RUNNING
Persi nella foresta, con la paura dell'orso bruno, planiamo in terra di Spagna...
Armate di nuvole scure galoppano rapide sopra di noi, e ci troviamo a rimpiangere la solida grazia della citt¨¤ vecchia di Pau, col suo castello e la passeggiata panoramica affacciata sulle pendici dei Pirenei. Quella rassicurante immagine da cartolina ha lasciato il posto alla barbarica consapevolezza di essere ancora una volta esposti, vulnerabili, alla merc¨¦ degli imprevisti e dei capricci del clima.
Nell¡¯addentrarci senz¡¯altra compagnia che i nostri pensieri in mezzo al diseguale mare d¡¯alberi, sotto le pareti a picco di roccia nera che fanno pensare a lavagne di giganti, le nostre paure ancestrali vengono fuori una dietro l¡¯altra, come se i luoghi stessi fossero in grado di contagiarci con i residui del sacro terrore dei viaggiatori solitari che ci hanno preceduto nel corso dei secoli; fa paura la tempesta, fanno paura le zanne dei grandi cani da pastore che ci abbaiano contro in distanza e, anche se ci vergogneremmo a parlarne in pubblico per quanto ¨¨ remota l¡¯ipotesi di un incontro accidentale, la paura pi¨´ antica e profonda ¨¨ quella d¡¯imbattersi nel padrone di queste foreste, l¡¯orso bruno.
Non servirebbe neppure vedere i suoi canini affilati e le unghie taglienti come rasoi, noi crediamo, per restare paralizzati di terrore: sarebbe sufficiente che si mostrasse in distanza attraverso il sipario verdissimo del fogliame e desse mostra di averci notato. Pi¨´ veloce di un uomo, enormemente pi¨´ forte e capace di arrampicarsi con un¡¯agilit¨¤ insospettabile per un bestione di 300 chili, se affamato potrebbe avvicinarsi per scoprire che genere di merenda portiamo nello zaino, e allora sarebbe inutile cercare d¡¯intavolare un ragionamento, fare atto di sottomissione, cedergli senza discutere panino e cioccolata.
¡°Assurdit¨¤¡± ci ritroviamo a pensare dopo aver rotto il fiato sulle prime rampe della salita da quindici chilometri che conduce attraverso il bosco al Passo di Somport, il varco attraverso il quale scenderemo in terra di Spagna. ¡°Eredit¨¤ di ricordi preistorici, che tornano a tormentarci quando siamo soli e ci sentiamo piccoli e impotenti di fronte alla maest¨¤ della natura selvaggia¡±.
L¡¯altra faccia della paura ¨¨ la meraviglia, l¡¯estasi di poter godere in perfetta solitudine di scenari maestosi; la linea della neve in questi giorni si colloca sopra il valico, intorno ai 1800 metri, e noi saliamo guadagnandone un paio di centinaia all¡¯ora, lungo il sentiero che traversa il bosco e sbuca al cospetto delle fortezze di roccia dilavate dal disgelo.
Nell¡¯avvicinarci ai pascoli di Peyreneyre, i segnavia diradano e i rivoli d¡¯acqua che scorrono nelle pieghe pi¨´ profonde dei valloni si trasformano in ruscelli da guadare con cura, ch¨¦ il disgelo ha fatto franare in pi¨´ punti la costa. Il cammino non presenta passaggi con vere difficolt¨¤ tecniche, ma in giro non c¡¯¨¨ nessuno a parte noi, e la minima sciocchezza andrebbe pagata cara; cos¨¬ ci sforziamo di tenere a bada l¡¯esaltazione che, con l¡¯aumentare della quota, prende con prepotenza il posto del timore che ci appesantiva il cuore a fondovalle.
I pascoli sono ormai alle spalle, e una roccia rossa che si sfoglia in strati sottili ha preso il posto della solida pietra nera. In testa ci cade una goccia, poi un¡¯altra. La consapevolezza del temporale in arrivo non basta a fermarci. Rimandiamo il momento in cui ci fermeremo per indossare la giacca antipioggia e metteremo al riparo il nostro bagaglio con la copertura impermeabile. Perch¨¦ rallentare la marcia proprio adesso che la meta ¨¨ cos¨¬ vicina?
Resistiamo finch¨¦ non ci troviamo a rabbrividire, e le nostre mani sono cos¨¬ intirizzite che fatichiamo a chiudere la zip della giacca. Si riparte subito, di buon passo per ritrovare ritmo e calore, e solo allora ci rendiamo conto che lo scarponcino sinistro ha ceduto: si ¨¨ aperta una fessura fra la suola e lo scafo, e addio impermeabilizzazione. ? una ragione in pi¨´ per spingere sui polpacci e mantenere la temperatura elevata.
I pensieri, ormai, si accavallano senza logica. Avremo preso la strada giusta? Cosa staranno facendo le nostre figlie, a scuola? Abbiamo gi¨¤ consumato la merenda oppure no? Ricordiamo le tabelline del sette e dell¡¯otto? E se ci fossimo perduti, come si potrebbe rimediare?
Rassegnazione e fatalismo fanno apparire tutte le domande come ombre senza importanza: basta restare ancorati all¡¯essenziale, non smettere di camminare, e una soluzione si trover¨¤.
Ed eccolo, l¡¯asfalto smangiato che porta al vecchio posto di frontiera di Somport.
Ecco il cippo che segna il confine, ecco la cappella con la croce di Santiago, ed ecco anche un rifugio aperto, dove potremo scaldarci un po¡¯, cambiarci gli abiti zuppi e consumare un pranzo decente prima di planare a valle, ormai in terra di Spagna.
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