auto-ritratto
Cesare Romiti: la Fiat degli anni ¡°caldi¡±
Nell'autunno del 1974 gli effetti combinati della crisi petrolifera avviata pochi mesi prima dall'Opec e delle fortissime tensioni sindacali in atto dall'inizio del decennio, insieme ad un processo di ammodernamento manageriale che non ha avuto gli effetti sperati, hanno assestato colpi tremendi alla Fiat. L'azienda torinese, che a lungo ha guidato l'intera industria italiana, si trova sull'orlo del baratro: il bilancio del 1973 si ¨¨ chiuso con una perdita di 173 miliardi di lire; il 2 ottobre 1974 ¨¨ stata chiesta la cassa integrazione per 65 mila dipendenti, circa trecentomila veicoli prodotti giacciono invenduti sui piazzali, un valore prossimo ai 450 miliardi; perch¨¦ ovviamente il prezzo del petrolio alle stelle ha prosciugato a catena le risorse economiche di imprese e famiglie. La Fiat ha bisogno di denaro fresco ed efficienza nella propria organizzazione. A chi affidare un compito che da molte parti viene giudicato immane? Gianni e Umberto Agnelli, rispettivamente presidente e amministratore delegato, si lasciano guidare da Enrico Cuccia, il capo di Mediobanca e kingmaker della finanza italiana. Il principe dei banchieri suggerisce loro di chiamare un dirigente coi fiocchi, capace di ottenere risultati molto positivi al vertice di un colosso come l'Alitalia dell'epoca: Cesare Romiti. Da qui comincia un'avventura durata quasi un quarto di secolo in cui, in mezzo a terrificanti lotte esterne ed interne, la Fiat ¨¨ tornata grande ma successivamente ha incontrato un declino che all'inizio del nuovo secolo comporter¨¤ ancora pericoli per la propria sopravvivenza. Romiti ¨¨ morto il 18 agosto 2020 all'et¨¤ di 97 anni. Pu¨° essere utile ripercorrere le tappe fondamentali della Fiat, dal punto di vista strettamente automobilistico, durante la gestione di colui che, piaccia o no, ¨¨ stato uno dei pi¨´ importanti dirigenti nella storia dell'industria italiana.
CESARE ROMITI, L'ARRIVO ALLA FIAT
¡ª ?Cesare Romiti fu nominato direttore amministrativo della Fiat all'inizio del novembre 1974. Egli stesso descrisse il primo impatto, nel libro-intervista Storia segreta del capitalismo italiano, scritto con Paolo Madron: "Ho trovato una situazione tragica dei conti, che non ci lasciava alternative: o portavamo i libri in tribunale, o dovevamo lasciare a casa alcune decine di migliaia di persone. Non ci ho pensato un minuto, ho detto che bisognava mandarle via. Forse dal punto di vista della conservazione del posto di lavoro era pi¨´ etico non farlo. In quel caso, per¨°, si trattava della sopravvivenza dell'azienda". Appunto, la sopravvivenza. La Fiat in quel momento era sull'orlo dell'abisso col vento che spingeva verso il burrone: solo una spinta energica in direzione opposta le avrebbe impedito di precipitare. Nessuna consolazione per chi il lavoro lo perse, tuttavia l'alternativa sarebbe stata farlo perdere a tutti. Fu questo il primo elemento sulla reputazione che Romiti si costru¨¬ come dirigente durissimo. Il manager romano cominci¨° a mettere ordine nel ginepraio dei bilanci e presto, sempre su suggerimento di Cuccia, Gianni Agnelli lo affianc¨° al fratello Umberto e a Carlo De Benedetti nel ruolo di amministratore delegato, era il 30 aprile 1976. Un triumvirato inedito nell'azienda di corso Marconi. Dur¨° pochissimo: Umberto Agnelli decise di candidarsi alle elezioni con la Democrazia Cristiana, mentre De Benedetti non riusc¨¬ ad ottenere i pieni poteri come pensava all'inizio, quindi il 25 agosto vennero annunciate le sue dimissioni. Di conseguenza Romiti (il quale aveva avuto diversi contrasti con l'Ingegnere) si trov¨° a gestire la maggior parte dell'attivit¨¤ alla Fiat.
