Poteva essere ma non ¨¨ stato, o almeno non come avrebbero desiderato i guzzisti. La Mgs-01 ha fatto battere il cuore dei fan di casa Guzzi, illudendoli in merito ad un possibile arrivo di una sportiva stradale ¡°dura e pura¡± con l¡¯Aquila sul serbatoio. Poi gliel¡¯ha spezzato, presentandosi nella sola veste di una (splendida) moto da corsa. Quella della supertwin di Mandello ¨¨ la storia di un¡¯opera incompiuta
Una moto da sogno, certo, ma anche un sogno spezzato, almeno per coloro che speravano che dietro a quella racer semicarenata si nascondesse la volont¨¤ di rilanciare l¡¯anima sportiva del marchio Moto Guzzi. Fin dalla sua presentazione al pubblico, datata 2002, non ha fatto altro che tormentare le notti di tanti fan dell¡¯Aquila: parliamo della Mgs-01, il gioiello di Mandello del Lario che, all¡¯inizio degli anni Duemila, illuse i guzzisti circa un possibile ritorno in grande stile del brand dell¡¯Aquila nel settore delle hypersport. Non and¨° come speravano i tanti supporter della casa lombarda: la versione stradale di questo capolavoro italiano venne bramata, desiderata, richiesta da un gran numero di appassionati, ma non sarebbe mai arrivata nei concessionari. Ci si ¨¨ dovuti ¡°accontentare¡± - si fa per dire, ma il rammarico c¡¯¨¨ davvero - della declinazione track-only, la splendida e affascinantissima Mgs-01 Corsa. A Mandello decisero che questa bicilindrica sportiva doveva rimanere un sogno per pochi, anzi pochissimi, e cos¨¬ alla Supertwin da pista non fece seguito alcuna declinazione street legal: l¡¯esclusiva Mgs-01 Corsa rimane dunque l¡¯ultima sportiva pura prodotta da Guzzi, erede della mitica Daytona e della ¡°sorella¡± a due valvole per cilindro, la pi¨´ accessibile 1100 Sport. Era il lontano 2004.?
IL BIS DI DAYTONA
¡ª ?Nata da un¡¯idea di Giuseppe Ghezzi (quello di Ghezzi & Brian) e commercializzata in seguito sotto le insegne ufficiali del marchio lariano, la Mgs era un vero e proprio capolavoro di tecnica, ma reinterpretava a modo suo il concetto di moto da pista. Una sportiva fisica e brutale, potremmo dire ¡°dura e pura¡±, al punto da risultare un po¡¯ fuori contesto se paragonata alle hypersport coeve. Eppure capace di come nessun¡¯altra di rammentare a tutti di cosa sono capaci a Mandello quando decidono di fare sul serio. Spinta da un iconico bicilindrico trasversale, la MGS-01 vinse per due anni consecutivi (2006-2007) una delle pi¨´ celebri gare dedicate ai motori a due cilindri, la Battle Of The Twins di Daytona (Bott). Parallelamente, si aggiudic¨° anche due edizioni dell¡¯italiano Supertwins, il campionato nazionale riservato alle moto caratterizzate da questo frazionamento.?
