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Enrico Brizzi e gli Psicoatleti a Finisterre. La fine del mondo...
Gli abbracci commossi ai piedi della Cattedrale, la fila per cingere le spalle della statua di San Giacomo e le maestose parabole del Botafumeiro al termine della messa dedicata ai peregrinos sono ormai ricordi. La maggior parte dei compagni di viaggio delle ultime settimane sono ormai ripartiti, tornati a casa, svaniti da quest'angolo di Spagna verde come le colline d'Irlanda. Siamo in pochi a stivare nello zaino la certificazione del pellegrinaggio appena concluso e ripartire verso Occidente per la coda di questo viaggio, le ultime tre tappe a piedi che ci condurranno sull'Oceano. Finisterre, la fine del mondo noto agli antichi, ci attende.
Sipari di morbide colline boscose, rilievi adatti a una passeggiata in famiglia e solcati da comode piste in terra battuta che non fanno sentire la fatica e invogliano a proseguire ore e ore; superbi ponti medievali lanciati a unire gli opposti versanti di valli appartate e graziose, sprofondate in un silenzio antico, profondissimo, sperimentato solo nei sogni, interrotto di tanto in tanto dal richiamo d'una gazza, d'un usignolo o d'un merlo.
Il primo segno della vicinanza dell'Oceano ci colpisce a met¨¤ della seconda e penultima tappa. Quando manca ancora una cinquantina di chilometri alla meta, fra austeri castagni, querce venerabili e macchie di eucalipti dal tronco sottile e svettante si affacciano per la prima volta le chiome eccentriche, amiche del vento e dei poeti, dei pini marittimi.
La terra si assottiglia e s'increspa nel disegnare l'ultimo promontorio, ripidi versanti protesi fra la cupola del cielo prossimo al tramonto e l'orizzonte liquido e curvo dell'Atlantico.
? tempo di trovare una spiaggia praticabile, scendervi e disarcionare gli zaini sulla sabbia, spogliarsi e stringere i denti nel consegnarsi all'abbraccio raggelante dell'Oceano.
Non l'abbiamo sognato per settimane, questo bagno? E allora che importa se ormai siamo alla fine di ottobre? Animo, in acqua!
Non ¨¨ ancora finita. Ci si asciuga e si riparte, ch¨¦ resta l'ultimo lembo di terra calpestabile, e noi abbiamo giurato di arrivare fino in fondo.
Tre chilometri, due, un'ultima collina... Le gambe che ci hanno portato sin qui tremano dall'emozione nel riconoscere l'edificio del faro posto alla fine dell'Europa, salvezza dei navigatori e frontiera tra gli elementi.
Qui, presso il cippo del chilometro zero del Cammino, la terra finisce davvero, si fa scogliera e digrada a precipizio verso il bisticcio delle correnti, e sotto il cielo non resta che acqua.
? proprio qui che ritroviamo i nostri simili giunti al termine del viaggio: ristanno a bocca aperta, abbarbicati alla roccia, osservando il disco del sole pronto a inabissarsi come lo vedessero per la prima volta. Non serve essere indovini per capire a cosa pensano: dopo tanti giorni a misurare la terra col proprio passo, si domandano quale sar¨¤, o torner¨¤ ad essere, da domani il loro posto del mondo.
? sotto i loro occhi umidi e distratti che compiamo l'ultimo rituale. Terra, aria e acqua chiamano il fuoco, le fiamme che da sempre qui si fanno ardere per bruciare, una volta concluso l'itinerario sacro, qualcosa che rappresenti la nostra esistenza precedente. Pu¨° essere un indumento, un paio di scarpe sfondate, il diario d'una stagione infelice o un oggetto che rappresenti un vizio dal quale vorremmo liberarci.
Non abbiamo bisogno dell'attenzione altrui n¨¦ di pronunciare formule magiche: lasciamo che il fuoco divampi e distrugga quel che deve distruggere. Quando sulla scogliera non resta che cenere, diamo le spalle al mare e ripartiamo verso la terra degli uomini, curiosi di scoprire come avr¨¤ inizio la nostra vita nuova.
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