LEGGI ANCHE
I SOLDI DALLA LIBIA
¡ª ?L'accordo firmato un anno prima da Agnelli, in qualit¨¤ di presidente della Confindustria, con i sindacati sul punto unico di contingenza aveva calmato le tensioni su quel fronte, per¨° i conti aziendali continuavano a destare allarme. Servivano quattrini, tanti e subito. Romiti manovr¨° in silenzio e li trov¨° da una fonte inaspettata quanto controversa: la Libia. Si tratt¨° di una trattativa lunga e segreta che durava da tre anni, avviata dal governatore della banca centrale libica; Romiti, sempre sotto la regia di Mediobanca, la port¨° alla conclusione: il 1¡ã dicembre 1976 Agnelli annunci¨° un aumento di capitale attraverso il quale la Libyan Arab Foreign Bank acquisiva il 9,7% delle azioni ordinarie Fiat versando 415 milioni di dollari in contanti. Si poteva tornare ad investire.
LA MARCIA DEI QUARANTAMILA
¡ª ?Lentamente e con sofferenza Romiti trasforma la Fiat. I problemi principali arrivano ancora dall'interno delle fabbriche, sono anni pieni di violenza. Il capo (dopo Agnelli) della Fiat riesce ad allontanare, seppure a fatica, le frange estremiste vicine al terrorismo rosso (61 operai licenziati a tal proposito a Torino nell'ottobre 1979). Poi per¨° bisogna fare i conti con una manodopera ancora in eccesso per le forze dell'azienda. Licenziare ¨¨ nuovamente necessario, altrimenti si viene travolti. Siamo nel 1980, settembre, da un paio di mesi Romiti ¨¨ rimasto l'unico amministratore delegato, dopo la rinuncia di Umberto Agnelli: in pochi giorni la Fiat annuncia prima il ricorso alla cassa integrazione per circa 24 mila dipendenti, poi il licenziamento di altri 14 mila.
I sindacati entrano in sciopero, il picchettaggio davanti ai cancelli di Mirafiori ¨¨ asfissiante. Enrico Berlinguer entra in prima persona nella questione, recandosi a Torino per esprimere l'appoggio del Partito comunista. Ma un'azienda in cui non si lavora ¨¨ destinata a soccombere. Il particolare non era sfuggito ai quadri aziendali, i quali sono stanchi di una guerra che sembra senza fine. Allora il 14 ottobre 1980 si tiene quella che le cronache hanno chiamato "la marcia dei quarantamila" : una manifestazione in cui i dipendenti di livello intermedio della Fiat hanno sfilato per il centro di Torino invocando il diritto di tornare al lavoro. L'effetto fu dirompente, quasi un terremoto. Torn¨° il dialogo, l'azienda revoc¨° i licenziamenti chiedendo la cassa integrazione per 22 mila lavoratori, lo scioper¨° cess¨°.
Fu un momento difficile che ancora nel 2016 Romiti ricordava con chiarezza spiegando: ¡°La vita mi ha costretto a essere duro. La Fiat stava morendo. Sparavano a un caposquadra ogni settimana. Bisognava mettere i violenti fuori dalla fabbrica, tagliare il personale, chiamare i torinesi perbene a salvare l¡¯azienda. E i torinesi risposero. Se non l¡¯avessero fatto, oggi la Fiat non ci sarebbe, come non ci sono l¡¯Olivetti e la Montedison. In circostanze eccezionali, gli italiani rispondono¡±. Non ¨¨ mai stato chiarito se Romiti fosse l'organizzatore di quella marcia, lui lo ha sempre negato. Ma seppe approfittarne e intestarsela come un successo personale. Attribuzione che, anni dopo (unita alle preferenze per Ghidella di Umberto Agnelli) contribu¨¬ a portarlo in rotta di collisione con Vittorio Ghidella, amministratore di Fiat Auto dal 1979.
