Thomas Voeckler

Ha una faccia più da attore che non da corridore: una via di mezzo fra Jack Lemmon e Robin Williams. E’ un attaccante: se giocasse a calcio, ala; se giocasse a rugby, ala anche lì; se facesse la guerra, trincea. E in questo momento è il francese più amato dai francesi. Thomas Voeckler, francese dell’Alsazia, che è la più tedesca delle regioni francesi, e lo si capisce anche dal cognome, 32 anni, 11 da professionista, è l’uomo in maglia gialla. Thomas - gli dicono, gli urlano, gli scrivono - sei tutti noi: voi francesi in bicicletta, voi francesi che amate Bobet e Robic, Anquetil e Poulidor, Hinault e Thevenet, un po’ meno Jalabert e Virenque, voi francesi che pensate che sia il Tour a fare grandi i corridori finché non c’è un Voeckler che fa grande il Tour e anche i francesi. Dieci giorni in maglia gialla nel 2004, quando era uno sconosciuto, e quella gloria era come se gli fosse piovuta dal cielo. E sette giorni in maglia gialla adesso, quando i lineamenti si sono appuntiti, quando la famiglia si è ingrandita, quando la generosità dell’attaccante si è affilata con l’esperienza del corridore.

"dentro le regole" — Voeckler è amato perché ha sempre dichiarato di correre dentro le regole, all’"eau claire", a pane e acqua, e allora il livellamento dei valori del sangue ha portato al livellamento delle prestazioni, e così si spiegano i suoi successi. Voeckler è amato perché non ha mai lasciato la sua squadra, neanche quando il suo patron Jean-René Bernaudeau, che fu gregario di Bernard Hinault, era rimasto al verde, senza sponsor. E verde è il colore della squadra di oggi, la Europcar. Voeckler è amato perché sembra non raccontare bugie. Prima della salita pirenaica di Luz-Ardiden aveva detto che sarebbe stato difficile tenere la maglia gialla ("Le salite lunghe sono il mio punto debole"), ma poi ci è riuscito. Prima dell’altra salita pirenaica di Plateau-de-Beille aveva annunciato che sarebbe stato difficilissimo tenere la maglia gialla ("E’ ancora più lunga e dura di Luz-Ardiden"), ma poi ci è riuscito. Adesso, a chi gli chiede che cosa succederà sulle salite alpine, Voeckler giura che "se solo volessi farmi un po’ di pubblicità, potrei dire che forse, che magari, che però... Invece non esiste ma minima possibilità di tenere la maglia gialla. Però state certi che lotterò fino all’ultimo". Un po’ che i migliori cincischiano a centrocampo, un po’ che non spetta a lui attaccare anche se è un attaccante nato, finora la corsa sembra disegnata per rilanciare finalmente un francese sul trono del Tour: è dal 1985 che un francese non vince (l’ultimo, Bernard Hinault), è dal 1997 che un francese non sale sul podio (l’ultimo, Virenque, secondo).

coscienza delle capacita' — E avanti così, la candidatura di Voeckler si fa pesante. Voeckler - Voeckler è un super Visconti - non ha una squadra forte. Tre debuttanti, un solo scalatore capace di spalleggiarlo in salita, "anche se - dice lui - in salita ognuno può fare affidamento solo sulle proprie gambe". Il gregario di fiducia è Pierre Roland, che nel 2008, a 21 anni, era arrivato tredicesimo alla Parigi-Nizza ed era stato il migliore scalatore al Giro del Delfinato. E la coppia Voeckler-Rolland, esclusa quella dei fratelli Schleck, è l’unica presente quando la strada sale. Roland sostiene che il merito del suo cambiamento è soprattutto del nuovo allenatore, Jean-Philippe Robert: "Mi ha insegnato come funziona il corpo, mi ha fatto prendere coscienza delle mie capacità fisiche, mi ha spinto a credere di più in me e a non avere paura degli altri". Tanto da fargli guardare anche alla classifica della maglia bianca, quella dei giovani. Domani le Alpi. Voeckler, ma anche Rolland, non hanno paura. Gli altri, forse, sì.