L'inverno dei corridori
Merlo pronto a cantare

Michele Merlo, 26 anni, velocista, sta preparando la terza stagione da professionista "Avevo una tendinite che mi ha rovinato tutto l’anno, da gennaio in poi. Non potevo allenarmi, se no mi s’infiammava il tendine d’Achille. Correre era diventata una sofferenza, fisica e morale. Adesso mi sono fatto operare. E ho ricominciato"

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Michele Merlo, 26 anni. Bettini

Hanno staccato la spina. Riposano, recuperano, si restituiscono alla vita — la vita normale — di tutti i giorni. C’è chi va in vacanza e chi rimane a casa, c’è chi va ancora in bici e chi va già in bici, c’è chi sogna e chi progetta. Corridori d’inverno: tutti a casa. Stavolta tocca a Michele Merlo, 26 anni, che si prepara a vivere la terza stagione da professionista.

- Merlo, quando canterà ancora?
"Intanto ho smesso di piangere. Avevo una tendinite che mi ha rovinato tutto l’anno, da gennaio in poi. Non potevo allenarmi, se no mi s’infiammava il tendine d’Achille. E nel ciclismo è così: niente allenamenti, niente gambe. Correre era diventata una sofferenza, fisica e morale. Adesso mi sono fatto operare. E ho ricominciato: prima palestra, poi piscina, poi bici".

"Da dilettante ero un corridore-lavoratore: meccanico ’part time’ in un’officina di macchine. Due anni a imparare il mestiere, fare tagliandi, riparare frizioni, sostituire cuscinetti, regolare freni. La cosa più difficile? L’elettronica delle auto nuove"

Ha pensato di smettere?
"No, anche se certezze, in bici, non ci sono. Da dilettante ero un corridore-lavoratore: meccanico ’part time’ in un’officina di macchine. Due anni a imparare il mestiere, fare tagliandi, riparare frizioni, sostituire cuscinetti, regolare freni. La cosa più difficile? L’elettronica delle auto nuove. La più facile? Le Golf".

E da corridore?
"La più difficile è arrivare preparati alle corse. Non basta allenarsi, ma serve tutto: salute, tempo, squadra. E la più facile non c’è".

Professione: velocista.
"Si fa presto a dire velocista. Per me il velocista è quello che vince non in solitudine, ma da solo, senza squadra, senza treni e senza freni. Insomma quello che si butta dentro, ma non per arrivare decimo".

La classifica dei velocisti?
"Sono molto indietro. Ma spero di rimontare".

Il primo anno lei ne aveva vinta una.
"L’ultima tappa del Giro dell’Inghilterra. Si arrivava a Londra, lungo il Tamigi, sotto il Big Ben. Primo io, secondo lo spagnolo Koldo Fernandez, terzo l’australiano Sutton. Grandissima soddisfazione. Neanche avuto il tempo di festeggiare come si doveva, perché un’ora e mezzo dopo ero già, lavato e cambiato, all’aeroporto per tornare a casa. E arrivato a casa, come si dice, ormai era andata. Non ho neanche comprato i giornali con la mia vittoria. Tutto quello che ho è ’La Gazzetta dello Sport’: un angolino, però con la foto".

"L’ultima tappa del Giro dell’Inghilterra. Si arrivava a Londra, lungo il Tamigi, sotto il Big Ben. Primo io, secondo lo spagnolo Koldo Fernandez, terzo l’australiano Sutton. Grandissima soddisfazione. Non ho neanche comprato i giornali con la mia vittoria. Tutto quello che ho è La Gazzetta dello Sport: un angolino, però con la foto"

Poi?
"Due secondi posti sempre in quel Giro dell’Inghilterra, un terzo nella prima tappa del Giro della Provincia di Grosseto. E quest’anno solo un terzo in una tappa al Giro della Cina".

Vince poco, ma viaggia molto.
"Viaggio molto, ma vedo poco o niente. Aeroporti, alberghi, asfalto. I posti non te li godi, però riesci a farti almeno un’idea di come la gente viva. Per esempio, a occhio, si vive molto meglio in Italia che non in Cina. Una povertà che non vi dico".

Merlo, com’è nata la passione per la bici?
"Con una Grandis, rossa, piccolina e pesantissima, con le gabbiette e i fili esterni, in acciaio. Data dalla mia società. E così è sempre stato. Fino a due o tre anni fa non ho mai avuto una bici mia. Di una bici guardo innanzitutto la sella: dev’essere comoda, morbida ed ergonomica. Poi mi basta saltarci su e pedalare, possibilmente forte".

Da solo?
"Da solo o in compagnia. Da queste parti — Verona e dintorni — ci sono Bellotti, Pietropolli, Finetto, Rasmussen... C’è anche Cunego, ma in due anni l’ho incrociato tre volte".

E dove va?
"Io abito a Sustinenza di Casaleone, nel mezzo della Pianura Padana: e questo, per i percorsi piatti, è il paradiso. Se invece c’è bisogno di mangia-e-bevi, mi sposto in macchina verso il Lago di Garda o la Valpolicella".

"MI alleno da solo o in compagnia. Da queste parti — Verona e dintorni — ci sono Bellotti, Pietropolli, Finetto, Rasmussen... C’è anche Cunego, ma in due anni l’ho incrociato tre volte"

E?
"E guardo, e vedo, e sento, e ascolto. Qualche volta metto su le cuffie e ascolto di tutto, dalla classica al rock. Ma il più delle volte preferisco sentire i suoni della strada. Anche perché bisogna fare attenzione, il traffico è impazzito, meglio prevenire le mosse degli automobilisti che inventarsi delle acrobazie per evitare il peggio".

Anche in corsa?
"In corsa non ci sono le macchine, ma i corridori. E l’attenzione deve rimanere alta. E nei momenti di difficoltà parlo tra me e me, m’incoraggio".

La sua fidanzata non la incoraggia abbastanza?
"Ci siamo conosciuti una decina d’anni fa e messi insieme cinque anni fa. Di ciclismo non sapeva nulla, adesso si è appassionata".

"Il primo giorno di pioggia vado in palestra o faccio un po’ di ciclomulino, il secondo giorno di pioggia faccio un po’ di ciclomulino e vado in piscina. Il terzo? "Purtroppo mi tocca uscire""

E che cosa dice?
"Che siamo matti. Che solo dei matti come noi possono andare in bici quando fa freddo, c’è la nebbia e piove".

Dica la verità: si allena anche quando piove?
"Dico la verità: il primo giorno di pioggia vado in palestra o faccio un po’ di ciclomulino, il secondo giorno di pioggia faccio un po’ di ciclomulino e vado in piscina, che è comunque acqua, ma in un altro modo".

E il terzo giorno di pioggia?
"Purtroppo mi tocca uscire".