Belle, bellissime. Soprattutto alcune di loro potenzialmente avrebbero potuto riscuotere un enorme successo di vendite, ma invece sono rimaste allo stato di prototipo non essendo mai state avviate alla produzione. Morale: sogni rimasti per tutti irraggiungibili
Tra tutte le moto Japan mai nate la pi¨´ bella e raffinata ¨¨ sicuramente la Kawasaki 750 Square Four con motore due tempi quattro cilindri disposti in quadrato e raffreddata a liquido. Apparve nel 1973 e poteva diventare un'alternativa pi¨´ moderna e tecnologica alla H2 750 tre cilindri. Bella davvero, ma a questo affascinante modello la casa di Akashi prefer¨¬ concentrarsi e sviluppare la Z900 che era gi¨¤ stata messa in vendita fin dall¡¯anno prima, nel 1972.?
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simile alla titolata Suzuki RG 500
¡ª ?Quando fu esposta al Salone di Tokyo del 1973 gli appassionati di tutto il mondo rimasero a bocca aperta. Apprezzatissima e sognatissima la Kawasaki 750 Square Four. Ne provocarono la condanna i consumi troppo alti, i costi produttivi eccessivi, ma soprattutto la concorrenza della Z900 con motore quattro tempi, quattro cilindri in linea raffreddata ad aria che, al contrario della due tempi, non avrebbe creato problemi di inquinamento negli Stati Uniti. Oltretutto quello schema tecnico era molto simile a quello della Suzuki 500 da Gran Premio da cui si differenziava per l¡¯ammissione: standard quella della Kawa, a valvola rotante quella plurititolata 500 GP con cui conquistarono titoli mondiali Barry Sheene, Marco Lucchinelli e Franco Uncini. Da allora questo stupendo prototipo-concept fa bella mostra di s¨¦ al museo Kawasaki.
Il rotante che non piace
¡ª ?Seppur interessante, assai meno apprezzata la Yamaha RZ1 con motore rotativo Wankel. Questo tipo di motore, complesso e inquinante, tra le case giapponesi ebbe uno sbocco produttivo soltanto grazie alla Suzuki con la Re5, un mezzo moderno, innovativo ed esteticamente molto valido, che per¨° registr¨° numeri irrisori. In Europa, invece, il Wankel fu montato sulla pi¨´ piccola Hercules W2000, progettata a fine Anni 60 e messa in vendita nel 1974. Ma anch'essa, che tra l'altro era assai bruttina, fu caratterizzata da produzione e vendite minimali.
Dal Giappone all¡¯Inghilterra
¡ª ?La Triumph a met¨¤ Anni 70 fece addirittura due versioni della Quadrant 1000, che altro non era che una evoluzione della Trident 750 con un cilindro in pi¨´. Sarebbe stata la moto inglese di pi¨´ elevata cubatura fino ad allora realizzata, ma anch¡¯essa non vide mai le vetrine dei concessionari nonostante fosse stata molto apprezzata dai numerosi appassionati della casa britannica.
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La splendida Morini 500 Turbo
¡ª ?Quando venne presentata al Motosalone di Milano, nel novembre 1981, port¨° lo scompiglio tra tutti gli appassionati. Oltre 200 orari dichiarati con un peso di soli 180 chili ed era stata la prima ¡°turbo¡± dell¡¯era moderna. Progettata da Franco Lambertini, il progettista-ideatore di tutte le Morini, che sorprendentemente non era ingegnere, rimase allo stato di prototipo per una causa che ha dell¡¯incredibile: la cifra folle per fare gli stampi delle carene, circa un miliardo di vecchie lire, tre volte rispetto a quanto era stato preventivato. E fu cos¨¬ che il sogno della Morini 500 Turbo svan¨¬. Quell¡¯unico modello esistente al mondo della dream bike bolognese ¨¨ conservato nel museo di Mario Righini, un facoltoso collezionista emiliano.
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