Nove successi assoluti con modelli straordinari come la 250 Testa Rossa o la 250 LM, ma nelle 29 vittorie di classe c¡¯¨¨ il fascino della 488 GTE o della 333 SP ricordando la splendida incompiuta F50 GT
A Maranello, la 24 Ore di Le Mans sta alla Formula 1 come la testa al cuore. Nella massima formula sta la cultura del motore, la leggenda del 12 cilindri, l¡¯amore per quell¡¯urlo che nessuno scambia per rumore. Sul Circuit de la Sarthe restano nove successi assoluti e 29 vittorie di classe dal 1949. La palestra pi¨´ importante nel costruire passo dopo passo l¡¯eccellenza nelle vetture di serie di una vera cultura sportiva. Tecnologie, design, affidabilit¨¤ dei materiali e soluzioni ingegneristiche e duelli epici fino al 1973, con quella che ¨¨ stata l¡¯ultima partecipazione ufficiale prima di un¡¯attesa lunga 50 anni. Al via il 10 giugno torna il Cavallino con la 499P. C¡¯¨¨ insomma un¡¯altra Ferrari al via nell¡¯edizione 2023, l¡¯idea della Granturismo che a Le Mans trova l¡¯ennesima potenza a prescindere dai regolamenti e dai tempi che cambiano. La pi¨´ dura e imprevedibile gara dell¡¯Endurance, inafferrabile fino all¡¯ultimo degli 86.400 secondi che compongono 24 ore.
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Subito a segno
Si comincia il 25 giugno 1949, ancora troppo poco tempo dopo la fine di una guerra devastante. Il motore ¨¨ una gioia, Ferrari debutta e vince subito con la 166 MM Barchetta Touring guidata da Luigi Chinetti e Lord Selsdon. Un americano e un inglese su una splendida vettura italiana, rossa come la pace. Non era ancora banale. Aveva un orgoglioso motore V12 da 1.995 cc in posizione anteriore per 140 Cv di potenza. La sigla MM raccontava che era nata per la Mille Miglia 1949, corsa e dominata poche settimane prima, il giorno 25 aprile. Nel 1954 si raddoppia con la vittoria di Gonzales e Trintignant a bordo della magnifica Ferrari 375 Plus, capace di aggiudicarsi quell¡¯anno anche la Carrera Panamericana. Comanda il motore V12 da 4.954 cc per 330 Cv, affidabile e potente come un martello a benzina. Bastava aspettare la Le Mans 1958 per trasformare la forza anche in assoluta bellezza.
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La favolosa Testa Rossa
Debutta allora la Ferrari 250 Testa Rossa, che vince con Olivier Gendebien e Phil Hill. Nel 1960 si ripete con Gendebien e Paul Fr¨¨re, e ancora nel 1961, di nuovo con Gendebien-Hill. Forme dell¡¯eleganza che piace al vento, e muscoli, con un proverbiale V12 da 2.953 cc che assicurava 300 Cv di potenza e innamorava per i 6 carburatori Weber e i coperchi coprivalvole in quella vernice rossa che valeva all¡¯auto il nome. Vinse ovunque e domin¨° comunque, ma comincio sul Circuit de la Sarthe. Dopo di lei, nel 1962 ancora primi Gendebien e Hill con la 330 TR, esemplare unico derivato dalla 250 Testa Rossa, e ultima Ferrari a motore anteriore a conquistare la 24 ore.
Aria di leggenda
Nel 1963 tocca alla coppia di assi Bandini e Scarfiotti mantenere la striscia vincente, e lo fanno, ma nel frattempo ¨¨ cambiato il mondo e la 250 P lo racconta al meglio, con quel motore da 2.953 cc in posizione posteriore centrale che vale una rivoluzione copernicana nello splendido design firmato Pininfarina. La 250 P vinse a Sebring, Le Mans e N¨¹rburgring, portando a Maranello il titolo mondiale Sport prototipi. Nel 1964 la sua evoluzione 275 P ¨¨ ancora prima sulla Sarthe, ma quel che conta sta nel suo V12 da 3.285 cc per 320 Cv. Sar¨¤ lui a spingere nel 1965 la vettura dell¡¯ultimo successo ufficiale Ferrari a Le Mans, con Jochen Rindt e Masten Gregory. Lei ¨¨ la 250 LM, erede ideale della 250 Gto a motore anteriore gi¨¤ favola nell¡¯immaginario collettivo, ma altrettanto splendida nel suo telaio in acciaio, propulsore centrale e carrozzeria in alluminio. Dal 1966 comincia poi la nuova era, la grande sfida che arriva da oltre oceano, quella dei successi di Ford GT 40.