LE AUTO DELLA FIAT NELL'ERA ROMITI
¡ª ?I soldi libici e i tagli al personale, nonch¨¦ una riorganizzazione interna improntata ad una maggiore razionalit¨¤, avevano creato le risorse per gli investimenti su nuovi modelli di auto, quanto mai necessari. De Benedetti nei suoi pochi mesi al vertice aveva trovato il tempo di commissionare a Giorgetto Giugiaro l'erede della poco fortunata 126, cio¨¨ la futura Fiat Panda. Vettura che vide la luce nel 1980 e scal¨° ben presto le classifiche di vendita per un successo che ancora oggi non pare arrestarsi. Va ricordato che Romiti era manager di finanza, non uomo di prodotto. I meriti vanno quindi condivisi con Ghidella, la vera mente ingegneristica dalle cui mani presero forma (in senso organizzativo) i nuovi modelli. Tuttavia, senza il denaro per poterlo fare, nemmeno un mago sarebbe riuscito in quest'impresa. In casa Lancia pochi mesi prima era nata la Delta, sempre disegnata dalla Italdesign Giugiaro, entrata nella storia grazie al dominio nel campionato del mondo di rally negli anni successivi.
Dopo la Panda arriv¨° un altro modello destinato ad una grande fortuna commerciale. Era tempo di sostituire la 127 dopo tanti anni di onorata carriera. Ancora venne scelto Giugiaro per plasmare le fattezze di questo modello: la Fiat Uno diede nuova linfa al settore delle utilitarie dal 1983, dopo una... spaziale presentazione a Cape Canaveral. Col ritorno dei profitti, la Fiat riprende a correre e a fare acquisti di peso in tutti i settori dell'economia e della finanza. In campo automobilistico naturalmente il fiore all'occhiello ¨¨ l'acquisizione dell'Alfa Romeo dalle mani statali nel 1986.
Il Gruppo Fiat introduce anche innovazioni industriali in senso stretto, ad esempio la condivisione delle piattaforme. Sullo stesso pianale a trazione anteriore nascono le ammiraglie dei diversi marchi: Lancia Thema, Fiat Croma e Saab 9000, a cui si aggiunge l'Alfa Romeo 164. Tutti modelli interessanti e innovativi, ricchi di energia premiati dal mercato, senza dimenticare la piccola Lancia Y10 (nata Autobianchi nel 1985). Dello stesso periodo sono anche altri due successi di mercato come le due Alfa Romeo 33 e 75 a lungo rimaste nella memoria degli ¡°alfisti¡±. In quegli anni in Ferrari arrivarono due modelli importantissimi come la bellissima Testarossa e la strepitosa F40. Nel frattempo il Gruppo riacquista le azioni in possesso dei libici, diventati molto ingombranti dopo gli scontri del 1986 tra le forze armate di Gheddafi e quelle americane.
GLI SCONTRI CON GHIDELLA E LA NUOVA CRISI
¡ª ?Nel 1987 la Fiat ha un fatturato vicino ai 40 mila miliardi di lire, ¨¨ la seconda azienda italiana dopo il colosso statale Iri (in via di lenta dismissione). Gli utili arrivano prevalentemente dal settore auto, regno di Ghidella, pi¨´ giovane di Romiti di otto anni. Proprio Ghidella, il quale ha sempre goduto del forte appoggio di Umberto Agnelli, viene indicato anche pubblicamente da Gianni Agnelli come successore di Romiti da l¨¬ a poco. Ma Romiti la pensa diversamente ed entra in forte attrito con Umberto, di cui soffre le interferenze nella gestione Fiat dalla sua posizione tecnicamente esterna nella Ifil, la holding che storicamente ¨¨ stata la cassaforte della famiglia. Romiti entra sempre pi¨´ decisamente nella conduzione tecnica di Fiat Auto, i contrasti con Ghidella crescono fino a diventare insostenibili.
