Parla il campione di Seul ¡¯88. Dalle prime gare, al trionfo nella leggendaria Maratona di Boston. E tutto inizi¨° per una punizione a scuola¡
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C¡¯erano una volta un maratoneta, un geometra e un contadino di Longare, comune di circa cinquemila abitanti in provincia di Vicenza. Sarebbe forse pi¨´ corretto raccontare di un maratoneta che ebbe il coraggio di mollare il suo lavoro da geometra e iniziare a correre, con la mentalit¨¤ di un contadino. Determinazione, umilt¨¤, sacrificio: Gelindo Bordin ¨¨ stato il primo italiano a conquistare la medaglia d¡¯oro olimpica sui 42,195 km. A Seul, nel 1988. Classe ¡¯59, nel suo palmar¨¨s anche il bronzo mondiale a Roma ¡®87 e due titoli europei, a Stoccarda ¡¯86 e Spalato ¡¯90, stesso anno dell¡¯impresa nella leggendaria Maratona di Boston, la pi¨´ antica tra quelle moderne. Primo vincitore dei Giochi a riuscirci. A Gazzetta Active Gelindo si ¨¨ raccontato, dagli esordi ai successi pi¨´ importanti, fino all¡¯attuale carriera dirigenziale.
Tutto ¨¨ iniziato per caso¡
¡°Alle scuole medie. Un giorno pioveva e nessuno aveva il cambio per l¡¯ora di educazione fisica, cos¨¬ il professore ci ha punito con due giri di corsa intorno ai campi di calcio. Sono arrivato primo, con un distacco enorme sul secondo. ¡®Altro che portiere - mi hanno detto - Tu devi fare atletica¡¯. Qualche mese pi¨´ tardi, la vittoria al Campionato regionale di cross ¨¨ stata la conferma definitiva¡±.
A un certo punto sembrava che la sua carriera fosse finita.
¡°A 19 anni, durante un ritiro in altura a Citt¨¤ del Messico, ho avuto un¡¯infezione virale. Al ritorno ho perso 10 chili, non mi reggevo in piedi. Cos¨¬ ho mollato e iniziato a lavorare come geometra. In cantiere fumavo, per stare in compagnia e darmi un tono con i colleghi. Ho ripreso dopo un anno, ma una macchina mi ha travolto. Sembrava la davvero la fine, ma ho voluto provarci ancora: quarto nella 30 km di Pergine Valsugana (provincia di Trento, ndr) nel 1983, primo alla Maratona di Milano la stagione successiva, 2h11¡¯ in Coppa del Mondo a Hiroshima nel 1985, in Giappone. ? stato in quel momento che ho capito di voler diventare un professionista¡±.
Quando ¨¨ cominciata la collaborazione con il suo storico allenatore Luciano Gigliotti?
¡°Era l¡¯85. Cercavo un coach dalla visione internazionale, cos¨¬ un giorno gli ho detto: ¡®Lucio, io smetto di lavorare. Mi fai diventare il numero 1 al mondo?¡¯. L¡¯ho seguito al Centro di Preparazione Olimpica di Tirrenia, vicino Pisa, insieme all¡¯amico e siepista Alessandro Lambruschini. Gigliotti era per tutti il Professor fatica, ma con me non aveva problemi. Anzi¡ Doveva limitarmi¡±.
Gli allenamenti notturni a Roma in vista dei Mondiali, in discoteca la sera prima dell¡¯Olimpiade. Singolare per un professionista di quel livello¡
¡°Per avere una lunga carriera, ero convinto che ogni tanto fosse necessario staccare. La vita da atleta ¨¨ dura, quelle situazioni erano per me fondamentali e non pregiudicavano le mie prestazioni. Quando esageravo, il giorno dopo mi punivo allenandomi ancora di pi¨´¡¡±
Parliamo di vittorie indimenticabili. Sceglie Boston o Seul?
¡°Seul, senza dubbio. L¡¯Olimpiade ¨¨ unica. Il mondo si fermava, i pi¨´ forti erano l¨¬. Boston mi ha dato grande popolarit¨¤, ma c¡¯era la possibilit¨¤ di provarci ogni anno. I Giochi non danno chance: tutto per quel giorno, quel singolo momento¡¡±
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Quanto varrebbe oggi il tempo di Boston (2h8¡¯19¡±) su una maratona veloce?
