Il racconto di Dario Pedrotti che ha partecipato alla gara in quattro tappe per un totale di circa 170 km
Gioved¨¬ 6 settembre ero al via della prima edizione del 4x40 Maira Occitan Trail, quattro tappe per un totale di circa 170 chilometri e 9.000 metri di dislivello, per percorrere andata e ritorno la Valle Maira, in provincia di Cuneo, lungo i percorsi occitani. Che potesse essere una bellissima gara me lo immaginavo, come sarebbe andata a finire, proprio no.
Prima tappa
¡ª ?La prima tappa ¨¨ in bassa valle, 44 km con 2.500 metri di dislivello positivo, dal parco geologico dei Ciciu a Villar San Costanzo fino a Stroppo. Dopo essermi trovato casualmente davanti per i primi 500 metri in discesa, cinque indemoniati mi superano correndo su una salita dalla pendenza proibitiva e li lascio andare serenamente. La classifica ¨¨ l¡¯ultimo dei miei pensieri e mi godo le bellezze dell¡¯autunno da queste parti e le raffinate libagioni dei ristori, dove scialacquo minuti ogni volta. Chiudo settimo, a 20 minuti dal primo, ma solo 5 dal quinto, che sarebbe l¡¯ultimo dei premiati: un pensierino potrei farcelo.
Seconda tappa
¡ª ?Al venerd¨¬ ¨¨ ora di andare in alta montagna per una scampagnata di 41 chilometri con 2.500 m D+: partenza da Stroppo subito in salita, prima di nuovo fra i castagni, poi in un¡¯incantevole foresta di larici, l¨¬ l¨¬ per diventare gialli. Le mie gambe pare abbiano voglia di andare pi¨´ veloci di quelli che sono in testa, cos¨¬ provo a superarli. Inaspettatamente il mio vantaggio aumenta via via e quando la Strada dei Cannoni, finita una lunga salita fra i pascoli ingialliti, mi deposita al Colle della Bicocca e un volontario al mio passaggio dice al telefono ¡°¨¨ arrivato il primo¡±, stento a crederci. Da l¨¬ si sale ancora fra le pietraie del Monte Camoscere e del Monte Chersoglio; lass¨´ si vedono i 2.884 metri il Colle delle Sagne, punto pi¨´ alto della gara, sovrastati dal cielo pi¨´ azzurro della storia; laggi¨´ c¡¯¨¨ il pi¨´ classico dei mari di nuvole; a cinque metri da me, con l¡¯obiettivo puntato nella direzione del primo, che sarei io, c¡¯¨¨ un fotografo che di solito immortala Herv¨¦ Barmasse e Marco Olmo: probabilmente sto sognando. A meno di un chilometro dal traguardo di Chiappera compare alle mie spalle Andrea Matteucci, quello che nella prima tappa mi ha dato 20 minuti: mi dice che ha dovuto faticare molto per raggiungermi e che quindi ¡°mi lascia vincere¡±. Ok, non era un sogno, e il terzo, Andrea Barra, arriva solo 6 minuti dopo, ma il finale cos¨¬ mi rimane un po¡¯ sullo stomaco, nonostante io sia anche salito al quarto posto in classifica generale.
Terza tappa
¡ª ?Cos¨¬ il giorno dopo, sui 38 chilometri con 2.100 m D+ che ci porteranno a Marmora, ci riprovo, e scatto in testa dal primo metro. Solo che questa volta non sono pi¨´ un underdog e i pi¨´ forti mi si incollano addosso. Superate le sorgenti della Maira ci involiamo in tre, io e i due Andrea, e iniziamo la prima salita in un clima di sano odio reciproco. Prima della gara avrei messo la firma solo per riuscire a stargli dietro per un po¡¯, ma a questo punto giochiamocela. Nella discesa verso il primo ristoro i due mi staccano con facilit¨¤, io li riprendo riducendo a pochi secondi la mia sosta, e nella salita verso il Passo della Gardetta ricominciamo a tirarci il collo a vicenda. Da l¨¬ inizierebbe un altipiano meraviglioso dominato dalla Rocca la Meja, uno di quei posti dove sedersi in contemplazione dell¡¯infinito e riflettere sul senso della vita. Ma noi abbiamo altro a cui pensare, ovvero, a scannarci. Prima dell¡¯inizio della lunghissima discesa finale riesco a staccare gli Andrea; dato che fino a l¨¬ eravamo sul mio terreno e adesso siamo sul loro, nella mia testa rimane posto per un solo pensiero: spingere come non ci fosse un domani. Il momento in cui posso finalmente buttarmi sfinito sul prato dopo il traguardo, senza che nessuno mi abbia raggiunto o ¡°lasciato vincere¡±, ¨¨, agonisticamente parlando, uno dei pi¨´ belli della mia vita, e dovranno passare tre e cinque minuti prima che compaiano A&A.
Quarta tappa
¡ª ?Alla partenza della quarta tappa, sotto una leggera pioggerella, Andrea Matteucci ha da difendere sedici minuti in classifica generale, Andrea Barra meno di due, e io, insediatomi al terzo posto, sono quello che deve cercare di mangiarglieli. Una sola la tattica possibile: attaccare dal primo metro. E cos¨¬ faccio. Il diluvio promesso dai vari servizi meteo non arriva, in compenso la gara ¨¨ un susseguirsi di salite abbastanza brevi e lunghissimi traversi quasi piani nel bosco, dove bisogna correre a velocit¨¤ che io non mi sono mai neanche immaginato di poter tenere. Andrea e Andrea non si staccano di un centimetro, e anzi dopo il primo ristoro Matteucci sgasa e scompare in discesa: non lo rivedremo che dopo il traguardo. Con l¡¯Andrea rimanente ce le suoniamo invece per tutto il resto della gara, fra le nebbie che rendono magiche le faggete vestite da autunno e i borghi fantasmi che avrebbero chiss¨¤ quante storie da raccontare.
Lo sprint finale e la classifica
¡ª ?Dopo un po¡¯ di tira e molla, all¡¯ultimo ristoro, quando iniziano i micidiali 8 chilometri finali pi¨´ o meno in piano, sono riuscito a prendere due minuti di vantaggio, ma non basteranno. Nonostante io sprema fino all¡¯ultima goccia quello che mi ¨¨ rimasto nelle gambe, alle prime case di Dronero Barra mi piglia, e sul Ponte del Diavolo, fra le bandiere rosse occitane che sventolano, supera il traguardo quattro secondi prima di me. La classifica finale dice primo Andrea Matteucci, in un tempo totale sotto le 20 ore, secondo Andrea Barra a 22 minuti, terzo Dario Pedrotti a 24 minuti. Per loro ¨¨ normale amministrazione, per me la prestazione della vita.
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