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Grana sicurezza in MotoGP (e in Moto3). A 10 anni dalla morte del Sic, non abbiamo imparato nulla?
Il 23 ottobre ricorre il decimo anniversario dell¡¯incidente in MotoGP sul circuito di Sepang che cost¨° la vita a Marco Simoncelli. Il ventiquattrenne pilota romagnolo, gi¨¤ iridato della classe 250 nel 2008, era un ragazzo straordinario, un pilota di razza che ha lasciato un grande vuoto anche oltre i confini del motociclismo e dello sport. Allora come oggi, con quattro incidenti mortali in pochi mesi, una caduta in gara ha avuto un tragico epilogo. L¡¯incidente mortale di dieci anni fa ha avuto in sostanza la stessa dinamica degli ultimi incidenti della Moto3: il pilota cade, scivola sull¡¯asfalto e viene travolto da altri che lo seguono. In questi ultimi dieci anni ¨¨ stato fatto molto per la sicurezza delle corse, specie sui circuiti, non pi¨´ trappole senza vie d¡¯uscita chiuse dai guard-rail assassini, ma gli incidenti non sono diminuiti, neppure quelli mortali, anche se a pagarne le conseguenze maggiori sono i piloti delle categorie minori, in particolare quelli della Moto3.
un problema del motociclismo intero
¡ª ?Evidentemente ¨¨ l¨¬ che si deve intervenire, anche se una riflessione va fatta anche per l¡¯attuale MotoGP relativamente alle potenze dei motori, all¡¯evoluzione delle gomme e dell¡¯elettronica che costringe i piloti ad adeguarsi all¡¯esasperazione tecnologica in un rapporto sempre pi¨´ precario in tema di sicurezza. Ribadire che nel motociclismo il rischio non ¨¨ eliminabile ed ¨¨ anzi una componente imprescindibile, uno degli elementi fondamentali del suo appeal, non vuol dire non ¡°metterci mano¡± per cambiare perch¨¦ ¨¨ la sicurezza a dover essere la questione principale, pena il calo di popolarit¨¤ e forse anche la fine stessa del motociclismo. Nelle corse non ci sono morti di serie A e di serie B ma una domanda (scomoda) s¡¯impone: che cosa sarebbe accaduto se in questi ultimi mesi la spada della Signora in nero avesse falciato la vita di quattro piloti big della MotoGP e non quella di quattro promesse della Moto3, per lo pi¨´ sconosciuti al grande pubblico? Come ne sarebbe uscito il motociclismo?
i regolamenti della moto3
¡ª ?Certo, sempre e comunque, va messa al bando ogni forma di ipocrisia e di strumentalizzazione. Ma proprio perch¨¦ a rischiare di pi¨´ e a morire oggi sono i piloti delle categorie minori ¨¨ l¨¬ che bisogna intervenire: adesso, non rinviando la matassa ingarbugliata, sapendo comunque che non tutti i nodi potranno essere sciolti perch¨¦ la ricerca della massima sicurezza possibile non pu¨° portare allo snaturamento delle corse, che erano, sono e resteranno comunque rischiose. Che fare? Il toro va preso per le corna, cambiando dal 2022 i regolamenti della Moto3 su questioni essenziali, quali l¡¯et¨¤ dei piloti per l¡¯accesso nel mondiale (a 18 anni compiuti) e il numero dei partenti in gara, oltre a punire severamente chi sgarra in prova e in corsa. Inoltre ¨¨ necessario tentare di insegnare ai pilotini dei campionati nazionali sotto i 16 anni che le corse sono competizione ma non sono la corrida, i piloti non sono gladiatori, le moto non sono ¡°armi¡± per abbattere l¡¯avversario che non ¨¨ il ¡°nemico¡±. Si dovrebbe intervenire pi¨´ a fondo, modificando alcuni elementi degenerativi del motociclismo show-business come ad esempio i regolamenti che appiattiscono, utili per i trenini in pista, ritenuti fondamentali per lo show e quindi per il business. Ma ci¨° sarebbe come voler portare indietro le lancette della storia, cambiare tutto per lasciare tutto cos¨¬.
