La F1 ¨¨ sempre stata laboratorio di innovazioni e sperimentazioni, a volte clamorose. In vista delle presentazioni delle vetture 2024, ricordiamo le monoposto che hanno stupito per il loro design, a volte anche sgraziato. La seconda puntata ¨¨ dedicata alla Ferrari 312 B3 S
La Ferrari non vince, le chiacchiere impazzano. Tutti i media e gli appassionati, soprattutto italiani, raccontano di una crisi nera. No, non ¨¨ la cronaca delle stagioni Ferrari degli ultimi anni, ma la situazione della scuderia di Maranello agli inizi degli Anni '70. Strepitosi successi basati sulla supremazia tecnica, inframezzati da lunghi periodi bui, questa ¨¨ fondamentalmente la storia della Ferrari in Formula 1. Una condizione che, chi conosce bene la storia, sa quanto sia circolare, ciclica. John Surtees aveva vinto il campionato del mondo nel 1964 ma all¡¯inizio degli Anni '70 la situazione era confusa e delicata. L¡¯Ingegner Mauro Forghieri, Direttore Tecnico dal 1962, buttato nella mischia nonostante la sua giovane et¨¤, aveva dimostrato un grande talento, guadagnandosi il rispetto del Grande Vecchio.
rindt e il 1970
¡ª ?Nel 1970 arriv¨° la fantastica 312 B, ma nemmeno quella macchina splendida, vittoriosa con Regazzoni a Monza e soprattutto protagonista di ben 3 doppiette con Jacky Ickx e lo stesso Clay, fu sufficiente a battere la Lotus di Jochen Rindt, vincitore (postumo) dell¡¯incredibile campionato 1970.?
la nascita
¡ª ?Poi arriv¨° il delicatissimo 1971. La 312 B2 andava anche peggio della B ed Enzo Ferrari dovette momentaneamente assentarsi dalla gestione della fabbrica per motivi di salute. Per questo motivo favor¨¬ l¡¯arrivo di Sandro Colombo, un grande ingegnere che oltretutto piaceva alla Fiat (nuova proprietaria della Ferrari dal 1969). Colombo entr¨° presto in contrasto con Forghieri (ricordiamoci che l¡¯ingegnere modenese era famoso per il suo carattere vulcanico ed era soprannominato per questo ¡°Furia¡±). Il motivo ufficiale fu la decisione dell¡¯ingegnere milanese di sviluppare una scocca in Inghilterra e con tecnologie inglesi, un errore, anche questo, che ritorner¨¤ ciclicamente in futuro. Enzo Ferrari, per evitare di esporsi e in un certo senso, forse, anche per proteggere il suo pupillo, ¡°parcheggi¨°¡± Forghieri allo sviluppo delle vetture sport dove tra l¡¯altro vinse il mondiale marche nel 1972. Forghieri non rimase semplicemente ad aspettare ma si mise a lavoro su una vettura sperimentale che doveva essere la naturale evoluzione della 312 B e B2.?La sigla ufficiale ¨¨ 312 B3 S, tradotto: 3 litri, 12 cilindri, bialbero, 3 e dove 'S' sta per ¡°sperimentale¡± e non Spazzaneve, nomignolo che le venne affibbiato in un secondo momento dalla stampa. Il nome ¡°sperimentale¡± lascia ben intendere il piano di Forghieri: non era una vettura per correre, ma evidentemente per sperimentare una serie di nuove idee che vagavano a mezz¡¯aria e che i migliori costruttori di allora stavano iniziando a studiare. Telaistica, distribuzione dei pesi e soprattutto aerodinamica.
rasaerba
¡ª ?La Spazzaneve (che i meccanici Ferrari di allora amavano chiamare ¡°rasaerba¡±) venne presentata il giorno di Ferragosto del 1972 e chiaramente non aveva proprio nulla a che fare con le F1 dell¡¯epoca. E¡¯ una di quelle macchine che sarebbe meglio guardare dal vivo perch¨¦ le sue proporzioni sono qualcosa che ha poco a che vedere con una vettura. L¡¯intuizione di Forghieri era quella di far lavorare tutta la vettura come un¡¯ala, un¡¯idea scaturita dal comportamento aerodinamico delle vetture sport, larghe e basse. Per questo motivo la Spazzaneve non ¨¨ pi¨´ a forma di ¡°sigaro¡± come le altre vetture dell¡¯epoca ma appare larghissima e piatta, al primo sconvolgente colpo d¡¯occhio appare larga quasi quanto ¨¨ lunga. Pazzesca. Sembra l¡¯auto di un super eroe, un UFO rosso.?
