Alla fine degli anni Novanta a Iwata si ventil¨° l¡¯idea di equipaggiare la V-Max con un mastodontico V4 da 2.000 cc e 200 cv. Ma il progetto, denominato Otodama, non vide mai luce¡ o quasi
Ci sono moto che hanno scritto pagine importanti nella storia del motociclismo, dettando nuovi standard in termini di design, tecnica o prestazioni nel grande gioco delle due ruote. E poi ci sono quelle che sono semplicemente entrate nella stanza sbattendo i pugni sul tavolo, con la manifesta volont¨¤ di far saltare il banco. Se state pensando alla V-Max?allora avete indovinato: nel lontano 1985 la maxi-cruiser di casa Yamaha ridefin¨¬ il concetto di esagerazione, spingendosi laddove nessuno aveva avuto il coraggio di osare. Un motore da maxi-sportiva con attorno una ciclistica da "custom" ¨C come le chiamavamo, allora, qui in Italia ¨C per sentirsi sulla drag strip ad ogni semaforo. Una follia? Certo che s¨¬, ma era proprio questo il bello di quella che sarebbe presto stata eletta a regina delle power-cruiser, mai detronizzata dopo quasi quarant'anni dalla sua investitura. Eppure¡?
MAI ABBASTANZA
¡ª ?Eppure a Iwata, dove l'avevano concepita e costruita, a un certo punto pensarono che non fosse abbastanza. Nella seconda met¨¤ degli anni Novanta ci si convinse che la V-Max 1200, con i suoi 145 cv nelle versioni pi¨´ potenti, fosse tutto sommato ormai "superata": le potenze delle supersport si stavano rapidamente innalzando, e la muscle bike dei Tre Diapason non poteva certo farsi sopravanzare, in termini di numeri, dalle carenate. Cos¨¬ si fece largo l'idea di spostare l'asticella ancora pi¨´ in alto, per ristabilire le gerarchie: nacque il progetto Otodama, il programma con cui Yamaha prevedeva di equipaggiare la sua drag bike stradale con un poderoso quattro cilindri a V da 2.000 cc. Gi¨¤ nel 1998, mentre sul mercato arrivava la prima Yzf-R1, alcune indiscrezioni comparvero sulla rivista giapponese Young Machine, che svel¨° alcuni dettagli sulla futura V-Max.?
OTODAMA, FOLLIA V4
¡ª ?Otodama, in realt¨¤, sembra fosse il nome affibbiato all¡¯enorme propulsore, il cui obiettivo era raggiungere quota 200 cv. Un dato che oggi ci suona quasi "normale", ma provate a riavvolgere il nastro di poco meno di 25 anni, fino alla fine degli anni Novanta: niente elettronica, aiuti, riding mode¡ le sportive pi¨´ potenti, come la gi¨¤ citata R1 o la Suzuki Gsx-R 1100, si aggiravano sui 150 cv. Un dato superato di slancio, al giro di boa del Millennio, solamente dalle superveloci Gsx 1300 R Hayabusa e Kawasaki Ninja ZX-12R, che con i loro 175 cv (pi¨´ o meno) mettevano sul piatto un valore quasi fantascientifico. Ed ¨¨ proprio in questo contesto che al Salone di Tokyo del 2001 Yamaha scopr¨¬, almeno in parte, carte e muscoli, portando il mock-up di un nuovo V4 dalla cubatura stratosferica. Abbastanza grosso e arrogante da permettere di ribaltare, ancora una volta, l¡¯intero tavolo.?
UN po¡¯ TROPPO?
¡ª ?Si racconta che ad Iwata avessero allestito addirittura un prototipo marciante, ma che alla fine delle valutazioni si fosse ritenuto di essersi lasciati prendere un po' troppo la mano. Cos¨¬ il progetto sarebbe stato pi¨´ volte ridefinito, con l'intento di ricondurlo a qualche forma di vaga razionalit¨¤. Ad esempio abbassando la cilindrata, massimo 1.500 cc. Forse venne persino il dubbio che la moda delle power-cruiser fosse passata, e che non fosse quindi il caso di procedere con una moto che, a met¨¤ anni Duemila sarebbe risultata ormai anacronistica. Ma alla V-Max, dopotutto, era mai interessato piacere a tutti? Cos¨¬ il progetto venne mantenuto vivo, e seppur con notevoli ritardi giunse ad una sua maturazione: nel 2008, con la V-Max 1200 da poco pensionata dopo oltre vent'anni di onorato servizio, Yamaha present¨° un modello completamente rinnovato, da cima a fondo.?
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L¡¯EPILOGO
¡ª ?La nuova Vmax si configurava cos¨¬ come una tecnologica muscle bike, che oltre ad un nome leggermente modificato portava al debutto un inedito V4 da 1.700 cc dotato di ride-by-wire e iniezione elettronica. I cavalli? Si raggiungeva la fatidica quota 200, ma tale valore, seppur enorme, non incuteva pi¨´ il timore di una decina di anni prima: nel frattempo erano arrivate sul mercato sportive da 1.000 cc che lambivano, o addirittura superavano, i 190 cv, mettendo sul piatto pesi del 30-40% inferiori a quello della Vmax. Che dunque rappresentava una sorta di compromesso tra l'assurda Otodama e una moto guidabile, pur nei suoi eccessi, da una clientela con tutte le rotelle a posto. Nel 2009, proprio mentre nei concessionari debuttava la nuova Vmax, Young Machine pubblic¨° sulle sue pagine alcuni dettagli mai rivelati sui retroscena di questo progetto incredibile, forse troppo folle per rimanere fedele alle sue vere intenzioni.
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