¡°Molto, credo. Quando correvo non ho mai pensato al cronometro, la soddisfazione pi¨´ grande era staccare i rivali. Ma quel giorno, senza la salita micidiale di Heartbreak Hill e il vento contrario, sarei sceso sotto le 2h7¡¯, migliorando il record del mondo. Colpa di una condotta di gara scriteriata, sin dal primo chilometro. Gli avversari temevano la mia progressione e sono partiti a tutta, con ritmi folli. Io li ho mollati, ma ho forzato i passaggi per non perdere definitivamente contatto. Poi la rimonta, al trentatreesimo chilometro ho ripreso il tanzaniano Juma Ikangaa e mi sono involato verso il traguardo. Non avevo l¡¯elasticit¨¤ muscolare degli atleti africani, ma un grande motore. Uscivo alla distanza¡±.
Alcune esultanze di Gelindo Bordin sono memorabili¡
¡°Quella di Seul non era studiata. Dopo il traguardo mi sono piegato e sono stato assalito dai crampi. Non riuscivo a rialzarmi. Cos¨¬, per timore di una figuraccia, ho baciato la pista con passione. A Spalato, invece, si ¨¨ trattato di emulazione. Adoravo la Formula 1, invidiavo i festeggiamenti sul podio e le docce di spumante. Ecco perch¨¦ all¡¯arrivo ho inzuppato di acqua amici e tifosi¡±.
La delusione pi¨´ grande?
¡°Barcellona ¡¯92. Al rifornimento del quinto chilometro ho fatto una brusca deviazione per evitare gli avversari caduti e mi sono rotto il menisco. Il rammarico ¨¨ stato grande. Ero in forma, non ho avuto la possibilit¨¤ di difendere il titolo. Ma nell¡¯arco di una carriera tutto va pesato, dai successi alle sconfitte. E io posso ritenermi fortunato per quanto realizzato¡±.
Una volta ha paragonato il maratoneta a un contadino¡
¡°Sono cresciuto con quella cultura, i miei lavoravano la terra. E ho riscontrato delle similitudini: dalla preparazione del terreno alla semina. Fino alla raccolta, che non ¨¨ detto ripaghi le energie investite. Anche la maratona ¨¨ cos¨¬. Ti alleni tutto l¡¯anno per quegli eventi, con dedizione e pazienza. Poi attacchi il pettorale e ti lanci. Ma non sai come potr¨¤ andare. Certe stagioni ti ricompenseranno per ogni sacrificio, altre non daranno nulla. ? in quel momento che bisogna trovare la calma e rilanciare¡±.
Come si ¨¨ trasformata la maratona oggi?
¡°? un esercizio estremo contro il tempo. Correre per battere un record la rende asettica. Una volta ognuno aveva i propri tifosi, una sfumatura romantica che dava calore e faceva innamorare le persone. In Italia eravamo fortunati ad avere atleti di alto livello. Il solo avvicinarli, ti rendeva tra i migliori al mondo della specialit¨¤. E poi manca la battaglia uomo contro uomo, fino all¡¯ultima goccia di energia. ? questo il vero senso della maratona¡±.
Azzurri che le piacciono?
¡°Non faccio nomi. Ci sono conferme importanti e ragazzi di prospettiva, manca per¨° l¡¯opportunit¨¤ di condividere le esperienze. A me capitava di allenarmi con mezzofondisti come Panetta, Antibo, Cova, Mei. Aiutavano noi maratoneti nelle ripetute veloci e ci ¡®sfruttavano¡¯ per allungare il chilometraggio. Uno scambio di stimoli, che permetteva di crescere. Ci chiamavano il ¡®Kenya bianco¡¯. Oggi lo fanno gli atleti africani, che al campo si ritrovano numerosi, pi¨´ di cento. E se le danno di santa ragione¡±.
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Di cosa si occupa oggi?
¡°Sono un dirigente di Diadora, in qualit¨¤ di Merchandising & Sport Marketing Director mi occupo di sponsorizzazioni e investimenti di sport marketing.?Dal 2009 abbiamo sviluppato un progetto importante nel mondo del running, che ci sta dando soddisfazioni. Se penso a tutta la strada fatta e a questa collaborazione iniziata nel ¡¯94, sono contento. E poi Diadora ¨¨ stato il primo brand che mi ha supportato in carriera, nel ¡®76¡±.
Che persona ¨¨ Gelindo Bordin nel tempo libero?
¡°Un ¡®pazzo¡¯, un festaiolo a cui piace fare casino e stare in compagnia. E sono testardo. Quando mi pongo un obiettivo, difficilmente mollo. Certo, a volte tendo a incavolarmi e rimanere sulle mie posizioni, ma da me stesso pretendo sempre il rispetto per tutti. L¡¯ho fatto durante la mia carriera e continuo anche oggi nel mondo del lavoro¡±.
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