Il progetto 56 port¨° un componente aeronautico nel circus delle competizioni su quattro ruote. Prima l¡¯avventura nella gara di Indianapolis, poi il flop del 1971 in Formula 1
Pur non avendo mai vinto una gara, la Lotus 56 merita senza dubbio un posto di riguardo nella storia dell¡¯automobilismo. Oltre ad avere partecipato sia alla 500 miglia di Indianapolis che al mondiale di Formula 1, la monoposto inglese ¨¨ stata infatti la pi¨´ sofisticata vettura da competizione spinta da un motore a turbina. L¡¯utilizzo di questo tipo di propulsione tipicamente aeronautico era stato sperimentato pi¨´ volte, sia per vetture stradali - mai andate oltre il livello di prototipo - sia per auto da competizione, la migliore delle quali fu la Rover-Brm ottava a Le Mans 1963 e decima due anni dopo. A dimostrarne definitivamente la sua competitivit¨¤ ci pens¨° Andy Granatelli, celebre patron della Stp (azienda statunitense produttrice di oli e additivi chimici per auto), che decise di realizzare per la Indy 500 del 1967 la Stp-Paxton, spinta da una turbina da elicottero Pratt & Whitney con quattro ruote motrici secondo lo schema Ferguson. Affidata al celebre Parnelli Jones, convinto con lo straordinario ingaggio di 100.000 dollari, si qualific¨° solo sesta, ma in gara domin¨° dall¡¯inizio fino a tre giri dalla fine, quando la rottura di un particolare della trasmissione mand¨° in fumo l¡¯affermazione ormai sicura.
La Lotus 56 a Indianapolis
¡ª ?Il velocissimo ovale di Indy si dimostr¨° la pista ideale per questo motore, esaltandone la potenza (circa 550 Cv) e la strabordante coppia (tanto da non avere bisogno del cambio), minimizzandone al tempo stesso i difetti, i principali dei quali erano la mancanza di freno motore ed il ¡°lag¡±, valutato in un paio di secondi, tra l¡¯apertura del gas e l¡¯arrivo dei Cv. La superiorit¨¤ della turbina si dimostr¨° tale che la Federazione americana decise di introdurre una restrizione del 35% dei condotti d¡¯immissione aria. Granatelli reag¨¬ stringendo un¡¯alleanza con il geniale fondatore della Lotus Colin Chapman, l¡¯uomo che aveva gi¨¤ scritto la storia di Indianapolis, portando nel 1965 alla vittoria per la prima volta una monoposto con motore posteriore, guidata da Jim Clark. Chapman non deluse le attese, realizzando la stupefacente e velocissima 56, che compens¨° abbondantemente le limitazioni regolamentari con una raffinatezza costruttiva mai vista.
Pole position
¡ª ?Il propulsore, molto pi¨´ leggero che un equivalente a pistoni, fu posizionato dietro il pilota, e l¡¯aereodinamica, favorita dalla mancanza di radiatori, era curatissima. Si mantenne la soluzione delle quattro ruote motrici. Le monoposto al via avrebbero dovuto essere quattro, ma Mike Spence mor¨¬ durante i test, e a schierarsi sulle auto arancioni furono Joe Leonard, che conquist¨° la pole a 171,559 mph (276 km/h), con Graham Hill secondo e Art Pollard nono. L¡¯inglese si ritir¨° per un incidente, ma a nove giri dalla fine Leonard conduceva e Pollard era tra i primi; improvvisamente, entrambe le vetture si fermarono per un guasto alla pompa benzina. A causarlo una bandiera gialla prolungata, che alla ripartenza mise in crisi questo particolare.
Lotus 56: una turbina per tutta la stagione
¡ª ?Il 1968 fu il canto del cigno della turbina ad Indy, in quanto venne ulteriormente penalizzata dal regolamento. Ma la storia della 56 non si esaur¨¬, perch¨¦ Chapman volle trasferirne l¡¯eredit¨¤ in Formula 1, progettando la 56B sulle specifiche europee. Il vantaggio era la superiore potenza massima, valutata addirittura in 100 Cv rispetto ai Ford Cosworth e la straordinaria affidabilit¨¤ di questo motore, che usava l¡¯80% in meno di componenti rispetto un propulsore convenzionale. ¡°Mio pap¨¤ pensava che la turbina fosse fantastica ¨C ha detto Clive Chapman in una intervista ¨C perch¨¦ ne compravi una e durava senza revisioni tutta la stagione. Era stanco di dover pagare enormi fatture alla Cosworth¡±. Il costruttore inglese pensava evidentemente di poter risolvere i problemi che su di un classico circuito europeo questa soluzione prospettava: ai gi¨¤ citati lag e mancanza di freno motore, si aggiungeva l¡¯enorme consumo nelle fasi di accelerazione, con la conseguenza di dover imbarcare tantissimo cherosene.
Lotus 56: la parentesi in Formula 1
¡ª ?Il 1971 si presentava come una stagione triste per la Lotus, che aveva visto Jochen Rindt vincere il titolo mondiale ¡°post mortem¡± l¡¯anno precedente. L¡¯incidente del pilota austriaco a Monza, dovuto ad un guasto meccanico, a soli due anni dalla scomparsa di Jim Clark, aveva riproposto tutti i dubbi sulla progettazione troppo disinvolta delle monoposto inglesi. In questo clima pesante e complicato, si prese la decisione di schierare la 56B in alcune gare, a fianco della tradizionale 72. Fu presto evidente che Chapman aveva sopravvalutato le proprie capacit¨¤, perch¨¦ nelle quattro gare che disput¨° (due extra campionato a Brands Hatch e Silverstone, e poi Zandvoord e Monza), la 56B dimostr¨° di non essere competitiva, raggranellando solo un ottavo posto con Emerson Fittipaldi nel GP d¡¯Italia. La macchina era pesantissima alla partenza per via del carburante imbarcato, scaldava troppo i freni e costringeva i piloti ad uno stile di guida innaturale. Solo sul bagnato a Zanvoord, grazie alle quattro ruote motrici ed alle gomme Firestone, Wisell sembr¨° poter ambire alle prime posizioni, ma usc¨¬ di pista.
Lotus 56: il ritiro
¡ª ?Per nulla amato dai piloti, l¡¯esperimento 56B venne accantonato; una scelta saggia perch¨¦ nel 1972 con la classica 72D motorizzata Cosworth, Fittipaldi si aggiudic¨° il titolo e la Lotus il mondiale costruttori. Il fallimento della turbina nei circuiti tradizionali la releg¨° ai soli record di velocit¨¤ sul lunghissimo rettilineo di Bonneville. La Lotus 56 rimane per¨° la massima espressione raggiunta da questo propulsore, oltre che una pietra miliare per i concetti di aerodinamica che introdusse.
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