Corridori d’inverno. E l’inverno dei corridori. Per alcuni di loro la preparazione può coincidere con la caccia, una lunga tradizione di famiglia. Come lo era, una volta, per Fausto Coppi. E come lo è, adesso, per Andrea Pasqualon, 23 anni, veneto della Colnago-Csf.

- Pasqualon cacciatore: di tappe o di...?
"...di lepri. E di lepri bianche quando si va in alto, tra i 1500 e i 2000 metri. Una passione trasmessa da mio nonno Cesarino e da mio padre Ennio. Licenza di caccia, fucile ereditato dal nonno, via con una squadra di cinque o sei amici, papà compreso, sveglia alle 5 e mezzo, prima in macchina e poi a piedi, anche cinque o sei ore nella natura".

A sparare, non vi sentite snaturati?
"Per niente. Abbiamo amore e rispetto per la natura. E la nostra è caccia di selezione: si possono ammazzare solo certi animali, magari quelli più magri o più scarsi".

Si può parlare anche di ciclismo di selezione?
"Sì. Chi non ce la fa, si ritira, abbandona, non trova ingaggio".

Quando ha cominciato a correre?
"A 16 anni. Prima sci: gigante, anche slalom speciale, poi superG, infine discesa. Roba da brividi. La pista delle Tofane a Cortina, la gran Risa, e una volta - non in gara, ma solo per vedere l’effetto che fa - la libera di Kitzbuhel". E che effetto fa? "Per farla, ci vuole coraggio da vendere".

E la bici?
"La usavo d’estate, per la preparazione. Poi mi sono appassionato. E ho continuato".

Adesso le discese deve farle in salita.
"Ma te le conquisti sputando l’anima e non seduto in seggiovia. E poi sai la soddisfazione quando poi ti butti giù. Qualcosa, fra sci e ciclismo, c’è, almeno in discesa: l’arte delle traiettorie. Quella ce l’ho nel sangue. Adesso abito a Pove del Grappa, ma in primavera e d’estate torno a casa dai miei genitori, a Enego, uno dei sette comuni dell’altopiano di Asiago, 1300 metri, clima ideale per recuperare e riposare, soprattutto quando in pianura fa caldo".

E per allenarsi?
"All’inizio caricavo la bici sulla mia Ape 50 e mi univo alla squadra a Primolano o a Thiene. Ma siccome l’Ape andava piano, l’ho truccata: e da 50 è diventata 130. Adesso l’ho venduta a un amico. Mi è rimasta una Vespa 50 Special del 1976, ma lì la bici non la posso caricare".

E il suo "motore"?
"Ancora da scoprire. Un diesel, spero che diventi un turbodiesel. Sono un corridore da fatica, da resistenza, da lunghe distanze".

Come si sta preparando?
"A parte la caccia, uscite in mountain bike, poi bici con rapporto fisso per i primi 1000-1500 chilometri, quindi bici da strada. Ricordando le lezioni di Gianni Faresin, che mi seguiva quando era alla Zalf, e seguendo le indicazioni di Mirko Rossato, direttore sportivo alla Colnago-Csf".

E in famiglia, che cosa dicono di lei?
"Che se nel 2011 mi sono fatto vedere nella prima parte delle corse, nel 2012 mi dovrò far vedere in qualche finale. Sogno il Giro d’Italia, una tappa dolomitica, una fuga, magari sul Passo Manghen, una salita che posso fare a occhi chiusi, e dove respiro aria di casa. Altrimenti per me un posto ci sarà sempre: al bar-ristorante Baita Monte Lisser. Ci lavorano il papà, la mamma e mio fratello Ivan, che fa il cuoco".

Un paradiso?
"Ma pieno di tentazioni. Gnocchi o canederli o pasticci con porcini, di primo. Carne alla brace, di secondo. Per andare forte in bici bisognerebbe stare un po’ più leggeri".