Monia Baccaille

I premi sono frutti che si seminano dalla primavera all’autunno e che si raccolgono d’inverno. Questo inverno è nato il premio "Coraggio e avanti" anche per le donne. E nella chiesa del convento di Santa Lucia alla Castellina, a Sesto Fiorentino, ecco Monia Baccaille.

- Baccaille, l’avevamo lasciata al Mondiale di Copenhagen.
"I piani erano chiari: Giorgia Bronzini sul treno dell’Olanda, io su quello della Germania. Ma a 3 chilometri dall’arrivo il treno della Germania non c’era più: sfaldato, deragliato, disperso, non so. Giorgia mi ha urlato: ’Ti sono dietro’. A quel punto ho cercato di pilotarla meglio che potessi".

Poi?
"Giorgia si è fidata ciecamente di me. Ho recuperato posizioni, ho trovato un varco, sono risalita, ai 350 metri ho cominciato a tirare una volata lunghissima. Quello strappo finale era una trappola: con la strada così larga, sembrava che la pendenza fosse più dolce. Ma al decimo passaggio, ha fatto la differenza. Lì ci ha pensato Giorgia".

E se anche lei avesse voluto fare la volata?
"Ben che mi andasse, sarei salita sul podio, ma non avrei vinto. Invece Giorgia avrebbe potuto farcela. E quando s’indossa la maglia azzurra della Nazionale, si fa gruppo, si fa squadra, si fa patria. Sarei stata una pazza a pensare soltanto per me".

Ha fatto come Petacchi per Cipollini al Mondiale di Zolder nel 2002.
"Io e Giorgia abbiamo trovato la giusta complicità".

Il Mondiale le ha cambiato la vita?
"Tutto come prima. Fiamme azzurre, agente semplice, settore penitenziario. Non sono stata neanche promossa: il grado in più per meriti sportivi viene dato solo a chi vince Mondiali e Olimpiadi".

Magari nel 2012 a Londra.
"E’ l’obiettivo più importante. Ma con tre, forse quattro compagne, in un gruppo di 60 concorrenti, sarà impossibile tenere la corsa o gestirla. Ho visto il percorso su Internet, ne ho parlato con il nostro c.t. Dino Salvoldi, a metà c’è una salita che per gli uomini non sarà granché, ma per noi donne sì".

Ricominciato la preparazione?
"Da una ventina di giorni. Prima mi sono liberata di viti e placche da una spalla: un anno fa, all’Europeo, mi ero fratturata la clavicola. Ho rinunciato alla stagione su pista, ho evitato il nuoto, invece ho alternato palestra e bici, poi sarà soltanto bici".

Il suo calendario?
"La mia stagione comincia in febbraio...".

Mi riferivo al calendario fotografico.
"Lo sapevo che ci saremmo arrivati. Mi ha reso più famosa quel calendario della maglia di campionessa italiana. L’ho fatto per giocare, per divertirmi, per provocare. Ha avuto così successo che mi hanno chiesto di farne un altro. Ma ho detto di no".

Quel calendario le ha aperto altre possibilità?
"Magari. Invece niente. Niente tv e niente pubblicità".

Lei è la dimostrazione che il ciclismo può essere seducente.
"Non so se il ciclismo valorizzi la femminilità, ma certo non la fa perdere".

Voi donne, nonostante i titoli, siete in bolletta.
"Pochi soldi, poche strutture, poche squadre. Io sono privilegiata, corro per la MCipollini-Giambenini-Gauss. Ma c’è chi corre gratis, chi ci rimette".

L’altro calendario?
"Dicevo che la mia stagione comincia in febbraio, dall’1 al 3, in Qatar".

Gira il mondo.
"Almeno quello. Sì, sono fortunata: senza il ciclismo sarei rimasta dalle parti di casa, a Marsciano, in Umbria. Bellissimi posti, comunque".