Il filo rosso
L¡¯ultima partecipazione in forma ufficiale alla 24 Ore di Le Mans risale dunque all¡¯edizione 1973, con la 312 PB che Arturo Merzario e Carlos Pace portarono fino al secondo posto di un traguardo sotto le aspettative. Ferrari esce formalmente di scena, ma il filo rosso resta teso. Dall¡¯istituzione del Fia Wec a partire dal 2012, la casa di Maranello ha conquistato otto successi, due dei quali con la 488 Gte e la coppia Pier Guidi - Calado. Nel 2021 Ferrari ottenne il primo posto anche in Lmgte Am con la 488 Gte affidata a Nicklas Nielsen, Alessio Rovera e Fran?ois Perrodo. Il rosso non si allontana mai dalla Sarthe.
Nel 1993 arriva una vettura che rappresenta l¡¯accordo tra i vertici di Maranello, la Dallara che ne svilupper¨¤ il telaio e la carrozzeria Michellotto, il tutto sotto l¡¯egida di Giampiero Moretti, fondatore della Momo e con l¡¯impulso di Gian Luigi Buitoni, amministratore di Ferrari Nord America. Nasce cos¨¬ la 333 SP, la barchetta delle meraviglie, spinta da un propulsore V12 da 3.997 cc strettamente derivato dal motore utilizzato in Formula 1 nel 1990. Una vettura destinata ad essere prodotta in soli 40 esemplari e soprattutto venduta a scuderie interessate a competere nel campionato statunitense Imsa. Naturalmente, si and¨° molto oltre, con una carriera agonistica che port¨° le qualit¨¤ velocistiche della 333 SP a dominare ovunque, con un picco nel 1998 quando si aggiudic¨° la 24 Ore di Daytona, la 12 Ore di Sebring e soprattutto la vittoria nella classe Lmp1 a Le Mans, con l¡¯ottava piazza assoluta dell¡¯equipaggio formato da Wayne Taylor, Eric van de Poele e Ferm¨ªn Velez per il team Doyle-Risi.
Capolavoro incompiuto
L¡¯impegno di Ferrari nel progetto 333 SP era quello di costruttore per vetture destinate a gareggiare con scuderie indipendenti. In quegli anni, l¡¯idea di una partecipazione pi¨´ diretta ruotava piuttosto attorno ad una vettura diversa, oggi considerata semplicemente il capolavoro assoluto che rappresenta, anche se poi mai messa in condizione di gareggiare. Nel 1996 Ferrari deriv¨° dalla F50 la sua F50 GT, destinata a quella che allora era la classe Gran Turismo internazionale, ovvero il campionato Bpr e dunque la 24 Ore di Le Mans. Sul piano estetico gli elementi pi¨´ visibili rispetto alla vettura stradale erano una presa d¡¯aria sul tetto fisso, una diversa ala posteriore con supporto centrale e l¡¯estrattore posteriore. A cambiare era anche il motore V12 aspirato da 4,7 litri, derivato direttamente da quello utilizzato dalla Ferrari 641 di Formula 1 del 1990. La potenza accreditata alla fine dello sviluppo del modello, svolto completamente da Maranello, era di 740 Cv, il tutto abbinato ad una frizione che aveva dischi in carbonio; il cambio era con comando sequenziale. I primi collaudi svolti sul circuito di Fiorano dal pilota ufficiale Nicola Larini seegnarono fin da subito tempi sul giro inferiori a quelli delli registrati dalla 333 SP, che gi¨¤ vantava regolazioni e assetto testati in gara. Sembrava fatta per il ritorno a Le Mans nel 1997, ma con un cambio di regolamento la Federazione Internazionale dell¡¯automobile vanific¨° tutto, trasformando la categoria GT1 in cui ricadeva la F50 GT in una classe assimilabile a quella dei prototipi, azzerando cio¨¨ definitivamente i collegamenti con le supersportive regolarmente in vendita. Ferrari abbandon¨° il progetto dopo aver realizzato soli 3 esemplari, trasformando cos¨¬ la F50 GT in una rarit¨¤ assoluta. Per Maranello, toccava gi¨¤ a lei riunire testa e cuore.
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