Il 14 luglio 1951, durante le prove del GP Francia ad Albi, moriva Dario Ambrosini, campione del mondo 250. Aveva diviso l¡¯Italia, prima passando da Benelli a Guzzi, poi accendendo epiche sfide con Bruno Ruffo. Ritratto di un fuoriclasse di stile
La telefonata arriv¨° alla Benelli di Pesaro nel primo pomeriggio del 14 luglio 1951 dalla cittadina francese di Albi dove sul circuito ¡°a triangolo¡± di 8,901 km era in programma il GP di Francia annunciando la tragedia appena compiuta: Dario Ambrosini, il cesenate trentatreenne campione del mondo 250 con la Casa del Leone, era deceduto a seguito di una caduta in prova. La Benelli perdeva il suo principale pilota, ritirandosi dalle corse Grand Prix in segno di lutto. Il motociclismo italiano perdeva un campione fra i pi¨´ noti e pi¨´ amati a livello internazionale: irruente e temerario in pista quanto pacato e schivo nella vita di tutti i giorni, in cerca di quella solitudine che, invano, voleva come sua unica compagna di vita.
ambrosini e la morte
¡ª ?Corridore d¡¯assalto e ardente e al contempo tecnico raffinato e instancabile nella messa a punto del mezzo e nello studio dei circuiti. Poi, tolti tuta e casco e sceso dal suo bolide rosso, Dario Ambrosini cambiava sguardo aggrottando le sopracciglia e corrugando la fronte, si trasformava in una persona severa e schiva, tuttavia di grande umanit¨¤ e umilt¨¤, che per¨° non fece in tempo a vivere la sua giovinezza e neppure a proseguire nei sui trionfi in pista per l¡¯incontro con la morte. L¡¯anno prima, nel 1950, dopo lo storico trionfo al Tourist Trophy dell¡¯Isola di Man con la Benelli 250 ¡ª all¡¯epoca unico italiano su moto italiana a espugnare la roccaforte di Douglas 13 anni dopo l¡¯exploit del ¡°Diavolo nero¡± Omobono Tenni sulla Guzzi 250 ¡ª Ambrosini confidava al gran capo della Casa pesarese Ing. Giovanni Benelli: ¡°Io so di andare forte in corsa, in pista non temo nessuno pur rispettando tutti. Ma non capisco se sono io a inseguire la signora con la scimitarra nera o se ¨¨ lei che insegue me¡±. Cos¨¬ il campione di Cesena, osannato nella sua Romagna e a Pesaro, oramai sua citt¨¤ d¡¯adozione, presagiva il proprio tragico destino, senza poterlo evitare.
chi era ambrosini
¡ª ?Dario Ambrosini era nato il 7 marzo 1918 a Case Finali, poco fuori Cesena, da una famiglia di agricoltori, appassionandosi alla meccanica e ai motori perch¨¦ suo padre detto Machinon lavorava d¡¯estate nei campi con una grossa trebbiatrice e un vetusto Landini passando l¡¯inverno a smontare e rimontare il tutto con l¡¯assistenza del figlio Dario (chiamato Leo in famiglia e dagli amici) che poi si divideva fra la svogliata frequenza alle scuole professionali e il tirocinio come apprendista-meccanico nella locale concessionaria Moto Guzzi. Di media statura e corporatura minuta, Dario si butta poco pi¨´ che sedicenne nella mischia festaiola delle gimcane domenicali, poi, spinto dal locale concessionario Benelli che gli presta una vetusta 175 monoalbero, si fa prendere dal giro delle corse di velocit¨¤ sui circuiti cittadini, particolarmente fiorenti fra l¡¯Emilia-Romagna e le Marche. Il giovane cesenate ha la stoffa del campione e si mette presto in evidenza a livello nazionale. Nel 1939, su una ¡°duemmezzo¡± della Casa pesarese, vince prima al circuito di Verona, poi a Roma, Terni, Spoleto e, passato per la spinta di amici e tifosi alla Guzzi, acerrima rivale della Benelli, continua a mietere successi fino al 1940, prima dello stop bellico.
