Il pioniere Maurizio Spinas: “Fioravanti come Gigi Riva, ma ora attiriamo i futuri campioni”

“Io un pezzo di storia del surf?”?Maurizio Spinas, considerato uno dei pionieri del surf italiano, tra i primi a scoprire le onde della Sardegna con una tavola nel lontano 1979, ha bisogno di una frazione di secondo per soppesare la domanda. “Non direi: più che un pezzo di storia, il surf è un pezzo della mia vita”. Risponde all’intervista di Gazzetta Active dalla sua casa-rifugio a Chia: una specie di paradiso terrestre tutto sardo, profumi di macchia mediterranea che provocano le narici, acqua cristallina, sabbia bianca, soltanto il garrito dei gabbiani d’inverno e, soprattutto, una conformazione della costa adatta a ricevere mareggiate dai quadranti orientali e occidentali.?

Spinas è davvero una colonna del surf tricolore. E anche se lui giustamente considera il surf – inteso come pura e sfrenata passione per le onde – al di sopra di tutto, sono i dati e i fatti a parlare per lui. Basterebbe ricordare che è stato il terzo presidente della Fisurf, la vecchia federazione italiana di surf da onda, di cui per anni è stato dirigente. Ha propiziato, insieme ai suoi amici Giuseppe Meleddu e Diddo Ciani, quest’ultimo scomparso l’anno scorso, uno dei primi nuclei di surfisti nella Sardegna. Carismatico e trascinatore, Spinas è stato una presenza costante nelle gare internazionali e nei contest nostrani, di fatto diventando un punto di riferimento per diverse generazioni di surfisti.?

Maurizio, il prossimo anno fai 45 anni sul surf...
?"E pensare che la mia passione originaria era un’altra. Una volta andai a fare un concorso ippico a Nulvi, in provincia di Sassari e mi portai anche la tavola. La mia ragazza mi diceva che ero matto: volevo andare con lei, il cavallo e il surf. Agli amici dicevo che ero passato dai cavalli ai cavalloni".
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Che surfista eri all’epoca?
?"Pieno di energia. Ovviamente ero autodidatta, ma salire sulla tavola mi è riuscito semplice: oltre all’equitazione, facevo tanti altri sport, ero bravo nello sci e atletica: al salto in alto ai campionati juniores passavo l’asta a 1,85. E mi sono laureato in medicina in sei anni. Eppure, nel surf ho preso una fregatura".

Racconta...
?"Quando ho iniziato ero il più grande e, come capita, i più grandi hanno maggiori responsabilità. Così alle prime gare che abbiamo organizzato a me toccava fare il giudice e, più avanti, il dirigente. La mia carriera surfistica non l’ho mai fatta da atleta, ma dall’altro lato".

?Una bella storia da dirigente sportivo?
?"Non tutti sanno che in Italia sono stati organizzate diverse tappe EPSA, cioè gare del campionato europeo. Si disputarono quasi tutte in Toscana e un anno la gara non si fece per mancanza di onde. Non lo posso nascondere: c'era agonismo anche tra i dirigenti, e così spinsi per fare l’edizione del 1994 in Sardegna. Per chiamare una gara allora ci voleva molta esperienza perché i sistemi meteo non erano avanzati. E ovviamente era necessaria anche tanta fortuna. Ma quello fu definito il “miracolo di Buggerru”, con onde consistenti che durarono due settimane. Per me era un segnale che gli astri mi stavano assistendo. Mi sono sempre ritenuto un uomo fortunato".

