Non ¨¨ il conflitto a mandare in crisi il sistema energetico, ma casomai a mostrare la sua dipendenza assoluta dal gas. In Italia le rinnovabili non decollano e gi¨¤ oggi solo due vetture a batteria su cinque possono dirsi realmente ad emissioni zero
Rispetto dal punto di vista umano, e altrettanto realismo da quello economico. Non ¨¨ la guerra in Ucraina a mandare in crisi il sistema energetico europeo e italiano, ma casomai il conflitto mostra i limiti dei teoremi che ci impegnano a decarbonizzare la produzione di elettricit¨¤ e poi utilizzarla per una mobilit¨¤ tassativamente ad emissioni zero. Un incastro piuttosto complesso dove le istituzioni comunitarie e di conseguenza nazionali stanno imponendo serissimi obblighi di transizione ecologica e tecnologica ad aziende automobilistiche e cittadini. Valutiamo insieme le cifre: lo scenario destinato a sostenere questi obblighi non pare sostenibile, almeno in Italia.
LEGGI ANCHE
verde come carbone
¡ª ?Il presidente del Consiglio, Mario Draghi, nell'informativa alla Camera sul conflitto tra Russia e Ucraina ha previsto come "potrebbe essere necessaria la riapertura delle centrali a carbone, per colmare eventuali mancanze nell'immediato¡±. Una dichiarazione dal contenuto imprevisto, e in parte impreciso. Rispetto al 2011, nel 2021 il nostro Paese ha dimezzato la produzione di energia elettrica proveniente da questo tipo di impianti, ma non l'ha compensata e annullata. Lo scorso anno l'Italia ha ricavato dal carbone 14 Terawattora, ovvero il 4,9% della produzione nazionale netta. In Italia sono ancora tecnicamente attive o in via di riqualificazione ben sette impianti di questo tipo: La Spezia, Fusina nel comune di Venezia, Torrevaldaliga Nord nel comune di Civitavecchia, Brindisi e Portoscuso, nel sud della Sardegna, tutte gestite dall'Enel. A queste si aggiungono le centrali di Monfalcone in provincia di Gorizia, controllata da A2a e quella di Fiume Santo vicino Porto Torres, gestito da Ep produzione. Vale la pena di ricordare che a fine 2019, l¡¯Italia ha trasmesso la versione definitiva del Piano Nazionale Integrato per l¡¯Energia e il Clima (Pniec), che stabilisce gli obiettivi nazionali al 2030 e le relative misure per quanto concerne efficienza energetica. Il piano prevede tassativamente lo spegnimento delle centrali a carbone nel 2025. Come poi sia possibile contare sull'apporto di questi impianti mantenendosi all'interno degli obiettivi del Pnrr, e nello specifico del suo capitolo Mission 2 che ci obbliga alla transizione ecologica, non ¨¨ dato sapere. La perplessit¨¤ vale anche al livello europeo, dove sono ben 264 le centrali a carbone ancora accese e molti Paesi non hanno affatto indicato un tempo limite per la loro dismissione. Immaginare un pi¨´ largo utilizzo del carbone per compensare la diminuzione nelle forniture di gas provenienti dalla Russia significa, di fatto, voler anche mantenere gli obiettivi di mobilit¨¤ elettrica sfruttando l'energia proveniente dal combustibile fossile pi¨´ impattante in assoluto sull'ambiente, tanto nel momento della combustione che in quello dell'estrazione e del trasporto.
