RUNNING
Gelindo Bordin: dall'oro di Seul alla scrivania con lo stesso spirito
A sentirlo parlare di strategie e performance aziendali, analisi della concorrenza e lancio di nuovi prodotti Gelindo Bordin - ¡°Gelo¡± per chi lo conosce anche solo un po¡¯ -, incarna perfettamente il ruolo da dirigente. Alcune riflessioni dopo, e qualche immancabile battuta di spirito, ecco che dal Merchandising e Sport Marketing di Diadora (ri)spunta l¡¯animo del runner professionista.
Trent¡¯anni fa sei stato il primo italiano a vincere la maratona olimpica. Da allora, cosa ¨¨ successo nella tua vita?
?Lasciata la carriera agonistica, ho cominciato a lavorare in Diadora. Avevo 34 anni e tutto da imparare. Da atleta conoscevo bene il significato della parola ¡°fatica¡±, quindi nulla mi spaventava. E la buona volont¨¤ non mi mancava. Con la medaglia d¡¯oro al collo e la consapevolezza che per scalare la cima dal basso avrei dovuto metterci tutto me stesso, mi son messo di buzzo buono e ho cominciato una nuova fase di vita lavorativa, ponendomi con grande umilt¨¤ e determinazione per imparare da quelli pi¨´ bravi di me?.
Nel dirigente che sei oggi, cosa c¡¯¨¨ dell¡¯atleta professionista che sei stato?
?In azienda ragiono come un runner: ho bisogno di obiettivi ambiziosi e di stimoli, e anche di fronte a sfide ambiziose non sento il peso dello stress. In pista era la quotidianit¨¤?.
Maratona vs dirigenza aziendale: somiglianze e differenze¡
?Quando a 25 anni mi allenavo per vincere Seoul, con il mio coach Luciano Gigliotti studiavamo ogni passo e mossa dei miei avversari, e anche sulla base di quello fissavamo l¡¯asticella . Cos¨¬ oggi in azienda studio le mosse dei competitor e da l¨¬ parto per disegnare la mia strategia. Ma il successo arriva solo se si ¨¨ disposti a rischiare e a superare i propri limiti. Non avrei vinto l¡¯oro olimpico se non mi fossi sottoposto a una preparazione durissima: facevo anche 250 km a settimana. Mi prendevano tutti per pazzo. Ma io sapevo che il mio fisico era in grado di reggere. Mi dicevo: Gelindo, devi allenarti come gli africani e poi un po¡¯ di pi¨´?.
E alla fine ¨¨ andata come avevi previsto e hai vinto¡
?Ci credevo, sapevo di aver ragione?.
Se fosse andata diversamente, cosa avresti fatto?
?Da bravo geometra, la mia vita l¡¯avevo gi¨¤ disegnata. Se non fosse andata com¡¯¨¨ andata, avrei forse corso altre gare, probabilmente sarei diventato massaggiatore di grandi atleti (cosa che gi¨¤ facevo). Avrei sfruttato ogni mia possibilit¨¤ per collocarmi in qualche modo in ambito sportivo. E so che sarei stato felice comunque?.
La medaglia al collo quindi ti ha aiutato nella vita?
?Il legame con Seoul ¨¨ sempre stato molto forte: la medaglia olimpica, di l¨¤ dalla soddisfazione personale per aver raggiunto un primato da atleta, mi ha aperto grandi opportunit¨¤, che grazie alla mia indole sono riuscito a cogliere e sfruttare abilmente. L¡¯oro, s¨¬, mi ha aiutato. Ma solo quello non sarebbe bastato per diventare un dirigente?.
Una carriera da professionista nella quale hai dato tutto e vinto tutto. Intensa, si, eppure breve¡
?A conti fatti, dopo 30 anni, dico serenamente che la mia carriera sportiva ¨¨ finita nel momento giusto. Quando ho smesso nel ¡®93 ero sufficientemente giovane per iniziare una nuova carriera. Se avessi vinto l¡¯olimpiade di Barcellona - che sognavo con tutto me stesso - probabilmente oggi non sarei un dirigente d¡¯azienda. Avrei fatto un percorso di vita diverso, forse avrei corso fino a 38 anni, sicuramente avrei guadagnato di pi¨´, ma non sarei stato pi¨´ cos¨¬ tanto giovane per formarmi e crescere professionalmente?.
Che cosa ci dici di Barcellona ¡®92?
?Da atleta competitivo sarebbe inutile negare che avr¨° sempre un po¡¯ di rammarico per come and¨°: se non fossi caduto al 5¡ã km e non mi fossi fratturato il menisco, avrei (forse) difeso l¡¯oro Olimpico. Mi sentivo davvero in forma e anche pi¨´ carico che a Seoul. Tra l¡¯altro il parterre degli atleti era anche meno esclusivo e competitivo¡ Ma ¨¨ andata cos¨¬. ? stata dura, ma alla fine sono arrivato. Mi ¨¨ molto dispiaciuto, ma non ¨¨ stata una tragedia. Semmai un passaggio, sofferto, che mi ha permesso di entrare in un¡¯altra fase di vita. Certo, difendere l¡¯oro olimpico era il mio sogno, ma nel frattempo ne ho realizzati molti altri. Quindi, ¨¨ andata bene cos¨¬?.
A proposito di sogni, l¡¯ultimo che hai realizzato da ex-atleta ¨¨ il progetto #RunToNYC. Cosa ti resta a distanza di un anno?
?Quando la mia collega Romina mi ha proposto di allenare 20 donne qualsiasi e portarle a New York a correre la regina delle maratone, sapevo che sarebbe stato un impegno in pi¨´ che si sarebbe sommato agli altri. Ma subito ha sentito che ce l¡¯avremmo fatta. E non mi sbagliavo. Alla fine tutte hanno tagliato il traguardo di Central Park. E tanto per me quanto per loro, rimarr¨¤ un ricordo indelebile?.
Oltre che un ricordo personale per tutti voi, #RunToNYC ¨¨ diventato un romanzo, La Regina di New York, scritto da Alberto Rosa, che con grande cura e delicatezza racconta la storia di Gaia, la 21esima donna del gruppo, che non esiste nella realt¨¤ ed ¨¨ la somma delle 20 runner che hai allenato, confortato e accompagnato fino a New York. Dicci qualcosa in pi¨´ di lei?
?Gaia ¨¨ un personaggio di fantasia che somiglia a ognuna delle 20 #Diadorabili che hanno partecipato al progetto. E somiglia un po¡¯ anche a me, come a tutti i runner pro e amatori che siano, che con fatica, passione e costanza decidono di preparare e correre una maratona?.
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