“No, non chiederemo a Jacob Pullen cose diverse da quelle che abbiamo chiesto l’anno scorso all’altro playmaker rookie, Edgar Sosa. Solo che lui le fa in maniera diversa. È meno istintivo, ha più controllo della situazione, e se commette delle palle perse non sono a causa della troppa foga”. Coach Massimo Cancellieri inizia a presentarci così il nuovo playmaker dell’Angelico Biella. Un ragazzo che promette, come attestano i 20.2 punti di media con Kansas State nell’ultima stagione di college basket, la quarta per lui dopo aver iniziato al fianco di Michael Beasley, diventato nel 2008 la seconda scelta assoluta del Draft NBA dietro a Derrick Rose. “Lo abbiamo scelto per due motivi: sia perché in linea con il nostro budget, sia perché volevamo un giocatore in grado di essere un realizzatore vero partendo dal ruolo di playmaker nel nostro sistema. E lui, che non vuole sempre e solo attaccare il ferro, si integrava bene con Coleman e Chrysikopoulos, che avevamo già firmato. Dovrà essere un leader? Noi vogliamo solo che giochi a basket come sa: abbiamo i nostri veterani come Soragna e Jurak per guidare i giovani talenti come lui”. Chiare le attese, dunque,e chiare le consegne da parte di coach e management. Ora, a Pullen, non resta che fare la sua parte.

Jacob Pullen in azione con Kansas State. Reuters

Jacob, partiamo proprio dal college. Come abbiamo detto ha giocato di fianco a Beasley, al tempo uno dei giocatori più attesi della nazione.
“Ero al mio primo anno con Kansas State, e tutto il roster era abbastanza giovane anche per il livello Ncaa. Abbiamo vinto molte partite, e fuori dal campo io e Michael siamo anche diventati amici. Quelli del college, finora sono stati i quattro anni più divertenti della mia vita, mi hanno dato tanto per capire il basket e non solo”.

Biella cercava un realizzatore, firmandola. Lei come si definirebbe?
“È vero che mi piace segnare, ma io sono qui per essere utile alla mia squadra anche in tutti gli altri settori del gioco, ad esempio con gli assist per i compagni”.

Cosa sapeva di Biella prima di firmare? Era al corrente che tanti giovani prospetti importanti sono passati da qui per lanciare la loro carriera?
“Sì, sapevo che c'erano stati giocatori importanti prima di me, come Thabo Sefolosha, che poi è arrivato nella Nba, e Reece Gaines, che negli USA era molto considerato ed è stato una prima scelta. Qui mi sto divertendo, io uscendo dal college volevo solo giocare, nella Nba o in qualunque altro posto. Il lock-out? Non mi riguarda direttamente, penso a quello che devo fare qui”.

E del campionato?
“Conosco molti giocatori che dovrò affrontare. Qualche esempio? Jerel McNeal di Montegranaro, Michael Dunigan di Casale Monferrato, Dee Brown di Teramo e parecchi altri. Sarà divertente affrontarli qui”.

La sua Angelico le piace?
“Sì, la squadra che abbiamo costruito è interessante. Abbiamo buoni tiratori, ma soprattutto vogliamo e siamo in grado di mettere molta pressione e giocare a buon ritmo”.

Una curiosità: un rookie come lei arriva dal college e si cala in una realtà che ha come obiettivo primario quello di salvarsi, un concetto che nello sport americano non esiste. Come la vede?
“Anche questa è un’esperienza nuova. Da noi le retrocessioni non ci sono e quindi questo significa che qui ogni partita si giocherà con un livello di intensità molto alto. Un po’ come quello che accade nelle gare che ho disputato nella Big 12, la mia conference al college. Cercherò di mettere quella stessa energia qui con Biella”.

Abbiamo chiesto anche ad alcuni suoi colleghi un’opinione sulla questione Bryant, da americano. Lei che ne pensa?
“Io spero che alla fine decida di venire in Italia. Bryant è la cosa più vicina a Michael Jordan che sia mai apparsa nel mondo del basket, e poterlo vedere qui sarebbe certamente uno dei momenti più belli da ricordare”.