Un passo indietro: l’associazione surfisti italiani, l’ASI, fu fondata nel 1997 su impulso di Alessandro Dini, Carlo Piccinini e tuo, e poi si trasformò nella Fisurf.
?"Nasceva a Viareggio, ma ero io a prendere gli aerei e a fare la spola. Quando firmammo mi presi un acquazzone biblico. Dalla Sardegna facevo la differenza".
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?E poi hai partecipato a tanti europei e tanti mondiali ISA. Raccontane uno in particolare.
?"Altri tempi: le squadre erano numerose e si gareggiava con tutte le categorie. Anche i master. Questo a parte, oltre al lavoro di selezione degli italiani, ce n’era anche uno di scouting sugli oriundi. Così nel 2003, agli europei a Gran Canaria gareggiò con noi Sean Holmes, un sudafricano fortissimo con un passato in ASP. Stava dando da filo da torcere a tutti, e più andava avanti e più vedevamo francesi e soprattutto gli spagnoli preoccupati di perdere il primo posto nella finale uomini. Il problema si risolse subito: dissero che si ruppero le fogne e sospesero la gara".

E il surf ora è alle Olimpiadi. L’avresti mai detto?
?"Onestamente sì. L’ISA lo voleva e quello era il sogno di Aguerre. Lui veniva snobbato dagli sponsor, e per l’ASP, l’ISA era una roba di serie B e tale doveva rimanere. Ma Fernando è un uomo capace e non ha mollato la presa. Si è andato a spulciare i regolamenti CIO e ha capito che l’ASP alle Olimpiadi non ci sarebbe mai arrivata".
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?Quel momento ha segnato però anche la fine della Fisurf.
?"? vero. Il surf è entrato in un’altra federazione. Ma c’è un aspetto positivo: il Coni riconosceva il surf come sport olimpico. Tra l’altro a Tokyo si è gareggiato in un postaccio, e ora vedremo cosa succederà a Tahiti. Anche se il surf olimpico del futuro l’ha definito il Ranch di Slater: una grande città può ospitare una wave pool che permetterebbe a ogni atleta di esprimersi sullo stesso tipo di onda, così come accade per esempio nel canottaggio".

Quando eri presidente Fisurf, ci fu una grande spaccatura e nel 2006 si affiancò Surfing Italia.
?"Tante polemiche, ma anche tantissime gare, a un certo punto fino a 60 all’anno. Ero fiero del lavoro di Surfing Italia, ma io ero lì per difendere lo statuto. Ad ogni modo, quella la considero una guerra benedetta: è lì che è sbocciato Leonardo Fioravanti, e questo non è avvenuto per caso".
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?Cioè?
?"Leonardo ci ha scelto, ha scelto il surf, perché suo fratello Matteo già surfava e il movimento era attivo. Penso che lui sia un predestinato, un campione a prescindere: se avesse fatto tennis, sarebbe un campione ATP. Guarda Sinner, per esempio: è andato a fare il tennista, ma prima era un asso sugli sci. Un campione sceglie il suo sport e la storia sportiva è piena di questi esempi. Leonardo viene a culminare quel periodo di grande fermento: si è forgiato sui circuiti italiani e lì ha trovato l’humus per crescere. Se si mettono in piedi le gare, ai bambini viene voglia, ma se il surf sparisce dalla vetrina, uno va a prendersi altro".

Fai una previsione allora: come vedi il surf agonistico tra dieci anni?
?"Servono gare per rilanciare il surf in Italia e darci la possibilità di avere un altro Fioravanti. Certamente lui è un fuoriclasse, è il Gigi Riva del surf, o il Pietro Menna: di gente così, con uno spirito positivo e una tale tenacia e voglia di emergere, ne nasce uno ogni cento anni. Ma dobbiamo farci trovare pronti: sin quando Leonardo gareggerà, sarà un esempio e creerà un indotto e ragazzi che vorranno emularlo. Penso che il passato non sia un ostacolo, ma un’opportunità: va trovato un contenitore, perché Leonardo non durerà all’infinito".

?Hai attraversato quattro decadi come surfista. La vita cambia, allora raccontaci: come è cambiato il tuo rapporto con il surf?
?"? semplice: non è cambiato. Guardo sempre il mare, e se vedo una bava di vento, vado a guardare le onde da vicino. Certamente ho altri ritmi. Per esempio, vado meno in giro per altri spot, ma magari è solto una fase come tante. Ma sai qual è il bello di questo sport?"
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?Quale?
?"La passione non tramonta mai. E se arrivano le onde, sicuramente io sono in mare".