il gioco delle quote
¡ª ?Il Green Deal dell'Unione Europea, il senso della transizione ecologica consigliata dal Pnrr e gli obblighi ipotizzati dal programma Fit for 55, che punta allo stop alla vendita di vetture a motore tradizionale entro il 2035, vanno a scontrarsi con una evidenza numerica che la guerra in Ucraina sta solo sottolineando, non causando. L'auto elettrica non si muove affatto in un ecosistema dove l'energia ¨¨ prodotta da fonti rinnovabili, realizzando realmente l'obiettivo delle zero emissioni. Secondo i pi¨´ recenti rapporti mensili forniti da Terna, societ¨¤ che gestisce la rete di trasmissione in Italia, il mix di produzione di energia ¨¨ molto eterogeneo, con una netta prevalenza delle fonti fossili e uno stallo nella crescita della quota proveniente da fonti rinnovabili. La dipendenza da gas ¨¨ un fatto assodato, causato da quello che era il basso costo di questo combustibile importato dall'estero. La guerra in Ucraina aumenta il prezzo, ma non ¨¨ certo lei ad interrompere una transizione energetica che di suo stenta a decollare. Secondo i dati forniti da Terna, nel 2021 la richiesta di energia elettrica (318.075 GWh) ¨¨ risultata in aumento del +5,6% rispetto al 2020, e in lieve riduzione del -0,5% rispetto al 2019. Questa richiesta ¨¨ stata soddisfatta al 51% dalla produzione da fonti non rinnovabili, per il 36% da fonti rinnovabili, ovvero idroelettrico, fotovoltaico ed eolico. La restante quota del 13% proviene dal saldo estero, cio¨¨ da energia derivante da oltre confine e di cui non possiamo certificare la fonte di produzione. L'analisi pu¨° sembrare impietosa. Nel 2021 ¨¨ cresciuta del 3,8% la generazione termoelettrica, ovvero da combustibili fossili, mentre rinnovabili con 115,7 Twh soddisfano il 36% della domanda mantenendo una quota identica a quella del 2020 e appena superiore a quella del 2019, con un trend di incremento praticamente nullo nell'arco degli ultimi 8 anni. Se possibile sono peggiori i dati riferiti a gennaio 2022, con la richiesta di energia soddisfatta per il 61% della produzione da fonti non rinnovabili e per il 30% da fonti rinnovabili, in calo del 10,7% rispetto allo stesso mese dell¡¯anno precedente. Secondo le proiezioni di Terna, nel 2022 la produzione da fonti non rinnovabili far¨¤ registrare una variazione percentuale in aumento del 15,2% rispetto al 2021. In sintesi, ammettendo l'ideale ipotesi che almeno una ampia parte di energia proveniente dall'estero sia prodotta da fonti rinnovabili, solo due quinti delle vetture elettriche circolanti in Italia possono dirsi realmente a zero emissioni. La prospettiva di un maggior ricorso al carbone abbatterebbe in modo ulteriore questa percentuale.
inversione a u
¡ª ?Conti alla mano, il sistema non tiene, ma soprattutto non ha la prospettiva di tenere, ed ¨¨ per questo che la lettera che ¨¨ pi¨´ pronunciata nel mondo dell'auto europea diventa la U. Come Ucraina, ma anche come quel genere di inversione a 180 gradi che porta a ridiscutere in modo radicale la proposta.?Conti alla mano, il sistema non tiene, ma soprattutto non ha la prospettiva di tenere, ed ¨¨ per questo che la lettera che pi¨´ pronunciata nel mondo dell'auto europea diventa la U. Come Ucraina, ma anche come quel genere di inversione a 180 gradi che porta a ridiscutere in modo radicale la proposta della Commissione Europea presentata il 14 luglio del 2021 e che passa sotto il nome di Fit-for 55. Si tratta di un complesso di 12 misure dirette a ridurre del 55% le emissioni climalteranti entro il 2030. Tra queste, un taglio delle emissioni di CO2 del 55% delle auto a partire dal 2030, seguita dal taglio definitivo del 100% a partire dal 2035, anno in cui di fatto sar¨¤ tecnicamente impossibile vendere vetture con motorizzazione a combustione interna, intendendo come tali anche le pi¨´ evolute soluzioni ibride e ibride ricaricabili. Nei giorni scorsi arriva appunto l'inversione a U del Governo tedesco, prima coinvolto nel programma Fit-for 55 e ora, per bocca del ministro dei Trasporti Volker Wissing, piuttosto perplesso: "Per il futuro, non possiamo puntare solo sulla mobilit¨¤ elettrica o sull'idrogeno. Abbiamo bisogno di mantenere un approccio tecnologico neutrale¡±. Il riallineamento con la Francia, sempre piuttosto tiepida di Fit-for 55, ¨¨ evidente. ¡°Vogliamo consentire i propulsori a combustione interna dopo il 2035, ma solo se possono essere alimentati esclusivamente con combustibili sintetici",ribadisce Volker Wissing. Aiuta ricordare come, ancora una volta, la fabbricazione degli e-fuel attualmente abbia bisogno di una grande quantit¨¤ di energia elettrica per la produzione di Idrogenod a ricombinare con anidride carbonica. In Italia gli fa eco il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani, che ha annunciato un programma di finanziamento diretto proprio diffusione dei biocombustibili, cio¨¨ in questo caso derivati dall'agricoltura. Giusto ricordare che Nord America, Brasile e Argentina guidano la classifica dei produttori mondiali di biocombustibili, ma secondo la previsione della Agenzia Internazionale dell'Energia, entro il 2026 la leadership del mercato sar¨¤ presa da Indonesia e Malesia e un cospicuo intervento della Cina. Un problema, considerando come in Europa il paese candidato alla maggiore espansione dell'agricoltura energetica nei prossimi anni sia proprio la Russia.
? RIPRODUZIONE RISERVATA