lo studio
Parkinson, l'esercizio fisico rallenta la malattia
Neuroscienziati della Facolt¨¤ di Medicina e Chirurgia dell'Universit¨¤ Cattolica, Campus di Roma e della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli Irccs hanno scoperto che l'esercizio fisico intensivo potrebbe rallentare il decorso della malattia di Parkinson e hanno anche compreso i meccanismi biologici sottostanti, una scoperta importante che potrebbe aprire la strada a nuovi approcci non-farmacologici. ? il risultato di uno studio intitolato `Intensive exercise ameliorates motor and cognitive symptoms in experimental Parkinson's disease restoring striatal synaptic plasticity? pubblicato sulla prestigiosa rivista Science Advances che vede coinvolti, oltre all'Universit¨¤ Cattolica, campus di Roma e alla Fondazione Policlinico A. Gemelli IRCCS, diversi istituti di ricerca: Universit¨¤ telematica San Raffaele Roma, CNR, TIGEM, Universit¨¤ degli studi di Milano, Irccs San Raffaele Roma.?
Allenamento
¡ª ?Precedenti lavori hanno mostrato che l'attivit¨¤ fisica intensiva si associa a un aumento della produzione di un fattore di crescita fondamentale per la sopravvivenza dei neuroni, il brain-derived neurotrophic factor (Bdnf). In questo studio gli autori hanno osservato lo stesso fenomeno in risposta a un protocollo di allenamento su tapis roulant e per la prima volta hanno dimostrato il meccanismo attraverso cui questo fattore neurotrofico agisce nel determinare gli effetti benefici dell'attivit¨¤ fisica a livello cerebrale e quindi comportamentale. Quindi gli esperti hanno dimostrato che un protocollo di esercizio fisico della durata di quattro settimane pu¨° rallentare la progressione di malattia in un modello animale di Parkinson in fase iniziale (ottenuto con la somministrazione intracerebrale di alfa-sinucleina umana, una proteina che nella sua forma aggregata ha un ruolo importante nella malattia). Lo studio, che vede come principali autrici le dottoresse Gioia Marino e Federica Campanelli, ricercatrici della Facolt¨¤ di Medicina e Chirurgia dell'Universit¨¤ Cattolica, campus di Roma, ha utilizzato diverse tecniche per misurare un effetto neuroprotettivo dell'esercizio fisico sul comportamento motorio e sulla cognizione visuo-spaziale.?
sopravvivenza dei neuroni
¡ª ?L'effetto principale, osservato in risposta all'allenamento giornaliero su tapis roulant per quattro settimane, ¨¨ stato la riduzione della diffusione degli aggregati patologici di alfa-sinucleina, che nella malattia di Parkinson porta alla graduale e progressiva degenerazione delle cellule nervose di alcune aree cerebrali (la sostanza nera pars compacta e lo striato - la cosiddetta via nigrostriatale), deputate al controllo del movimento. L'effetto neuroprotettivo dell'attivit¨¤ motoria ¨¨ associato alla sopravvivenza dei neuroni che rilasciano il neurotrasmettitore dopamina e alla capacit¨¤ dei neuroni del nucleo striato di continuare a svolgere la loro funzione, aspetti altrimenti compromessi dalla malattia. Anche il controllo motorio e l'apprendimento visuo-spaziale, funzioni dipendenti dall'attivit¨¤ nigrostriatale, risultano intatte negli animali sottoposti ad allenamento intenso. I neuroscienziati hanno anche scoperto che il BDNF, che aumenta con l'esercizio fisico, interagisce con il recettore NMDA per il glutammato, consentendo ai neuroni dello striato di rispondere agli stimoli in modo efficace, con effetti che perdurano nel tempo anche oltre l'interruzione dell'esercizio fisico.?
La ricerca prosegue
¡ª ?Per quanto riguarda i possibili sviluppi di questa ricerca il professor Paolo Calabresi aggiunge che: "Il nostro gruppo di ricerca ¨¨ coinvolto in uno studio clinico per verificare se l'esercizio fisico possa rallentare la progressione della malattia di Parkinson nei pazienti in fase precoce e individuare nuovi marcatori in grado di seguire il decorso della patologia. Considerato che la malattia di Parkinson ¨¨ caratterizzata da una importante componente neuroinfiammatoria e neuroimmune, che riveste un ruolo chiave nelle prime fasi della malattia, la ricerca proseguir¨¤ grazie all'apporto determinante dei modelli animali, che ci permetteranno di indagare anche il coinvolgimento delle cellule della glia, popolazioni cellulari che supportano l'attivit¨¤ dei neuroni, oltre a essere implicate nella risposta immunitaria. Ci¨° consentir¨¤ di identificare meccanismi molecolari e cellulari alla base degli effetti benefici osservati".
? RIPRODUZIONE RISERVATA