Nba, Indiana ritrova Granger: "Ma mi sento tanta ruggine addosso"

Danny Granger è cresciuto in una famiglia di medie dimensioni - insieme ai genitori, una sorella maggiore e un fratello minore - in un quartiere difficile di Metairie, Lousiana, periferia di New Orleans. Danny Granger Sr., invece, proveniva da una famiglia ben più grande, con nove tra fratelli e sorelle. Suo figlio, ala degli Indiana Pacers, ha dunque "circa 30 cugini". Quando l'Uragano Katrina colpì duramente la zona nel 2005, molti di loro lasciarono le loro case per trasferirsi nella casa del rookie Nba a Indianapolis. Ecco perché Granger sa bene il significato della parola adattarsi. Nonostante sia il membro più famoso della sua famiglia - anche se la fama da donnaiolo di Danny Sr. non è ancora scemata in molti quartieri di Metairie - Granger sa bene di non essere sempre al centro dell'attenzione, cosa che dovrebbe fargli soltanto bene in questo momento.

momento sì — I Pacers sono lanciatissimi adesso che sono già stati giocati tre quarti della regular season 2012-13. La squadra, che ha vinto 10 delle ultime 12 partite prima di quella di giovedì contro i Los Angeles Clippers, ha un record di 24-5 alla Bankers Life Fieldhouse e sta scalando la classifica della Eastern Conference. Indiana può contare sull'esplosione di Paul George, un quintetto che non è secondo a nessuno, un coach come Frank Vogel e soprattutto nessun timore verso i Miami Heat, viste le sei partite delle semifinali di conference nella scorsa stagione e i due incontri vinti quest'anno. E poi c'è Granger, cinque volte miglior realizzatore e leader della squadra in sette stagioni in Nba. Ci è voluto un po' di tempo - Granger è arrivato quando Reggie Miller se ne stava andando - ma il giocatore è diventato quello che si prende e mette a segno i tiri, diventando la cosa più vicina a un tiratore, oltre che a leader della squadra, che la squadra abbia avuto. E anche per questo ci vorrà del tempo. Granger torna dopo circa nove mesi fuori dal campo, almeno per gli standard Nba. Il giocatore, rientrato a Detroit nel weekend, non giocava sin dalla serie contro gli Heat, bloccato da una tendinite rotulea del ginocchio sinistro.

Danny Granger, 33 anni, si congratula con George Hill. LaPresse

rientro — In due partite Granger è stato mandato in campo limitando il suo minutaggio (20 minuti a incontro) e si è dovuto adattare al ritmo e ai cambiamenti del gioco di indiana in sua assenza oltre che ad avere, ovviamente, problemi relativi alla lunga assenza. "Mi sento sempre tanta ruggine addosso", ha detto mercoledì ridacchiando durante un'intervista telefonica. O per dirla in termini consoni alla tradizione sportiva di Indianapolis, Granger sta uscendo dai box per entrare sul circuito per affrontare 150 giri di gara veloci e frenetici. Appena sente la voce "Signori, accendete i motori", si trova in regime di bandiere gialle dietro la safety car, mentre i suoi compagni di squadra e avversari sfrecciano verso la bandiera a scacchi. Insomma, com'era lecito aspettarsi, le cose sono per il giocatore sono un po' sfasate. "Forse sono al 60-65% della forma in cui dovrei essere - dice Granger -. Una parte del mio percorso di riabilitazione era l'allenamento, ma in questa fase della stagione non si ha tempo e modo di allenarsi. Il problema che ho adesso è che il mio ginocchio e il tendine devono abituarsi a nuovi stress. Ma al momento non facciamo allenamenti veri e propri, devo sfruttare il tempo che mi viene dato in partita. È proprio questa la mia riabilitazione". E si vede. Sabato a Detroit, Granger ha giocato 18 minuti e 36 secondi, tirando 1 su 10. Martedì contro Golden State il giocatore è partito dalla panchina ed è stato in campo per 18 minuti e 30 secondi tirando 1 su 7. Tuttavia, il dato importante è che i Pacers hanno vinto entrambe le partite. Certo, oltre al fatto che non è cambiato nulla nelle dinamiche della squadra. George non ha fatto passi indietro e non si è nascosto nella sua buca come la famosa marmotta Punxsutawney Phil. Nessuna alzata di testa, nessuna frecciatina da parte di nessuno.

timori — Ciò che si immaginavano molti giornalisti e che alcuni fan dei Pacers temevano - situazioni problematiche relative al ritorno di una pedina importante che avrebbe preteso ciò che gli spettava - non è accaduto. E non accadrà, se Granger manterrà la propria parola. "Bisogna essere molto attenti, perché quando una squadra ha i suoi ritmi, tutti hanno il proprio ruolo e sanno cosa non devono fare, quando si aggiunge un'altra pedina che non ha giocato fino a quel momento inizia una curva di apprendimento. Sia per me che per i miei compagni di squadra. Ovviamente voglio dare una mano alla squadra, ma allo stesso tempo voglio fare in modo che non faccia più danni che altro". Durante buona parte della sua carriera la frase "Granger dà una mano ai Pacers" significava che il giocatore andava al tiro e segnava. Dalla sua terza stagione fino alla scorsa primavera, ha fatto registrare una media di 16.6 tiri (con un picco di 19.1 nel 2008-09) e 21.6 punti a partita, In sua assenza, tali tiri sono stati spartiti tra vari giocatori: 3.6 in più rispetto al 2011-12 per David West, 4.3 per George Hill, 4.4 per Lance Stephenson e 5.3 per George, che quest'anno si sta confermando come potenziale franchise player su entrambi i versanti di gioco. Se si fa un'addizione il risultato è 17.6 tiri a partita per un attacco che è leggermente calato (da 81.4 tiri a partita a 81.0).

strategia — Come faranno i Pacers a inserire un rugginoso Granger senza sconvolgere i piani di gioco che funzionano? È una domanda difficile, esattamente come quella che il veterano si starà ponendo: quanto deve essere sensibile Granger ai cambiamenti e alle modifiche del gioco della sua squadra senza però eclissarsi troppo ed essere in grado comunque di fare la sua parte? "Beh, non saprei - dice Granger -. Credo che ci penserò seriamente quando sarò finalmente in forma al 100%. Per il momento siamo ancora lontani". West ha parlato dei problemi in marcatura che dovranno affrontare gli avversari mettendo un giocatore dal fisico e dal tiro di Granger nel ruolo di ala piccola. George ha dichiarato che la nuova identità di Indiana è talmente solida da poter sostenere il ritorno del giocatore, mentre Vogel ha detto che, in sostanza, i ruoli di Granger e George - giocatori di supporto negli schemi offensivi - saranno intercambiabili. Stephenson, 49 presenze da titolare, ha già giocato quattro volte di più rispetto alla scorsa stagione, quindi se e quando partirà dalla panchina, lo farà da giocatore ben stabilito nelle rotazioni. Poi, c'è quel gran sollievo portato dai tiri da fuori di Granger, capaci di aprire le difese e creare spazi per Roy Hibbert e West oltre a corridoi per George e le guardie. Tuttavia, giocare con un ginocchio malandato non è il massimo per Granger. "Non è proprio una stagione come le altre - dice -. Non ho fatto la preseason e non ho giocato per nove mesi. Quindi, se c'è qualcosa che posso fare per mettere la squadra nella miglior condizione possibile di vincere, lo farò. Mancano soltanto poco più di 20 partite. Da veterano so come affrontare queste situazioni. E se dovessi fare più male che bene alla squadra perché non sono al massimo della forma, allora valuterò la cosa".