il soprannome
¡ª ?Il muso mostra un¡¯inedita ala a tutta larghezza, molto ampia e inclinata, ecco perch¨¨ il suo soprannome. L¡¯intuizione, tutta da verificare, era quella di creare carico aerodinamico. All¡¯interno dell¡¯ala sono ben visibili due enormi prese NACA che facevano entrare l¡¯aria all¡¯interno della vettura per portarla ai due radiatori, ora posizionati appena dietro le ruote anteriori. La loro presenza ¨¨ tradita da un bellissimo sfogo d¡¯aria laterale che serviva a smaltire il calore dei radiatori ma che, oltre alla funzionalit¨¤, presenta una forza estetica degna di un oggetto disegnato per piacere e non solo per essere funzionale.
la monoscocca
¡ª ?La monoscocca, tecnologicamente allineata alle Ferrari dell¡¯epoca ¨¨ per¨°, come detto, particolarmente nuova nella forma. ? talmente bassa che i bracci delle sospensioni anteriori agiscono attraverso dei fori nella scocca e risultano quindi a vista. Larga com¡¯¨¨ non ha spazio per ulteriori pance, per questo, i 12 tromboncini di aspirazione sono parzialmente serviti dall¡¯aria proveniente da due piccoli periscopi. Aerodinamicamente presenta un¡¯altra intuizione interessante, quella di un rollbar inglobato nella carrozzeria, che, alle spalle del pilota, si protrae alto e teso fino all¡¯ala posteriore. Nella primissima versione, i due elementi addirittura si toccano, almeno fino a quando l¡¯ala posteriore non venne arretrata. Quanto alla distribuzione dei pesi, ¨¨ su questo che Forghieri profuse il massimo degli sforzi. Il motore 12 a V di 180 gradi ¨¨ gi¨¤ per natura bassissimo, oltre a questo, venne fissato un passo estremamente corto, solo 2380mm. All¡¯interno di esso Forghieri cerc¨° di inserire tutte le masse, avvicinandole il pi¨´ possibile al baricentro per ridurre al minimo il momento di inerzia.
i test e l'abbandono
¡ª ?In pista venne provata a Fiorano da Regazzoni e successivamente a Monza da Merzario e Ickx. In prova non si comport¨° malaccio, ma il passo corto, che le donava grande reattivit¨¤, la rendeva anche ostica in caso di perdite di aderenza. I tempi, superiori alla B2 ¡°ufficiale¡±, suggerirono una prudente archiviazione del progetto Spazzaneve. Tuttavia non tutto fu da buttare, tutt¡¯altro. Forghieri era convinto delle sue idee e continu¨° a perseguirle anche negli anni successivi cercando di rimuoverne i difetti. La B3 ¡°ufficiale¡± del 1973, voluta da Colombo, si rivel¨° un flop totale. Dopo il rientro del Drake quindi, Forghieri venne rimesso al comando della gestione sportiva. Per la B3 del '74 attinse a piene mani dall¡¯esperienza sulla Spazzaneve i cui concetti vennero ulteriormente estremizzati e perfezionati sulla leggendaria 312T del 1975. Il passo fu allungato per dare stabilit¨¤ sul veloce ma i concetti aerodinamici e telaistici non lasciano scampo a troppi dubbi, in quelle nuove forme, basse e larghe si rivede qualcosa della 312S. La concentrazione delle masse all¡¯interno del passo port¨° addirittura allo spostamento del cambio, non pi¨´ posteriore a sbalzo ma ora entrobordo e trasversale, da qui la ¡°T¡± del nome. Il frutto acerbo ed estroso che fu la 312 S port¨° quindi a una prodigiosa stirpe di monoposto, capaci di conquistare 4 titoli costruttori e 3 titoli piloti tra il 75 e il 79.
testimone di un tempo antico
¡ª ?Oggi la Spazzaneve ¨¨ (per fortuna) ancora a zonzo. Il che ha quasi del miracoloso. ? una fortuna che non sia stata smembrata, o peggio, che non sia annegata in un piazzale di cemento come, si dice, fecero altre auto e motori del Cavallino. Il suo suono epico e le sue forme "assurde" continuano a deliziare gli appassionati. Agli eventi per Formula 1 storiche genera ancora la stessa sorpresa, la stessa curiosit¨¤. ? rimasta testimone di un tempo in cui la scienza e la tecnologia sono stati misteriosi fenomeni da comprendere e interpretare.?
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