La spontaneità di Balotelli, l’umanità di Buffon e la sensibilità di Prandelli: è questa la miscela che ha regalato una mezzora di entusiasmo da finale Mondiale ai detenuti del carcere di Sollicciano, a Firenze.

BALOTELLI — La naturalezza di Mario ha conquistato subito i circa mille detenuti del principale istituto detentivo fiorentino, una bella fetta dei quali era radunata nella sala cinema, per l’occasione. Balotelli, Buffon e Prandelli hanno fatto il loro ingresso intorno alle 12.15, dopo l’allenamento mattutino, nel quale Prandelli ha provato Cassani e Balzaretti esterni difensivi, le probabili variazioni rispetto alla partita con le Far Oer. Il trio azzurro è stato letteralmente sommerso dall’entusiasmo dei carcerati, faticando a raggiungere il palco. Poi, le parole.

RIVELAZIONE — E Balotelli ha dimostrato di non essere allergico ai microfoni, in un contesto diverso rispetto alle rituali conferenze stampa o zone miste dopo partita, che proprio non gli vanno giù. Mario stavolta ha firmato autografi come una macchinetta, non si è tolto mai il sorriso dalla faccia. Ha pronunciato parole di conforto: "Ho accettato subito quando mi hanno chiesto di venire qua. Ragazzi, non mollate, tutti hanno un’occasione nella vita" e non ha scansato domande scomode d’attualità, poste dai detenuti: "L’IPad? Non lo ascoltavo in panchina, ma prima". "Come si fa a rimanere in Italia?" Gli ha chiesto una ragazza di colore, il penitenziario ha un’ala femminile che conta circa 100 unità, e in assoluto gli stranieri del carcere sono una percentuale di circa il 70%. "Io ci sono rimasto un po’ all’Inter, poi infatti sono andato via" - ha risposto Balotelli -. Poi, sulla Nazionale: "E’ forte".

BUFFON — Il portierone azzurro ha raccontato di aver già visitato delle carceri altre 4-5 volte e di respirare "la voglia di vivere che riesce a mostrare chi pure sta soffrendo. Quando uscirete di qui vi riapproprierete della vostra vita apprezzandola anche di più". Si è detto entusiasta del progetto Italia: "E’ la prima volta da quando sono in azzurro - grazie a Prandelli - che cerchiamo di imporre il nostro gioco, con una fitta rete di passaggi". E ha incassato i complimenti di un detenuto che ha sofferto di depressione e che lo ha ringraziato per essersi esposto pubblicamente denunciando il suo problema, nel periodo in cui ha sofferto di questa malattia.

Gigi Buffon in visita al carcere fiorentino di Sollicciano

PRANDELLI — Il c.t. si è detto orgoglioso di questa iniziativa - inserita nel progetto Vivi Azzurro - "E’ la prima volta che la Nazionale entra in un carcere". Ha detto di Balotelli che il suo futuro "dipende da lui, non da noi", lo ha invitato ad avere pazienza prendendo esempio da Buffon, quando il numero uno della Nazionale ha raccontato di aver fatto panchina per i primi due anni di azzurro, e ha raccontato che i suoi azzurri sinora non lo hanno "mai tradito".

TENSIONE — Non sono mancati momenti di tensione, in mattinata. Poi completamente dimenticati dall’arrivo degli azzurri e accolti al coro di po po po, quello della canzone delle notti magiche del Mondiale 2006. E faceva specie vederlo cantare da tanti extracomunitari. Ma un’oretta prima l’atmosfera era molto meno di festa, quando è arrivata la prima delegazione azzurra rappresentata dal team manager Gigi Riva, giunto a Sollicciano insieme ad Alessandro Gamberini, capitano della Fiorentina, e al vicesindaco Dario Nardella. I cori per Gamberini - che in questo carcere era venuto a giocare 4 anni fa con Montolivo, Pazzini, Frey e Liverani contro 5 detenuti "e avevano vinto loro ha raccontato il difensore viola -, e gli applausi scroscianti per Riva, erano stati intervallati dalle richieste di fondi per gli impianti sportivi: "Non siamo animali, ma atleti pure noi". E dalla rabbia: "Con tutti i soldi che guadagnate voi calciatori, poi provate a farne altri con le scommesse. Noi sì che avremmo bisogno di soldi". Domande e rivendicazioni senza filtro, autentiche, alcune dei gridi di rabbia. Poi sono arrivati gli azzurri, che li hanno trasformati in festosi cori da stadio. Il pallone di casa nostra - per quanto malridotto - sa ancora fare magie.