Marina, dall'argento mondiale
alla lotta per una vita normale

La sfida quotidiana della Romoli, seconda nella gara iridata juniores 2006 e poi vittima quest'anno, a giugno, di un serio incidente in allenamento: "La riabilitazione continua, tutti i giorni, in palestra. Sto compiendo il mio percorso d’indipendenza". Intanto, in Australia, le sue compagne correranno con una scirtta dedicata a lei sulla maglia azzurra

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26 settembre 2010 - Spa-Francorchamps, in Belgio. Il circuito della F.1. Lì, nel 2006, i Mondiali. In pista, non intesa come pista ma come strada, non le quattro ruote ma le due, non i motori meccanici della F.1 ma quelli umani del ciclismo. E fra le juniores, un’azzurra, una piccola fata azzurra: Marina Romoli.

- Marina, quel giorno?
"Nessuno se l’aspettava, nessuno ci credeva, ma alla fine fui seconda. Medaglia d’argento".

- Un argento che sembrava più oro o più bronzo?
"All’inizio ero così dispiaciuta da sembrarmi un argento di poco conto. Poi passavano i giorni ed ero così contenta da farmelo sembrare un argento di grande valore. Se non oro, almeno argento vivo".

- I Mondiali del 2010?
"Australia. Sognavo di andarci. Anzi, di tornarci. Ci sono stata il mio secondo anno di élite. Una corsa a tappe valida per la Coppa del Mondo, tra Melbourne e Geelong. Fine febbraio. Andai maluccio. Fusi orari e mononucleosi, che non sapevo di avere, quasi mi distrussero. Però fu una bella esperienza in un bellissimo Paese. Ricordo l’Australia come un paradiso terrestre. L’unico posto dove vivrei, oltre all’Italia".

Marina Romoli, marchigiana, 22 anni

- Pare che le italiane correranno con una scritta per te sulla maglia azzurra.
"Non lo sapevo, non ci pensavo. Si vede che mi hanno sempre nel cuore".

- Marina, la riabilitazione dopo l'incidente in allenamento a giugno?
"Sono sempre qui, nella Villa Beretta di Costa Masnaga, però ho ottenuto il permesso speciale di andare, il sabato e la domenica e - volendo - anche gli altri giorni ma solo dalle 16.30 alle 21 quando poi scatta il... coprifuoco, nella casa che la mia famiglia ha affittato in paese. La riabilitazione continua, tutti i giorni, in palestra. La parte superiore è più stabile, e adesso riesco a fare più movimenti. Invece le gambe non danno ancora molti segni di vita. In più, ho cominciato ad andare in piscina".

- Cioè?
"Una volta la settimana, in un centro convenzionato con il nostro istituto. Fin dal primo istante, è stata una sensazione bellissima. Almeno in acqua, mi sento abbastanza normale: nuoto, senza uso di galleggianti, mi muovo, vado, e in questo sono avvantaggiata perché da piccola facevo nuoto agonistico. Anche se le gambe mi vengono solo dietro".

- E in carrozzina?
"Prendo confidenza. E’ una carrozzina superleggera, quasi da gara. Imparo ad andare in salita, impennare, arrampicarmi o scendere dagli scalini. Riesco a gestirmi, a fare quasi tutto. Sto compiendo il mio percorso d’indipendenza. Ho ancora parecchio da imparare, e voglio imparare il più possibile per non dover chiedere aiuto a nessuno".

- Per esempio?
"Si possono fare cose inimmaginabili. Come imparare a fare le scale, da sola, a piedi, anche finché le gambe non si svegliano. Il mio traguardo è sempre quello: tornare a camminare. Intanto continuo ad avere la lacrima facile, ma ho ricominciato anche a leggere".

- Marina, e poi?
"E poi non lo so. E’ tutto nelle mani del Signore, e della scienza".

- Vedrai i Mondiali delle tue compagne e amiche?
"Sì. Sul computer, in streaming, al sito Internet della Rai