Agnelli (Gianni) rinuncia alla nomina di Ghidella al vertice del Gruppo e quest'ultimo si dimette alla fine del 1988. Romiti avoca a s¨¦ anche il ruolo di AD di Fiat Auto, tenuto per due anni quando viene scelto Paolo Cantarella. Cesare Romiti resta il timoniere indiscusso della Fiat, sebbene gli urti con Umberto non si siano indeboliti, tutt'altro. Ma nel 1990 la situazione economica si rovescia. Si perdono forti quote di mercato in Italia e in Europa e tornano le preoccupazioni. La crisi di quegli anni, la guerra del golfo, il prezzo del petrolio e la Fiat che scese sotto quota 40% del mercato italiano e sotto il 10% in Europa come sottoline¨° anche Gianni Agnelli nel 1991 con la storica frase ¡°la festa ¨¨ finita!¡±.
LA FIAT PUNTO E L'ALFA 156, GLI ULTIMI GUIZZI
¡ª ?Romiti decide di dirigere gli investimenti in misura crescente nei settori estranei all'auto. Ma il core business della Fiat non pu¨° essere sacrificato troppo. Serve un nuovo modello che traini nuovamente le vendite. Da tempo ¨¨ in cantiere la sostituta della Uno, sempre affidata all'infallibile matita di Giugiaro. La Fiat Punto esce nel 1993 e superer¨¤ l'antenata in termini di vendite, restando sul mercato per ben 25 anni.
Ci¨° nonostante ci fu ancora spazio per modelli importanti come la Lancia Dedra, la Fiat Coup¨¦, l¡¯Alfa Romeo 155 del 1992 la 145 del 1995 e ancora la rivoluzionaria Fiat Multipla di fine Anni 90. In particolare l¡¯Alfa 155 regal¨° al marchio nuovi successi sportivi sui circuiti di tutto il mondo. L'ultimo modello a godere di una certa fortuna commerciale ¨¨ l'Alfa Romeo 156, disegnata da Walter de Silva, berlina e station dalle forme originali e le prestazioni di ottimo livello.
LA PRESIDENZA DELLA FIAT, TANGENTOPOLI E L'ADDIO
¡ª ?Il tempo passa e il primo a ritirarsi ¨¨ Gianni Agnelli il quale, nominato senatore a vita nel 1991 dal Francesco Cossiga, avrebbe voluto lasciare la presidenza gi¨¤ nel 1993, tuttavia Cuccia lo convince a rinviare, per gestire un colossale quanto indispensabile aumento di capitale, la bellezza di 4.200 miliardi di lire. Si arriva al 1995 e a fine anno Agnelli si ritira ma Romiti resta ancora in azienda, tra i due resta un rapporto di grande stima e amicizia che Romiti sintetizzer¨¤ cosi in un intervista al Corriere della Sera: ¡°Ad Agnelli ho dato sempre del lei, eravamo amici e gli volevo bene ma non ce lo siamo mai detti¡±. Il 28 febbraio 1996 Romiti diventa presidente della Fiat, carica che manterr¨¤ fino al 24 giugno 1998 quando, al compimento di 75 anni, uscir¨¤ dall'azienda, lasciandola con un fatturato di 90mila miliardi di lire. Dopo 24 anni, una buonuscita di 185 miliardi e l'opzione per l'acquisto del 18,8% di Gemina, attraverso cui finanzier¨¤ la sua nuova vita al vertice di Rizzoli-Corriere della Sera. Ma l'addio alla Fiat ha anche un corollario amaro: il coinvolgimento nell'inchiesta Mani Pulite che nel 1997 gli procura una condanna, diventata definitiva nel 2000 dopo che la Cassazione gli infligge undici mesi e dieci giorni di reclusione per finanziamento illecito dei partiti, frode fiscale e falso in bilancio (quest'ultima condanna revocata nel 2003 dopo l'abolizione del reato).
? RIPRODUZIONE RISERVATA