le hanno vinte le squadre in casa, come tutte le gare delle serie stagionali, che vedono avanti per 2-1 San Antonio, che però deve andare a Oklahoma City, e per 2-1 anche Indiana, che ha già chiuso gli scontri diretti in regular season con Miami. Ma intanto è lecito chiedersi se le due conference hanno già un padrone.

VOTA: MIAMI E SAN ANTONIO CHIUDERANNO IN VETTA A EST E OVEST?

LE CLASSIFICHE DELLE DUE CONFERENCE

cosa ha funzionato per miami — Domenica sera gli Heat hanno sfatato l'unico tabù della loro stagione, visto che con i Pacers avevano perso i due precedenti stagionali, entrambi giocati a Indianapolis. Nei precedenti la difesa di Indiana aveva tenuto a 77 e 89 punti l'attacco degli Heat, che ne segna 103.5 di media e con la più alta percentuale della Nba su azione, il 49.6%. Stavolta invece sono riusciti a mettere in campo il loro attacco, chiudendo col 55.9% dal campo che è la seconda percentuale più alta concessa in stagione dai Pacers, tanto più impressionante perché arrivata di fatto praticamente senza canestri in contropiede e con soli 13 punti e il minimo stagionale di 13 punti di LeBron James.

LeBron James, 28 anni, a Miami dal 2010. LaPresse

supporting cast — Ma il Prescelto, più che il solista, ha fatto il facilitatore in “penetra e scarica”, attirando le attenzioni del muro difensivo di Hibbert e compagni, per scaricare fuori ai soliti Allen e Battier, o nello specifico a un Chalmers da 26 punti e ai tiri dalla media distanza (9/11) di Bosh laddove la difesa di Indiana non lo seguiva lontano dal ferro. Limitati Wade e James, Miami ha saputo usarli per innescare il supporting cast. Come? Tenendo impegnata la difesa Pacers con tagli e blocchi lontani dall'azione nell'altro lato del campo rispetto a dove si giocava la palla, anche con piccoli cambiamenti rispetto ai giochi abituali, e impedendo così ai difensori di Indiana di intervenire in aiuto dove avrebbero potuto impaludare l'attacco Heat.

indiana deve migliorare — Reduce da 5-6 partite a più bassi punteggi per prepararsi ai playoff e con un'accresciuta efficienza difensiva, Miami ha vinto sul terreno preferito di Indiana, la difesa. L'attacco dei Pacers è il 25° in Nba per punti segnati (94) e percentuale di tiro (43.5%) e vincono le loro partite altrove, ovvero nell'altra metà campo dove come detto Miami è stata superiore. Hanno avuto anche il solo West ai propri livelli (24 punti con 7/10) con un trattamento speciale sulla rivelazione George (2/11 e 5 perse, una sorta di gabbia) e il gran lavoro degli Heat sulle linee di passaggio per rompere il ritmo e i giochi un po' “telefonati” di Indiana, che ha chiuso col 41% al tiro e 16 perse. E un margine di miglioramento i Pacers ce l'hanno anche in attacco vista l'assenza di Granger, nuovamente fermo dopo aver recuperato dall'infortunio che l'ha tenuto fuori più di metà stagione. Non è facile inserirsi senza conseguenze negative in un meccanismo che funziona, ma il ritorno del miglior realizzatore delle ultime cinque stagioni di Indiana non può che essere un valore aggiunto.

la superiorità di san antonio — Le recenti sconfitte con Phoenix e Portland hanno messo in evidenza quanto gli Spurs siano vulnerabili senza Tony Parker, e il rientro del play francese non è imminente. Il resto dei Big Three dei bei tempi, ovvero Duncan e Ginobili, è logoro e non può più essere trascinante. Ma contro Oklahoma City è stato determinante perché, insieme all'altro “grande vecchio” Diaw, ha marcato la differenza di qualità di basket rispetto alla panchina dei Thunder, piazzando il break a cavallo tra terzo e quarto periodo. Mancava Parker, è vero, ma sono i princìpi predicati da Popovich a creare a San Antonio una sorta di playmaking diffuso che manda la classe operaia al potere, ovvero chi quel giorno è in grado di trarre vantaggi: stavolta è successo a Splitter, i cui tagli sono stati ignorati per scelta di aggressività da Oklahoma City, che San Antonio ha saputo pescare facendo uscire bene la palla dai raddoppi Thunder.

Tony Parker, 30 anni, ago della bilancia degli Spurs. Ap

che difesa — Ma, in un processo di crescita che li hanno resi una squadra sempre più offensiva e meno difensiva, gli Spurs hanno saputo fermare i Thunder con la difesa, tenuti a 93 punti col 42.9% al tiro, più 19 palle perse, rispetto alle medie stagionali di 106.5 e 48.2%. Come? Innanzi tutto portando Durant fuori dalle sue zone di ricezione preferite e creandogli difficoltà nel mettere la palla a terra per creare un vantaggio, lasciando poi Westbrook creare nel deserto, inducendolo a una gara da 27 tiri. Cosa significa tutto questo in ottica playoff? Pareggiata l'energia dei Thunder con la qualità di una rotazione così profonda, il ritorno di Parker potrebbe far pendere la bilancia sul piatto Spurs.

okc, cosa migliorare — Nei 27 tiri tentati da Westbrook e nei 13 di Durant non c'è solo la natura onnivora del regista o i passi indietro dell'ala, ma il corto circuito di un sistema basato sul talento e sulla versatilità delle stelle intorno a cui gira un orologio fatto di atletismo, difesa, blocchi e tiri piedi a terra per gli altri. I tiri piedi a terra innanzi tutto non sono entrati (6/17), togliendo di fatto di scena il supporting cast e lasciando soli i due big. Poi l'attacco equilibrato Spurs ha tolto quel gioco in transizione in cui i Thunder abitualmente esplodono le loro doti atletiche, la tenuta sotto i tabelloni ha permesso a San Antonio di non concedere a Oklahoma City quei rimbalzi d'attacco sui cui costruiscono la superiorità nel numero di possessi.

falli subiti — Bloccati a metà campo, sono emersi tutti i limiti dei Thunder nella comprensione del buon uso che in partite di un certo tipo serve fare dei singoli possessi, lavorando sulla qualità di ogni azione più che sulla capacità di aumentarne la quantità con la difesa o in altre fasi del gioco. E' emerso il limite di attacchi votati alla ricerca del fallo subìto, che è una specialità della casa, finendo solo per effettuare tiri contestati, o dell'accontentarsi del limite in sospensione, atteggiamento figlio anche di una carenza di energie alla quarta partita in cinque giorni. E' così che a inizio quarto periodo Oklahoma City ha perso contatto. Ma troppe cose sono andare al rovescio per considerarlo un test attendibile: occhi puntati sulla prossima sfida agli Spurs del 4 aprile per capire se i favoriti a Ovest restano i Thunder.