le prime vittorie
¡ª ?Dopo la guerra, nel 1946 corre nel tricolore 250 con una Moto Guzzi Albatros aggiudicandosi l¡¯anno seguente il ¡°tricolore¡± seniores della categoria quando il suo compagno di squadra e suo ¡°idolo¡± Omobono Tenni domina nella 500. Nel 1947 Ambrosini conquista otto podi in otto gare: vince quattro gare titolate arrivando anche quattro volte secondo. Cos¨¬ la Benelli lo riporta a casa ingaggiandolo di nuovo a suon di lire pesanti e allettanti benefit mettendogli a disposizione l¡¯ultimo gioiello: la 250 anteguerra completamente rifatta. Nel 1948, con il nuovo bolide del Leone, l¡¯asso cesenate trionfa in Svizzera nei GP di Lugano e Ginevra e in una decina di corse nazionali e internazionali, fino al titolo tricolore e poi al magico titolo mondiale del 1950, conquistato dopo aver vinto tre gare su quattro e aver espugnato la roccaforte inglese del Tourist Trophy, inaccessibile ai corridori italiani dai tempi di Tenni. Quando agli inizi del 1948 Ambrosini passa ¡°ufficiale ¡°dalla Guzzi alla Benelli (all¡¯epoca le due principali Case mondiali nella classe 250) scoppia la rivoluzione fra le tifoserie della Casa dell¡¯Aquila e della Casa del Leone: con le prime che si sentono tradite e con le seconde certe che l¡¯asso di Cesena, nel nascente campionato mondiale 1949, porter¨¤ l¡¯iride nella citt¨¤ di Rossini.
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ambrosini nel mondiale
¡ª ?In effetti a Pesaro la 250 viene rifatta di sana pianta, pur se sulla base dei disegni d¡¯anteguerra, salvati non si sa come dopo che la fabbrica era stata completamente distrutta dai bombardamenti degli alleati e ¡°spogliata¡± dai tedeschi in fuga. Poche le modifiche telaistiche e gran lavoro sul motore monocilindrico 250 4 tempi bialbero, tornato ¡ª pur con la benzina normale di commercio imposta dai nuovi regolamenti ¡ª alle stesse potenze con le miscele ¡°particolari¡± d¡¯anteguerra: 26 Cv a 9.000 giri. La stagione parte male ma si chiude alla grande con il trionfo di Ambrosini a Monza (e terzo posto di Umberto Masetti che allo start aveva perso pi¨´ di mezzo giro) che segna anche il giro record a 147,081 di media. Nell¡¯inverno successivo, a Pesaro si fa un gran lavoro certi di dare ad Ambrosini, per il 1950, la moto vincente. In effetti per la Benelli il 1950 ¨¨ ¨C come lo sar¨¤ poi il 1969 ¨C l¡¯anno d¡¯oro, con l¡¯iride della 250 e con la doppia ciliegina magica dei due trionfi al Tourist Trophy. Su quattro gare di campionato mondiale la Benelli ne vince tre. Di particolare importanza, anche per come ¨¨ avvenuto, il trionfo al Tourist Trophy.
quel mitico tourist trophy del 1950
¡ª ?In quel durissimo T.T. l¡¯asso cesenate era rimasto attardato agli inizi causa l¡¯handicap della 250 pesarese appesantita da un vistoso serbatoio supplementare della benzina che cos¨¬ evitava gli stop dei rifornimenti durante la gara. Poi, con il passare dei chilometri e calato il carburante, una lunga rincorsa e un finale rocambolesco con Ambrosini che, dopo 425 km di corsa spazzata da pioggia e vento, brucia sul traguardo l¡¯idolo di casa Maurice Cann sulla Guzzi Gambalunghino ufficiale. Per il corridore romagnolo e per la Casa di Pesaro ¨¨ il trionfo. Ambrosini fa poi secondo dietro a Cann nel successivo Gran Premio dell¡¯Ulster, dominando anche gli ultimi due round del GP di Svizzera a Ginevra e del GP delle Nazioni a Monza dove la duemmezzo pesarese ancora migliorata demolisce ogni record girando a 150,198 km/h. Che pilota! E che moto! Oramai vicina al tetto dei 30 Cv a 10.000 giri e ai 180 km/h di velocit¨¤ massima! Si pu¨° ben dire che Ambrosini era diventato per la Casa di Pesaro, uscita a pezzi dalla guerra, quello che vent¡¯anni prima era stato Tonino Benelli: un pilota-simbolo, un manico speciale, un tecnico sopraffino, il valore aggiunto di una Casa che vince in pista e sui mercati. Cos¨¬, forte della prestigiosa corona iridata e del titolo tricolore, a 32 anni Ambrosini ¨¨ uno dei pochissimi corridori italiani sul tetto del mondo ed ¨¨ pronto, nella stagione 1951, a fare il bis.
