Il Tour degli italiani
La scelta di Pellizotti

Sabato 3 luglio, da Rotterdam, in Olanda, scatta il Tour de France numero 97. Sarà il Tour di Contador e Armstrong, dei fratelli Schleck, di Cancellara e Cavendish. Sarà il Tour del Tourmalet e di Morzine, della foresta di Arenberg e dei Campi Elisi. E — speriamo — sarà anche il Tour degli italiani. Oggi ne parliamo con Franco Pellizotti, fermato prima del Giro per anomalie nei dati del passaporto biologico

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MILANO 20 giugno 2010 - Un anno fa era l’italiano a Parigi. Felice e vincente, sul podio dei Campi Elisi. Maglia a pois: primo nella classifica dei gran premi della montagna. Quest’anno, le ruote si sono sgonfiate: prima del Giro d’Italia l’Uci ha informato la Federazione italiana che sul passaporto biologico di Franco Pellizotti c’erano - secondo gli esperti - valori con variazioni anomale. E Pellizotti non ha più gareggiato.

Franco, novità?
"Nessuna, ufficialmente. Tanto che, stanco di aspettare, avrei voluto tornare a correre prima al Giro di Slovenia, poi al campionato italiano, infine al Tour de France. Invece, d’accordo con i miei legali, ho preferito aspettare ancora un po’ per non mettere in difficoltà la Procura antidoping del Coni e la stessa Uci. Quindici giorni in più o in meno non mi cambiano la vita. La stagione è ancora lunga, fino al Lombardia".

"Avrei voluto tornare a correre prima al Giro di Slovenia, poi al campionato italiano, infine al Tour. Invece, d’accordo con i miei legali, ho preferito aspettare ancora un po’ per non mettere in difficoltà la Procura antidoping del Coni e la stessa Uci"

Lei non è sospeso né squalificato.
"E ho parlato della mia situazione, ho spiegato, nei limiti del possibile, le variazioni dei miei valori, e ho prodotto tutti i documenti e i pareri dei miei periti".

A chi spetta il primo passo?
"Alla Procura antidoping del Coni. Il procuratore Torri mi ha confermato che, non essendoci alcuna positività, potrei correre anche oggi, mi ha confidato che non gli era mai capitato un caso simile prima del mio, e mi ha avvertito che anche lui aspetta le valutazioni dei periti della Procura antidoping dopo le spiegazioni dei miei. E ha aggiunto che gli sembra strano che, visto che il passaporto biologico è uno strumento nato per controllare i corridori, io non sia più stato controllato dallo scorso agosto".

E allora?
"La mia squadra segue l’evolversi della situazione al mio fianco. Roberto Amadio, team manager della Liquigas-Doimo, è d’accordo nel fare tutto alla luce del sole e lasciare ancora un paio di settimane prima che io torni alle corse".

"L'aspetto favorevole della vicenda? Ho avuto finalmente il tempo per godermi la famiglia. Poi la solidarietà e la comprensione della gente. L’appoggio della squadra e dell’Associazione corridori professionisti. Anche la mia serenità"

Lei come sta?
"Non ho mai smesso di allenarmi. Spesso da solo, altrimenti con i corridori che abitano dalle mie parti, da Lorenzetto a Da Dalto, da Modolo a Bruseghin. L’altro giorno ho partecipato alla 24 ore di Feltre".

Sarebbe?
"Una gigantesca festa del ciclismo. Una staffetta che comincia alle 22 del venerdì e si conclude alle 22 del sabato. Centodieci squadre, ciascuna squadra composta da 12 corridori. Per due anni ho gareggiato con una formazione guidata da Fausto Pinarello. Ne metteva insieme due o tre: una composta solo da ex, da Lombardi a Martinello, un’altra da ’all stars’, dai ciclisti agli sciatori. Quest’anno Pinarello non l’ha fatta e allora ho partecipato con quella del mio amico Bomba e del mio ex compagno Curtolo. Ma era un’occasione per ritrovarsi: mangiare e bere, ridere e scherzare, pedalare e divertirsi. Un circuito cittadino, pedali finché ne hai voglia o finché un compagno non si fa trovare pronto nella griglia di partenza, e ci si dà il cambio".

"Spero ancora di correre il Tour. Altrimenti ritiro con la squadra al Passo San Pellegrino e poi la Vuelta"

Com’è andata?
"C’erano anche Modolo, Dall’Antonia e Gatto. In un’altra squadra Tosatto. In un’altra ancora Olaf Ludwig e ’Turbo’ Guerini. Ci siamo divertiti da matti".

Adesso?
"Spero ancora di correre il Tour. Altrimenti ritiro con la squadra al Passo San Pellegrino e poi la Vuelta".

Pellizotti, in questa vicenda riesce a trovare un aspetto favorevole?
"La mia famiglia: ho avuto finalmente il tempo per godermela. La solidarietà e la comprensione della gente. L’appoggio della squadra e dell’Associazione corridori professionisti. Anche la mia serenità".