Ci sono giorni in cui le cose vengono in chiaro senza preavviso e lĄŻavvenire ci mostra il suo vero volto. Sembrava un giorno come tanti altri anche quello, cominciato camminando fra i boschi occitani, in cui abbiamo guadagnato lĄŻinsellatura del Col de la Baraque e abbiamo deposto gli zaini sullĄŻerba tenera, resa verdissima dai temporali dei giorni precedenti, per riposarci un [...]
Ci sono giorni in cui le cose vengono in chiaro senza preavviso e lĄŻavvenire ci mostra il suo vero volto.
Sembrava un giorno come tanti altri anche quello, cominciato camminando fra i boschi occitani, in cui abbiamo guadagnato lĄŻinsellatura del Col de la Baraque e abbiamo deposto gli zaini sullĄŻerba tenera, resa verdissima dai temporali dei giorni precedenti, per riposarci un quarto dĄŻora prima di riprendere la marcia. ? stato allora che, proiettando lo sguardo in avanti, siamo rimasti a bocca aperta e abbiamo distinto con nitore quel che ci attendeva: ben pi¨´ distanti della nuova valle sulla quale ci eravamo appena affacciati, spiccavano contro il cielo terso le vette innevate dei Pirenei. Galleggiavano a mezzĄŻaria come navi fantasma, favolose fortezze volanti incardinate intorno alla piramide del Pico de Aneto, coi suoi 3.400 metri il gigante della catena di confine tra Francia e Spagna.
Quello spettacolo senza pari si ¨¨ dissolto come un sogno non appena abbiamo perso quota, e non si ¨¨ pi¨´ mostrato nei giorni successivi: per quanto, ogni volta che guadagnavamo una nuova altura, strizzassimo gli occhi verso Sud-Ovest, lĄŻarcana combinazione che aveva consentito al nostro sguardo di spaziare per oltre duecento chilometri in linea dĄŻaria non si ¨¨ pi¨´ ripetuta, e le montagne sono rimaste invisibili. Eppure sappiamo che sono l¨Ź ad aspettarci, guardiane immobili e senza tempo della frontiera oltre la quale si nascondono le terre di Aragona e Navarra; che le scorgiamo o meno, ogni nuovo passo ci avvicina a loro.
Perdiamo quota un metro alla volta, solcando le ultime colline che digradano verso la valle della Garonna, e le alture hanno ormai la forma di onde lente quando abbandoniamo in via definitiva il Parco dellĄŻAlta Linguadoca. LĄŻorizzonte torna a spalancarsi: i campi di grano e le vigne hanno preso il posto delle scogliere dirupate dei giorni scorsi, e le gazze che saltellano sornione fra le colture hanno sostituito i voli ad ali spiegate dei grandi rapaci.
La citt¨¤ di Castres ci accoglie, docile e pigra, e sembra sorridere della nostra premura. Ą°Che fretta avete di andare? Perch¨Ś non restate?Ąą sembra domandarci col suo accento del Midi, cos¨Ź morbido e musicale da evocare da vicino lĄŻandamento dello spagnolo, del catalano e della nostra stessa lingua.
Nonostante il monumento nella piazza principale dedicato al leader socialista Jean Jaur¨¨s ¨C assassinato alla vigilia della Grande guerra da un fanatico che disapprovava il suo pacifismo ¨C gli affanni di Parigi e i codici in voga nel gran mondo non potrebbero apparire pi¨´ remoti. Qui si sorride di tutto e ci si muove con calma; a nessuno sembra importare dellĄŻalta moda, o delle ultime decisioni dei governanti dĄŻEuropa. Persino il calcio, lo sport-faro del Vecchio continente, ¨¨ bellamente ignorato: i cuori, qui, battono per il rugby, e ancora non si ¨¨ spenta lĄŻeco del trionfo di tre anni fa delle casacche biancobl¨´ del Castres Olympique, capaci di laurearsi Campioni di Francia sopravanzando le ricche squadre della Capitale, i rivali di sempre della Section Paloise di Pau, le maglie rosso-nere del Tolone e persino la corazzata dello Stade di Tolosa.
? verso quella citt¨¤, la metropoli del Sud-Ovest francese, che ci dirigeremo a partire da domani, una volta fatte timbrare le nostre credenziali e scrollataci di dosso la voglia di piantare le tende fra questa gente cordiale e rilassata.
Enrico Brizzi
[In collaborazione con www.psicoatleti.org]
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