ritorno al passato e l¡¯esempio di agostini
¡ª ?Va, dunque, affrontata la questione pezzo per pezzo: intanto, subito, con punizioni dure ed esemplari, come ad esempio la squalifica di Deniz Oncu per due GP per aver provocato il botto ad Austin dove Alcoba, Migno e Pedro Acosta sono usciti miracolosamente illesi. Tutto qui? No! C¡¯¨¨ una questione di cultura, di educazione, di formazione che oggi pi¨´ di ieri riguarda in primis i piloti che da ragazzini entrano nell¡¯arena internazionale, ma riguarda anche i loro genitori e, perch¨¦ no, anche i manager e i componenti delle loro squadre per cui conta solo il risultato, costi quel che costi. ? cos¨¬ specie in alcuni Paesi con una cultura delle corse pi¨´ superficiale, meno rodata da decenni di esperienza. Dicevamo del numero dei partenti in gara (Moto3 e non solo), risolvibile tornando al passato degli anni ¡®60 e ¡®70 quando nel Campionato italiano juniores e cadetti si disputavano (il sabato) le batterie e alla gara (domenica mattina) partecipavano solo i corridori dei migliori 15 miglior tempi. Cos¨¬ il pubblico vedeva due gare invece di una, entrambe spettacolari. ? cos¨¬, ad esempio, che ¨¨ nato¡ Giacomo Agostini.
l¡¯appiattimento delle corse, anche in MotoGP
¡ª ?Perch¨¦ in Moto3 non disputare gara A e gara B (dando ai piloti un punteggio ridotto) sulla base dei tempi di qualifica? Serve lo show che, per¨°, diventa reale e non fittizio esclusivamente ad uso televisivo, se c¡¯¨¨ una vera selezione data in qualifica dal cronometro. Non ¨¨ vero che, oggi, tutti i piloti Moto3 meritano di stare in griglia: alcuni sono l¨¬ perch¨¦ la categoria (e non solo quella) ¨¨ un club privato di cui si fa parte non sempre perch¨¦ si ha il manico e le esperienze adeguate. Se i dati delle telemetrie fossero resi pubblici si dimostrerebbe che ci sono pi¨´ moto buone che piloti buoni e che, anche per questo, dato l¡¯appiattimento dei mezzi, si formano i trenini che vengono venduti come show ma che, spesso, sono solo una giostra rombante che gira. Passo dopo passo, in ogni categoria, dalle derivate di serie alla MotoGP, tutte le classi sono tecnicamente appiattite, con moto dalle prestazioni sostanzialmente simili. Da l¨¬, corse-serpentoni, piloti uno sull¡¯altro per non perdere la scia, dando manate di gas che tanto ci pensa l¡¯elettronica e la gomma a modulare tutto, errori compresi.
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¡ª ?Non bisogna fare di tutta l¡¯erba un fascio perch¨¦ anche oggi il fuoriclasse emerge. Ma ¨¨ un fatto che oggi, dalla Moto3 alla MotoGP, si arrivi su una moto competitiva non sempre per particolari meriti tecnico-agonistici, pur avendo un pedigree tutt¡¯altro che esaltante. Lo show, ripetiamo, ¨¨ legittimo ed ¨¨ fondamentale per produrre business ma cos¨¬, esasperandolo dalla base (Moto3 ecc.), rischia di diventare fittizio, non consentendo la vera selezione, producendo anche incidenti a ripetizione, a volte causati da un errato concetto del ¡°manico¡± e della stessa competizione. Questi 10 anni passati dalla tragedia del Sic non pare abbiano insegnato molto a chi tira le fila di questo sport, specie se si pensa che basta una squalifica di due gare a un pilota turco nella logica di ¡°punirne uno per educarne cento¡±. Serve un salto di qualit¨¤ mettendo mano al giocattolo (a lungo andare la logica dei campionati monomarca di fatto fa avvitare il motociclismo su s¨¦ stesso, portandolo nel cul de sac), cominciando dalla radice, facendo crescere tutti i piloti sin dai loro primi passi agonistici ma chiudendo le porte a chi fa il salto di categoria esclusivamente grazie alla valigia piena di soldi. Nel motociclismo i campanelli d¡¯allarme suonano da tempo, specie sul nodo sicurezza. Non ¨¨ ora di ascoltarli?
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