BIG TWIN
¡ª ?Il motore raffreddato ad aria, dotato di distribuzione a quattro valvole per cilindro, era quello, rispolverato ed evoluto, della Daytona 1000 IE: sviluppato dal celebre Dottor John, il preparatore e dentista statunitense John Wittner, era stato utilizzato anche sulla V10 Centauro nella versione da 992 cc. Sulla Mgs-01, per¨°, la cubatura saliva fino a quota 1.225 cc, e a dirla tutta la moto che vinse nella Bott sfondava addirittura il muro degli 1,3 litri, adottando, tra l¡¯altro, anche il raffreddamento a liquido. Se la versione che conquist¨° per due volte la Bott arrivava ad erogare ben 165 Cv, quella destinata al pubblico si fermava a 130 Cv circa, un dato notevole per l¡¯epoca, soprattutto per un propulsore di concezione piuttosto datata e sviluppato in maniera non continuativa. La coppia massima era invece di 114 newtonmetri a 6400 giri, di cui quasi 90 disponibili gi¨¤ a 2800 rpm. Valori da rimorchiatore, ottenuti grazie all¡¯adozione di pistoni superleggeri prodotti dalla Cosworth (100 mm di alesaggio e 78 mm di corsa), a valvole maggiorate (36 mm all¡¯aspirazione e 31 allo scarico) e una centralina elettronica Marelli, abbinata due iniettori e due corpi farfallati da 54 mm. Lo scarico, prodotto da Hpe, adottava una configurazione due-in-uno e terminava in un silenziatore singolo collocato sotto al codino monoposto.?
CUGINA DELLA RSV
¡ª ?Anche per quanto riguarda la ciclistica, la Mgs-01 Corsa era equipaggiata con il meglio disponibile all¡¯epoca: il pacchetto sospensioni era tutto firmato da Ohlins, con la forcella anteriore a steli rovesciati da 43 mm presa in prestito dall¡¯Aprilia Rsv 1000 R e un mono abbinato a uno splendido forcellone scatolato in alluminio. Molto interessante la soluzione adottata per allungare il forcellone e contenere al contempo l¡¯interasse: il primo venne infulcrato nel carter del cambio a 6 marce, misura che permise anche l¡¯adozione di leveraggi progressivi per la sospensione posteriore, e vennero adottate quote piuttosto radicali anche per avancorsa e inclinazione del cannotto di sterzo (95 mm e 23.5¡ã). Ovviamente si trattava di contenere il problema, non di ottenere un primato assoluto in termini di compattezza, dati i generosi ingombri del gruppo motore/cambio: il passo di 1.423 mm rappresentava comunque un risultato lodevole vista la base di partenza, anche considerando che una delle sportive pi¨´ performanti di allora, la sopra Rsv 1000, fermava la conta a 1.420 mm. Il telaio scatolato in acciaio faceva il paio con i cerchi a 5 razze sdoppiate in alluminio forgiato griffati OZ, e anche per quanto riguarda l¡¯impianto frenante ci si era affidati al non plus ultra disponibile all¡¯epoca, optando per una coppia di pinze radiali Brembo e due dischi anteriori da 320 mm. Tutto questo si traduceva, sulla bilancia, in 192 kg di pura passione, forse troppo per parlare di lightweight ma peso quasi ¡°piuma¡± trattandosi di una muscolosa bicilindrica ¡°vecchia scuola¡±.?
UNICA
¡ª ?Chi l¡¯ha guidata lo sa bene: era ed ¨¨ inutile mettersi a fare paragoni diretti con le hypersport contemporanee, confrontando numeri, performance assolute, tempi sul giro: la Mgs-01 Corsa ne uscirebbe sconfitta. Ma soprattutto, sarebbe un modo a dir poco sbagliato di interpretare questa moto, una sportiva che, attingendo a piene mani dalla tradizione italiana, intendeva fare categoria s¨¦ stante, stuzzicando pi¨´ le emozioni irrazionali che l¡¯ego degli amanti delle schede tecniche. Di certo non poteva piacere a tutti, e nemmeno perseguiva quest¡¯ambizione: voleva far sognare un certo tipo di appassionati, quelli che nonostante il passare degli anni non sono insensibili alla nostalgia dei tempi che furono, quelli della meccanica pura e del coraggio di osare. Forse anche un po¡¯ sadicamente, perch¨¦ il suo alone di opera incompiuta ne alimenta s¨¬ il fascino esotico, ma fa inevitabilmente affiorare anche i rimpianti: cosa sarebbe potuta essere la Mgs-01, se si fosse andati fino in fondo? Tra il far battere il cuore e spezzarlo, spesso, il confine ¨¨ labile.
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