l¡¯appuntamento fatale
¡ª ?L¡¯asso romagnolo trionfa nella gara iridata inaugurale sul terribile Bremgarten svizzero, giungendo poi secondo al TT. Ed ecco, a met¨¤ luglio 1951, il terzo round del Gran Premio di Francia sul velocissimo triangolo di Albi dove la Benelli affida al suo portacolori l¡¯ultimo grido della 250 bialbero: motore pi¨´ potente (oltre 30 Cv sopra i 10.000 giri e quasi 190 km/h), telaio alleggerito in tubi con leghe speciali a culla doppia continua e, soprattutto, inedite sospensioni telescopiche anteriori e posteriori. Sin dalle prime prove il nuovo bolide rosso svetta dimostrando i grandi passi avanti fatti sia di motore che di telaio. In una pausa delle ultime prove di un sabato pomeriggio spazzato dal vento, prima delle qualifiche, Ambrosini si ferma a bordo del curvone dove c¡¯¨¨ ¡°Paganella¡±, la moglie dell¡¯iridato Nello Pagani (anche lui l¨¬) che, come sempre, prende i tempi anche per l¡¯asso di Cesena. ¡°Con questa nuova Benelli ¡ª dice stentoreo Ambrosini ¡ª io questa curva la faccio in pieno, a manetta, e rifilo due secondi al giro al primo dietro di me. Qui faccio la differenza¡±. Ambrosini riparte, ancora due giri e si lancia a manetta per battere il record. Ma al curvone s¡¯imbarca, perde l¡¯anteriore e vola via sull¡¯asfalto sbattendo la testa contro un palo a 170 orari. L¡¯amico-avversario Gianni Leoni, fermo l¨¬ vicino, pensa che Dario non si sia fatto niente e gli grida. ¡°Hai visto, volevi fare la curva in pieno! Dai, adesso alzati!¡±. Ma Dario Ambrosini, l¡¯uomo nato per correre, uno dei pi¨´ grandi piloti di tutti i tempi, era gi¨¤ volato lontano.
l¡¯eredit¨¤ di ambrosini
¡ª ?A 70 anni dalla sua tragica morte, Dario Ambrosini va ricordato anche perch¨¦ dal 1946 al 1951, insieme al veronese Bruno Ruffo, ¨¨ stato il corridore protagonista della 250, all¡¯epoca la categoria clou. In quel primo dopoguerra, Ruffo e Ambrosini sono stati nel motociclismo i Coppi e Bartali del ciclismo. Nel nome di Ruffo e Ambrosini, durissimi avversari in pista quanto amici fraterni fuori, per anni le tifoserie si sono divise fra ¡°guzzisti¡± e ¡°benelliani¡±, alzando ovunque sui circuiti di mezzo mondo i vessilli delle ¡°aquile¡± di Mandello e dei ¡°leoni¡± di Pesaro uniti dalla bandiera tricolore. Il motociclismo deve molto ad Ambrosini e Ruffo, due piloti extra, due persone di gran rispetto. Ruffo, paragonato a un ¡°mostro sacro¡± come Omobono Tenni, ¨¨ stato il pi¨´ grande stilista della 250 di tutti i tempi, insieme a Tarquinio Provini, Luca Cadalora, Max Biaggi e Jorge Lorenzo. Dario Ambrosini, l¡¯uomo ¡°nato per correre¡±, tecnico sopraffino, trascinatore delle folle, pilota d¡¯acciaio, la tempra di Tazio Nuvolari, l¡¯irruenza e la grinta emblema della Casa del leoncino. Indimenticabili campioni. Indimenticabile Dario Ambrosini. Indimenticabile quel motociclismo dei Giorni del coraggio.
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