I Lakers e l'ira di D'Antoni
Strada playoff in salita

Due mesi fa i Lakers avevano un record di 17 vittorie e 25 sconfitte. Con in mezzo guai fisici di ogni tipo e la botta della morte del patron Jerry Buss, i gialloviola hanno vinto fino a domenica scorsa 19 delle successive 26 partite, riconquistando un posto in zona playoff con il sorpasso ai Jazz in caduta libera (11 k.o. delle ultime 14 gare). A 12 partite dalla fine, oggi i Lakers sono ottavi con una vittoria e mezzo di vantaggio su Utah e due e mezzo su Dallas e Portland.

ritorni e allarmi — Nel momento in cui il cerchio pareva chiudersi col ritorno di Kobe Bryant dopo due gare di assenza per la distorsione alla caviglia sinistra, e di Pau Gasol dopo un mese e mezzo di stop per fascite plantare, è esploso il coach Mike D'Antoni. Evidentemente non solo per le due ultime sconfitte, comunque curiose: contro i Suns ultimi a Ovest, e stanotte dopo essere stati a +18 a inizio ripresa con Washington, peraltro una delle squadre più in forma (cinque vittorie nelle ultime sei gare) e con almeno due tiri puliti di Bryant che avrebbero potuto dare un esito diverso. “Se non cambiamo in termini di concentrazione e impegno, non faremo i playoff. E se li faremo, saremo spazzati via – si è sfogato D'Antoni -. Non puoi essere una buona squadra se non ti passi il pallone e non capisci cosa va fatto in difesa. Non puoi. Quando facciamo l'huddle urliamo 'championship': titolo? Mi fate ridere, qualcuno che mi prende in giro. Finché non capiamo tutti l'importanza di ogni possesso in attacco e in difesa, e ci mettiamo un po' di decisione per essere una buona squadra di basket, stiamo solo ingannando noi stessi. E' quello che stiamo facendo”.

Mike D'Antoni, 61 anni. Afp

difesa e chimica — L'obiettivo, ricorda D'Antoni, non è andare ai playoff ma vincere il titolo. Ma in stagione i Lakers hanno perso 17 delle 23 partite giocate contro le altre otto migliori squadre a Ovest (Utah compresa), tutte quelle che si dovranno battere in caso di accesso ai playoff, per di più senza fattore campo. Di queste formazioni, i gialloviola sono quella col peggior coefficiente difensivo: è solo la fotografia statistica di quello che già sul campo fanno di tutto per palesare, tra palle perse, pessima transizione difensiva e lacunose rotazioni difensive a metà campo. Quando sono partiti col quintetto pensato in estate (Nash, Bryant, World Peace, Gasol, Howard) i Lakers hanno sempre perso in tutte le sei partite in cui è successo. Un campione troppo ridotto (sei gare) per evitare il rischio di banalizzare un'analisi complessa, un dato che conduce a sua volta a un'altra considerazione: gli infortuni hanno impedito di lavorare bene per un tempo e una continuità sufficienti a trovare la quadratura del cerchio. Se i limiti difensivi sono la madre di tutti i problemi, latita anche la chimica tra giocatori abituati a giocare pallacanestro molto diverse.

gran finale — In difficoltà a suonare lo stesso spartito se non alternandosi artificiosamente sul palcoscenico, comunque col solo talento individuale i Lakers sono tra i migliori attacchi Nba. Ma non è un caso che una delle migliori gare sia stata quella recente coi Kings senza Bryant e Gasol, col supporting cast di spalla a Nash e Howard, girando bene la palla dentro-fuori e sul perimetro. Fingendo che non diventi anche una questione di 'marcare il territorio', il ritorno di Gasol riporta in auge l'ipotesi di farlo partire dalla panchina per dare più forza alla 'second unit' e più omogeneità al quintetto. Ora i Lakers hanno un calendario più duro dei Jazz: troveranno squadre col 53% complessivo di record (quarto peggior dato della conference) mentre Utah avrà avversarie col 50% (secondo miglior dato a Ovest). I gialloviola sono attesi da quattro trasferte di fila partendo da Golden State, e sfideranno poi big come Grizzlies, Clippers, ancora Warriors, Spurs e Rockets, con in mezzo anche gli scontri diretti con Dallas e Portland che continuano a crederci, reduci rispettivamente da 7 vittorie nelle ultime 10 gare e 4 nelle ultime 6. Li troverà anche Utah, che sfiderà anche - tra le altre - Brooklyn, Denver, Golden State, Oklahoma City e Memphis. La sfida è ancora apertissima. E rischia di essere a quattro, per un posto.