L'inverno dei corridori
Piechele, bici e strudel

Parla Andrea Piechele da Cles: quest'anno ha debuttato, l'anno prossimo correrà per la Colnago. "Il mio sogno? Vincere una corsa qualsiasi".

• Ascolta
• Mail
• Stampa
• commenti
• OKNotizie
• 
• badzu
• Condividi su MySpace!
• Facebook
• 
• Tweet

Andrea Piechele, 23 anni

Hanno staccato la spina. Riposano, recuperano, si restituiscono alla vita — la vita normale — di tutti i giorni. C’è chi va in vacanza e chi rimane a casa, c’è chi va ancora in bici e chi va già in bici, c’è chi sogna e chi progetta. Corridori d’inverno: tutti a casa. Stavolta abbiamo sentito Andrea Piechele, che nel 2010 ha debuttato nel professionismo.

Piechele, ci tolga subito una curiosità: ma che cognome è?
"Austriaco. Anche mio padre voleva togliersi questa curiosità, ha fatto delle ricerche e scoperto che la radice è austriaca. Ma di più non ricordo".

Ricorda invece la sua prima bici?
"La prima no: avevo due o tre anni. La prima da corsa sì: avevo cinque anni, la bici di più, era una Fondriest blu, sarà stata di decima mano, e la condividevo con mio fratello, Nicola, un anno maggiore. Fino a un paio di anni fa passavo da una Fondriest all’altra: qui Fondriest è di casa".

"La prima corsa a sei anni, G1. Non ricordo dove, ma l’ho vinta. Ho provato e fatto un po’ tutto: tanta corsa, nuoto e tennis, anche ping pong e calcio. Ma come il ciclismo, nulla mi ha mai appassionato. Sarà quell’adrenalina prima delle corse, sarà la compagnia, sarà anche la tattica: vuoi mettere la soddisfazione di vincere quando sai di non essere il più forte?"

Cles?
"Cles, Val di Non, Trentino. Il paese di Fondriest, anche il mio e del Trofeo Melinda, che è un po’ la festa del paese. Da piccolo sono cresciuto con il mito del Melinda. Allora non so che cosa avrei dato per parteciparvi, adesso per vincerlo. Ma so benissimo che, per me, è troppo duro. Quest’anno avrei potuto almeno correrlo, invece l’ho seguito in ammiraglia: infortunato".

Si racconti.
"La prima corsa a sei anni, G1. Non ricordo dove, ma l’ho vinta. Ho provato e fatto un po’ tutto: tanta corsa, nuoto e tennis, anche ping pong e calcio. Ma come il ciclismo, nulla mi ha mai appassionato. Sarà quell’adrenalina prima delle corse, sarà la compagnia, sarà anche la tattica: vuoi mettere la soddisfazione di vincere quando sai di non essere il più forte?".

Insomma, ha voluto la bicicletta.
"E ho pedalato. E ho anche vinto. Tanto da giovanissimo, una volta da esordiente, una da allievo, una da junior, 14 nei quattro anni di dilettante".

E suo fratello Nicola?
"Lui è rimasto dilettante. Quando correvamo insieme, mi tirava le volate. Era contento così. Lo faceva per vocazione, per spirito fraterno, mai per interesse. I premi si dividevano con tutta la squadra. Non potevamo dividerci neanche le miss: lui ha la fidanzata".

"Risultati? Un sesto e un decimo posto in quel Giro della Provincia di Reggio Calabria, un ottavo al Costa degli Etruschi, tra i 10 in Francia, un sesto in Olanda e un secondo in Spagna, due volte settimo al Giro dell’Austria. In volata posso provare, in salita devo migliorare "

Tra i professionisti?
"L’esordio al Giro della Provincia di Reggio Calabria, alla fine di gennaio. Pronti-via, tanta di quell’acqua, perfino un po’ di neve. Ero congelato: avevo le mani così intirizzite che dovevo frenare con i polsi. Sono arrivato distrutto dal freddo, non riuscivo neanche a scendere da solo dalla bici. Mi sono detto: se sono tutte così, meglio lasciar perdere. Ma non sono tutte così".

Però è servito a farsi un’idea?
"Chi quel giorno è arrivato davanti, l’ho considerato speciale. Primo Montaguti, secondo Savini, la volata del gruppetto dietro di loro è stata vinta da un mio compagno di squadra, lo spagnolo Ventoso. Gli avrei fatto anche da cameriere".

Risultati?
"Un sesto e un decimo posto in quel Giro della Provincia di Reggio Calabria, un ottavo al Costa degli Etruschi, tra i 10 in Francia, un sesto in Olanda e un secondo in Spagna, due volte settimo al Giro dell’Austria".

C’è posto anche per lei?
"In volata posso provare, in salita devo migliorare".

E pensare che lei vive fra le montagne.
"D’inverno scialpinismo, sci discesa, sci di fondo. Con attenzione. Meglio i giorni in cui non c’è gente. Le montagne mi piace farle anche in bici: ma in allenamento, non in corsa. Per me le montagne sono passione e sofferenza".

"La Colnago è una grande opportunità. Cercherò di aiutare Belletti e Modolo, che in volata vanno più forte di me. Poi, se migliorerò, e se capitasse l’occasione..."

E la bici?
"Per ora dà molte più emozioni che soddisfazioni. Ma queste bisogna saperle cogliere. E non intristirsi quando sembra di non andare avanti neanche a spinta. I sacrifici si fanno: allenarsi tutti i giorni anche quando hai mal di gambe o fa freddo, andare a letto presto la sera, alzarsi da tavola con la fame ancora addosso, sapere che gli amici sono al mare e tu in camera, santificare la domenica a pedali e non a spasso".

Neanche adesso?
"Adesso sì. In canoa, qui sul Lago di Cles, a pescare trote. Ecco: io, alla moto, preferisco di gran lunga la canoa".

Cominciamo a scoprirla: sciatore, canoista, pescatore. Poi?
"Cuoco. Mi diverto, me la cavo, il guaio è che poi mangio. Il mio menu? Lasagne o pizzoccheri di primo: tutta roba leggera, ideale per un corridore, vero? Trote alla brace di secondo. La mia specialità sono i dolci: Sacher e strudel".

"Il mio sogno? Facile rispondere la Milano-Sanremo. Non solo non l’ho mai fatta, ma non ho mai neanche fatto una corsa lunga 300 chilometri. Dico la verità: me ne basterebbe vincere una qualsiasi"

Un’alternativa se le andrà male come corridore. Intanto è passato dalla CarmioOro alla Colnago.
"La CarmioOro sembrava avere un grande progetto: uomini, donne, giovanili. Poi si è sciolta. La Colnago è una grande opportunità. Cercherò di aiutare Belletti e Modolo, che in volata vanno più forte di me. Poi, se migliorerò, e se capitasse l’occasione...".

Il suo sogno?
"Facile rispondere la Milano-Sanremo. Non solo non l’ho mai fatta, ma non ho mai neanche fatto una corsa lunga 300 chilometri. Dico la verità: me ne basterebbe vincere una qualsiasi"

E i rapporti con i campioni?
"Alcuni, come Contador, non li ho mai incontrati. Ad altri non ho avuto l’occasione, o forse il coraggio, di presentarmi. Quello che ho visto più da vicino è stato Evans. Alla Parigi-Bruxelles gli sono rimasto a ruota finché ce l’ho fatta. Quello che ammiro di più è Freire. Ma, per rispetto, gli darei del lei".